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FRANCIA

Via la Croce e la statua del Papa, offendono la laicità

Una cittadina francese da nove anni ospita in una delle sue piazze una statua di Giovanni Paolo II. Ora è giunto l'ordine di rimuoverla. Il motivo? Contrasta con la legge sulla separazione tra Stato e Chiesa. E poi, l'arco che sovrasta il monumento, e in particolare nella croce ha «un carattere ostentato».

Libertà religiosa 06_05_2015
La Croce e la statua del Papa a  Ploërmel

Pare non esserci tribunale francese capace di bocciare un ricorso della Federazione Nazionale Libero Pensiero, associazione che appare in grande spolvero, oltralpe. L'ultimo successo, legittimamente festeggiato con tanto di comunicati a salutare «la nuova vittoria», è legato a quanto stabilito da una corte amministrativa di Rennes, in Bretagna. Ploërmel, ridente cittadina di quella regione, da nove anni ospita in una delle sue piazze una statua che ricorda Giovanni Paolo II. Non certo un capolavoro dell'arte moderna, ma pur sempre un monumento che rende omaggio a un Papa fatto santo. Ieri è giunto l'ordine (sei mesi di tempo per darne esecuzione) di rimuoverla. Il motivo è semplice: contrasta con la Legge del 1905 sulla separazione tra Stato e Chiesa. Nello specifico, recita la sentenza, il problema sta nell'arco che sovrasta il monumento, e in particolare nella croce che «ha un carattere ostentato». La soluzione, insomma, non è troppo dissimile da quella praticata dai miliziani jihadisti al soldo del cosiddetto Califfo Abu Bakr al Baghdadi: mettere in moto il bulldozer e radere al suolo le croci. 

É l'ultimo esempio della campagna laicista che da tempo pare aver conquistato la Francia. Ormai è una sequela che s'allunga di settimana in settimana, con episodi al limite del grottesco. Lo scorso inverno, a La Roche-sur-Yon, in Vandea, l'oggetto del contendere era stato un presepe. La Corte amministrativa di Nantes aveva, infatti, ordinato di fare piazza pulita di ogni «emblema religioso» presente nei luoghi pubblici. E siccome quel presepe era stato allestito nel palazzo comunale, bisognava comportarsi di conseguenza. I cittadini s'erano subito mobilitati, con petizioni, campagne stampa e iniziative volte ad allestire presepi ovunque possibile. Il presidente del Consiglio generale locale, Philippe de Villiers, aveva osservato sconsolato che «in nome di un laicismo sempre più dogmatico si arriverà a vietare il suono delle campane nei villaggi». In Italia, da qualche parte, già succede. Magari non per così nobili ragioni, quanto perché le campane disturbano il relax di qualche cittadino devoto alla dea Ragione. 

Rumore aveva fatto poi anche la decisione – altra vittoria della Federazione del Libero Pensiero – di far rimuovere una statua della Vergine Maria dal parco del comune di Publier, in Alta Savoia. Anche in questo caso, il monumento «ha violato la separazione tra Stato e Chiesa». Perfino il sindaco socialista, Gaston Lacroix, è rimasto senza parole: «Non pensavo si arrivasse fino a questo punto». I ricorrenti del Libero Pensiero hanno dichiarato, nell'occasione, che c'è da chiedersi se la religione cattolica sia compatibile con i valori della République. Esempi che fanno ben comprendere lo stato dell’arte in Francia, dove fino a poco tempo fa ministro dell’Educazione era quel Vincent Peillon che si riprometteva di «sostituire la Chiesa cattolica inventando una religione repubblicana», dal momento che – ça va sans dire – «non si potrà mai costruire un Paese libero con la religione cattolica». Anche gli ebrei sono finiti nel mirino del culto laicista: alle elezioni locali dello scorso 22 marzo, a un rabbino di Tolosa è stato chiesto – una volta messo piede nel seggio – di togliersi la kippah, perché tutti quando devono infilare la scheda nell’urna devono essere uguali. 

La Conferenza episcopale francese, negli ultimi tempi, ha alzato la voce dopo un lungo letargo in cui si arrivava quasi a giustificare le scritte blasfeme sul Sacro Cuore di Parigi – «non era un attacco specifico alla religione», disse il cardinale arcivescovo della Ville Lumiere, mons. André Vingt-Trois. In particolare, ai vescovi transalpini non è andata già la proposta di legge (che gode di un certo seguito nelle aule parlamentari) presentata da una senatrice radicale volta a proibire alle insegnanti, negli asili, di menzionare Gesù, Maria e ogni altra “divinità” che possa in qualche modo compromettere la serena crescita del bambino. Il presidente della Conferenza episcopale, mons. Georges Pontier, biasimando il provvedimento, scriveva in un comunicato che si trattava di un «nuovo attacco che cerca non solo di relegare le religioni alla sfera privata ma a nasconderle facendole sparire progressivamente da ogni luogo della vita sociale», finendo così per «promuovere una società svuotata di qualsiasi riferimento religioso».