La Francia profanata nel silenzio dei media europei
È una Francia che non viene immortalata, quella delle ultime settimane. Ancora profanazioni, saccheggi e atti vandalici. Nel cimitero di Breuil a Cognac divelte croci e immagini religiose. La notte di Halloween un'ondata di violenza con incendi e veicoli dati a fuoco: oltre una dozzina gli episodi. E nelle banlieue parigine la rivolta contro le forze dell'ordine è all'ordine del giorno.
Iraq, la ribellione contro la corruzione (e contro l'Iran)
Gli iracheni si ribellano, soprattutto a Baghdad e nel Sud sciita. Affrontano la violenza delle milizie: già 260 i morti. La protesta è contro la corruzione del governo, ma di fatto è rivolta contro l'Iran e la sua pesante ingerenza. La Chiesa è al fianco dei manifestanti. Mons. Sako chiede al governo di "ascoltare il grido legittimo" della protesta.
Sconfitto in Siria, l'Isis passa al contrattacco in Africa
Schiacciato da forze nemiche preponderanti in Medio Oriente, lo Stato Islamico ha rafforzato e ampliato le sue capacità insurrezionali e terroristiche in Africa, soprattutto in Libia e nel Sahel ma anche nell’Africa Nera, dal Congo al Mozambico. Uno scenario ampiamente previsto fin da dopo la caduta di Raqqa e Mosul.
Impeachment: come i Democratici si giocano tutto
L'impeachment del presidente Usa Donald Trump è stato avviato anche formalmente con un voto alla Camera il 31 ottobre. Ma i Democratici hanno poco da festeggiare, perché la maggioranza non è bipartisan: tutti i Repubblicani hanno votato contro. E anche fra i Democratici si contano due diserzioni. Perché l'impianto accusatorio è scarno.
Al Quraishi, il distruttore: il misterioso nuovo Califfo
Abu Ibrahim al-Hashimi al-Quraishi, detto "il distruttore", per la sua condotta spietata a Mosul, è il nuovo "Califfo", leader dello Stato Islamico dopo la morte di al-Baghdadi. Di lui si sa pochissimo. Gli viene attribuita l'identità di un iracheno, ex militare di Saddam, poi passato all'insurrezione sunnita, che ha conosciuto al-Baghdadi in carcere.
Abiy Ahmed, il Nobel per la Pace che minaccia la guerra
Il primo ministro etiope Abiy Ahmed 11 giorni dopo aver ricevuto il Premio Nobel per la Pace, minaccia di fare la guerra all'Egitto. Si tratta solo di propaganda, ma il segnale è molto negativo. E i Nobel per la Pace, almeno inizialmente, venivano assegnati per le capacità di mediazione. I risultati di stabilizzazione interna sono ancora peggiori
Libano, nuova sommossa contro un'antica corruzione
Dopo due settimane di proteste, il premier Hariri ha dato le dimissioni. Ma non è solo lui il problema. La gente è scesa in piazza per condannare la corruzione, una crisi economica e morale che ha radici molto vecchie, almeno dai tempi della Guerra Civile (1975-1990) quando si creò l'attuale sistema clientelare.
Gli Usa raccolgono diffidenza tra Kabul, Iraq e Siria
Il segretario alla Difesa Esper rincuora il governo afghano che gli Stati Uniti non intendono ritirarsi come hanno fatto dal nord-est della Siria dove hanno voltato le spalle alle milizie curde di fatto consentendo l'offensiva turca. Ma l'approccio da ritiro di Trump non sta rafforzando la fiducia negli USA da parte di alleati e partner mediorientali.
Il Regno Unito torna alle urne prima della Brexit
Il Regno Unito tona alle urne il prossimo 12 dicembre. E’ questo l’ultimo colpo di scena della telenovela Brexit. Boris Johnson ritiene di aver portato a casa un buon risultato. Falliti i tentativi della sinistra di far votare i 16enni e gli immigrati europei. E Corbyn, che ora appoggia il voto anticipato, dopo averlo bocciato tre volte, si prepara alla sua "rivoluzione" socialista.
Contraddizioni del Sud America al voto e in piazza
Le analisi evidenziavano due elementi comuni delle proteste nei paesi dell’America Latina: da un lato la possibile influenza esterna (Russia, Cuba, Venezuela). Dall’altro le politiche del FMI con le sue misure economiche draconiane. Il populismo è ancora forte, come dimostra il voto in Argentina. Viaggio in un continente dalle mille contraddizioni
Morte di Al Baghdadi in un raid Usa. L'Isis è senza testa
ll capo dello Stato Islamico, il califfo Abu Bakr al-Baghdadi, sarebbe morto nel corso di un raid delle forze speciali americane effettuato all’una del mattino di domenica nel Nord della Siria. Secondo quanto riferito prima da fonti del Pentagono ai media Usa e poi dalle dichiarazioni del presidente Donald Trump, il capo dell’Isis si sarebbe fatto esplodere un giubbotto esplosivo per evitare la cattura. I dettagli di come gli americani siano arrivati al nascondiglio del Califfo sono ancora ignoti. Pare sia stato trovato grazie a due traditori, inclusa una moglie. Prudenza da parte delle altre nazioni coinvolte, specie della Turchia, vicinissima al rifugio. Mentre la Russia mette in dubbio che il raid sia mai avvenuto. Trump può vantare un successo strepitoso a un anno dalle prossime presidenziali, anche se lui stesso non si fa illusioni: la guerra con l'Isis continua.
Israele nel pantano, verso il voto per la terza volta
Israele: due elezioni in un anno non hanno dato una maggioranza. Netanyahu ha esaurito il suo mandato esplorativo e ha passato il testimone al centrista Gantz. Ma è possibile che si torni al voto per la terza volta. Giustizialismo contro Netanyahu e partiti arabi che forse appoggiano Gantz: due novità assolute nel panorama israeliano.