Fate rimuovere subito quella installazione
La chiesa trasformata in moschea è un abuso, afferma il Patriarcato di Venezia. Bene, ma allora non ci si limiti alla protesta formale. Si esiga immediatamente la rimozione dell'installazione pseudo-artistica, e si facciano veglie di preghiera davanti o dentro la chiesa.
Che l’arte sia ormai diventata il pretesto per giustificare qualsiasi nefandezza ideologica, non è certo una novità. Ma la vicenda della chiesa di Santa Maria della Misericordia a Venezia, trasformata in moschea come espressione artistica della lotta all’islamofobia, supera qualsiasi limite. Solo un idiota può seriamente pensare che trasformare in moschea una chiesa (seppure chiusa al culto) possa essere considerato un invito al dialogo. È invece un invito alla guerra in un momento in cui di queste provocazioni non c’è proprio bisogno.
Il Patriarcato di Venezia ha finalmente deciso di protestare non solo per un gesto che basterebbe il buon senso a sconsigliare, ma soprattutto per il fatto che esso va contro la legge. La diocesi avrebbe dovuto dare eventualmente l’assenso su richiesta, ma nessuna richiesta è pervenuta; e anche fosse stata inviata, la Curia avrebbe negato il permesso. Così ci dice il Patriarcato. Ergo, quella installazione lì non ci doveva stare.
Bene. Dirlo però non basta. La provocazione non può passare così, qualche giorno di polemica e tutto rimane com’è; troppo forte la carica simbolica per farla andare liscia.
Nessuna violenza, ci mancherebbe: però, visto che è stato commesso un abuso, il Patriarcato ora dovrebbe esigere la rimozione immediata della installazione. Senza se e senza ma. Immediata.
E anche promuovere sit in di preghiera davanti alla chiesa di Santa Maria della Misericordia se la direzione della Biennale continuasse a difendere la presenza di questa provocazione. Magari si potrebbe addirittura copiare lo stile delle Sentinelle in Piedi, “occupando” la chiesa per una veglia silenziosa. E se il Patriarcato non si muove, lo facciano i laici.
Lasciare che l’abuso venga consumato significa mandare un segnale di resa incondizionata che farà solo il gioco dell’ala più radicale dell’islam.