Per quale libertà vogliamo lottare
La condanna unanime del terrorismo è in qualche modo scontata quanto sacrosanta. Ma quale libertà vogliamo difendere dal fanatismo religioso? È qui che le strade si dividono. Oggi in Europa prevale un'idea di "libertà senza verità" che porterà a soccombere contro un islam fanatico. Riprendiamo la lezione di Ratisbona e le profetiche parole del cardinale Biffi.
Capire Parigi, senza essere Charlie
L'attacco terroristico alla sede del Charlie Hebdo non è opera di lupi solitari e non può essere inserito nella casella degli "eccessi di legittima difesa" dell'islam. Detto questo, dobbiamo condividere quel che i vignettisti del giornale francese facevano? C'è un sottile equilibrio fra la libertà di espressione e la libertà di religione. E va mantenuto.
Al Rashed, "Lottate contro gli jihadisti per salvare i musulmani"
“Certamente non tutti i musulmani sono terroristi, tuttavia è con dolore che affermiamo che la maggior parte dei terroristi nel mondo sono musulmani”. Ad affermarlo non è un "islamofobo", ma Abd al-Rahman al-Rashed, musulmano, arabo saudita, già direttore di Al Arabiya. Lucidamente invita i musulmani a condannare gli estremisti, non a giustificarli. Non per "salvare l'Europa dall'islam", ma l'islam da se stesso.
«A chi mi ha minacciata di morte un messaggio d'amore»
«Credo in un islam umano. Ho pubblicato le vignette per ricordare che la libertà d’espressione non si può mercanteggiare. È un diritto umano che non deve essere mercanteggiato nemmeno quando colpisce e ci ferisce».
Voci islamiche contro l'estremismo jihadista E ben lontane da ogni ipocrita moderatismo
Elham Manea risponde a chi l'ha minacciata di morte, perché ha osato difendere i vignettisti francesi ammazzati dagli jihadisti. Abd al-Rahman al-Rashed, arabo saudita, scrive un articolo in cui invita tutti i musulmani europei di buona volontà a combattere contro gli estremisti islamici, non contro i razzisti europei. Perché sono i primi che infangano il nome dell'islam in Occidente.
Persecutori dei cristiani Il catalogo è questo
L’8 gennaio Open Doors, l’organizzazione internazionale impegnata da quasi 60 anni a difendere i Cristiani in difficoltà, ha pubblicato la nuova edizione della World Watch List, la classifica dei 50 paesi, su un totale di oltre 65, in cui i Cristiani sono più perseguitati. Balza agli occhi la responsabilità prevalente, quasi totale, dell’islam.
«In Cina e Corea ho visto la Chiesa di Cristo vivo»
«Sono state le Chiese cinese e coreana a convertirmi. Fu nell’Estremo Oriente che vidi per la prima volta quel Gesù vivo di cui parla san Paolo». Un amico di Brescia che non conoscevo mi scrive questa lettera da Barcellona, che è il miglior augurio, per tutti noi e per la Chiesa, di una nuova nascita in Cristo nel 2015
Cristiani in fuga anche dal Kurdistan
Un Natale di grande sofferenza per i cristiani fuggiti dallo Stato Islamico, e per molti di loro non c'è ancora un alloggio minimamente dignitoso. Soltanto la Chiesa sta facendo il possibile per alleviare le difficoltà nei campi profughi, ma con il perdurare della situazione sempre più cristiani provano a partire.
Il futuro che incombe su di noi
Da una parte c’è il mondo di chi era lieto della vita, aveva interessi, valori, capacità di sacrificio e di dedizione, che rappresentano una delle caratteristiche fondamentali del nostro popolo. Dall’altra è il mondo nero, senza colori. Abiti che intristiscono e imprigionano la persona, occhi bassi: ridotte in schiavitù.
Non solo islam. Il difficile Natale dei cristiani indiani
Dalla capitale Delhi allo stato dell'Orissa con l'approssimarsi delle festività natalizie si sono moltiplicate minacce, aggressioni e attentati contro le comunità cristiane, da parte dei fondamentalisti indù. Il pretesto è quello del proselitismo e di presunte conversioni forzate al cristianesimo: così si assiste alla riconversione - questa sì forzata - all'induismo.
Bangladesh e Indonesia: due miracoli di Natale
Natale blindato per i cristiani che vivono nei Paesi dominati dalla sharia e dove i gruppi radicali islamici minacciano di morte e perseguitano le comunità cristiane. Eppure, anche in questi Paesi, non mancano segnali di speranza: come in Indonesia dove il nunzio ha ordinato otto sacerdoti o in Bangladesh dove si è festeggiato un Natale speciale.
Egitto e Marocco: un Esodo che non s'ha da vedere
Prima arrivano le proteste degli afro-americani perché Mosé e Ramses sono bianchi. Poi arriva la censura da parte di Egitto e Marocco. Perché è un film sionista per il primo e blasfemo per il secondo. Exodus, il kolossal biblico di Ridley Scott può non piacere, ma perché la censura?