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LIBERTÀ RELIGIOSA

Irlanda, con la scusa del virus proibite Comunioni e Cresime

Il governo di Dublino mantiene da mesi il divieto di celebrare Prime comunioni e cresime con il pretesto di evitare le feste che ne seguono. I vescovi denunciano un attacco alla libertà religiosa, ma è la testimonianza di una Irlanda sempre più anticattolica.

Esteri 22_07_2021 English Español

In una conferenza stampa lo scorso 29 giugno, la seconda figura politica più importante d'Irlanda dopo il primo ministro ha annunciato che Prime comunioni, Cresime e Battesimi sono vietati fino a nuovo ordine. L'annuncio è arrivato all’interno di misure che sospendono la revoca delle restrizioni su pub e ristoranti al chiuso, oltre che per altri settori che in Irlanda sono ancora in lockdown.

L’argomento è stato liquidato in poche parole dal Tánaiste (letteralmente: secondo in comando, ndt) Leo Varadkar, quando un giornalista gli ha fatto una domanda su questi Sacramenti. La risposta è stata: «Sono vietati, purtroppo». Nient’altro. Eppure, prima di questo intervento del Tánaiste, era previsto che Prime comunioni e Cresime riprendessero  dal 5 luglio. E già questa era una dilazione poiché le Messe sono consentite dal 10 maggio, con partecipanti limitati a seconda delle dimensioni della chiesa.

Subito i vescovi hanno reagito a questo annuncio. Il primate di tutta l'Irlanda, l'arcivescovo Eamon Martin, ha definito il trattamento del governo nei confronti della Chiesa «gravemente irrispettoso». Non solo c’era stato un grande sforzo per pianificare la celebrazione di Prime comunioni e Cresime dopo una così lunga sospensione, ma i vescovi si sono infuriati per non essere stati minimamente consultati. Parimenti, fino all'annuncio del Tánaiste, i battesimi avvenivano a discrezione delle varie diocesi. Ora, il governo ha preso una posizione ufficiale: «Sono vietati, purtroppo».

Per una volta c'è stata una forte protesta della popolazione in generale e un certo numero di politici l’ha subito cavalcata. Il governo è stato criticato per la sua grave ingiustizia nel vietare questi eventi, e soprattutto per il modo in cui è stato annunciato. A questo si è aggiunto il Chief Medical Officer (CMO, equivalente all’incirca al nostro direttore dell’Istituto Superiore di Sanità, ndt) il quale ha detto che né lui né il National Public Health Emergency Team (NPHET) avevano chiesto di sospendere i Sacramenti; il che ha aggiunto benzina al fuoco.

Anche per questo motivo Varadkar si è parzialmente corretto, affermando che nel corso dell’estate si rivolgerà al dottor Tony Holohan, CMO, per chiedere come i Sacramenti possano essere celebrati in sicurezza. Attendiamo, senza troppe speranze, un eventuale accordo; ma realisticamente bisognerà aspettare almeno l'autunno prima che i Sacramenti si possano finalmente celebrare.

Nel frattempo, il tentativo di scegliere i Sacramenti che la Chiesa è autorizzata a praticare ha portato alcuni vescovi e politici a valutare le conseguenze che ha sulla libertà di culto. Il vescovo di Meath, Tom Deenihan, ha definito come “politica” la decisione «che è stata presa senza consultare le autorità della Chiesa». «Resto preoccupato che qualsiasi governo o ministro possa cancellare la celebrazione di liturgie o dei Sacramenti affermando allo stesso tempo che le chiese sono luoghi sicuri. Questo colpisce al cuore la libertà di culto", ha affermato in una dichiarazione dello scorso 1 luglio.

La giustificazione che il Governo ha insistentemente dato per il rinvio di Comunioni e Cresime non è la celebrazione in chiesa, ma gli assembramenti che ne seguono. In Irlanda, Prime comunioni e Cresime sono eventi sociali quanto sono Sacramenti. I bambini sono preparati a scuola a ricevere i Sacramenti, ed è insolito che qualcuno li rifiuti. Sono un grande giorno per i giovani, un rito di passaggio, a prescindere che dopo rimangano o meno nella Chiesa. Il divieto imposto dal Governo lo ha messo in evidenza ancora una volta e deve anche far riflettere sul fatto che spesso la festa abbia una rilevanza maggiore del Sacramento. Ma questa è un’altra storia da riprendere in altra sede, mentre ora la questione chiave che si pone è se la Chiesa dovrebbe essere ritenuta responsabile di ciò che accade una volta che le persone sono fuori dall’ambiente ecclesiale.

Il governo irlandese chiede alla Chiesa proprio di assumersi questa responsabilità. Finora la Chiesa ha acconsentito, a differenza – ad esempio – di bar, ristoranti e negozi, che hanno venduto alcolici e di fatto facilitato feste nel corso del recente lockdown. Si potrebbe sostenere che questa è una forma di carità, ovvero la Chiesa non incoraggia comportamenti che potrebbero portare a un'indebita diffusione del virus. Ma se è così, perché solo ora si cercano soluzioni alternative per facilitare la celebrazione dei Sacramenti? E perché la situazione è così diversa nell'Irlanda del Nord, dove da mesi si fanno le Prime comunioni e le Cresime? Infine, è giusto che la Chiesa sia richiamata all'ordine per raduni illegali che, peraltro, si svolgono a prescindere?

Queste sono esattamente le domande che iniziano a porre i vescovi, come i già citati Eamon Martin – la cui diocesi Armagh si trova a cavallo del confine tra il nord e il sud dell'Irlanda – e Deenihan.

In questo contesto è significativa la recente campagna condotta dall'organizzazione Aiuto alla Chiesa che soffre per sensibilizzare sulla difficile situazione dei cristiani in questo paese. Sono state celebrate messe in tutta l’Irlanda presso le “Mass rocks”, pietre che fungevano da altare durante il periodo delle persecuzioni (soprattutto nel XVII secolo) e dove i sacerdoti portavano di nascosto i Sacramenti ai fedeli.

Oggi non siamo nel tempo delle persecuzioni, ma la campagna ci ricorda che ci troviamo di fronte a un paese sempre più anticattolico. La Chiesa non ha più potere morale o politico e decisioni come quella di vietare i Sacramenti possono essere prese per capriccio senza farsi troppi problemi. Non è di buon auspicio per il futuro.