Violenza sui minori: un passo avanti. E due indietro
La violenza sui minori è molto diffusa anche in tempo di pace, specie nei paesi in cui è istituzionalizzata. Matrimoni forzati di minorenni e mutilazioni genitali femminili sono duri da combattere. Tre casi lo dimostrano: per una buona notizia di liberazione (in Italia) ce ne sono due cattive, in Tanzania e Sierra Leone.
Quorum o no, l'Ungheria difende l'Ue da sé stessa
Il referendum sull'immigrazione in Ungheria si è concluso, contro tutte le previsioni, con un mancato quorum, ma il governo Orban va avanti sulla sua strada. Anche perché, fra quel 45% di votanti, quasi tutti hanno votato No. Budapest si è auto-investita del compito di proteggere il confine Sud dell'Ue.
Aiuti solo in cambio del rimpatrio
Parte dall'Afghanistan il modello di accordo che poi potrebbe essere applicato dall'Ue a tutti i paesi di origine dell'immigrazione. Kabul, al prossimo vertice dei donatori a Bruxelles, sarà infatti posta di fronte all'aut-aut: ricevere nuovi aiuti (indispensabili) solo in cambio del rimpatrio di 80mila immigrati clandestini
UNGHERIA DOPO IL REFERENDUM di Luca Susic
Quell'ostentato odio saudita contro noi infedeli
Abdulaziz as-Sudais, imam della grande moschea della Mecca ha rivolto a milioni di fedeli una dura predica contro ebrei e cristiani. L'Arabia Saudita manifesta il disprezzo per l'Occidente anche nella pratica. Anche noi in Italia dovremmo essere indignati per la distruzione delle nostre attività in Yemen.
Ungheria al voto sull'immigrazione, le ragioni del No
“Volete che l’UE prescriva il ricollocamento obbligatorio di cittadini non ungheresi in Ungheria senza l’approvazione del Parlamento ungherese?” Gli ungheresi, domani, risponderanno a questa domanda. Per tutti i media europei devono rispondere Sì. Ma esistono anche le ragioni del No. Vediamole.
Shimon Peres visto da due grandi amici italiani
Shimon Peres ha intrattenuto un rapporto particolare con l’Italia, soprattutto perché ne ammirava «la lunga tradizione della tolleranza verso il prossimo e gli altri popoli». Nella cerchia dei suoi amici più stretti, Giancarlo Elia Valori, manager di aziende di Stato. Italiana pure una grande sua amica, Fiamma Nirenstein.
Usa e Arabia Saudita, la legge della discordia
Nonostante il veto di Barack Obama passa la legge con cui i familiari delle vittime dell'11 settembre possono denunciare l'Arabia Saudita per complicità con i terroristi. Si tratta di una sconfitta del presidente e si raggiunge il punto più basso delle relazioni fra Washington e Riad.
Così i leader corrotti dell’Africa si mangiano gli aiuti
Dittature, corruzione, malgoverno e scandali di ogni tipo: in molti Stati africani le malversazioni sono diventate norma quotidiana. E tuttavia, proprio per aiutare questi Paesi, la Commissione europea ha destinato 44 miliardi di euro per per ridurre l’immigrazione irregolare. Miliardi che già si sa che fine faranno.
Il primo e ultimo “ordine” di Peres: lavorate per la pace
Adesso che Shimon Peres ci ha lasciato, dobbiamo soltanto aspettare che compaia sulla scena politica internazionale una personalità laica credibile nella testimonianza e nella ricerca della pace. Pace non solo tra israeliani e palestinesi, per la quale si era adoperato tanto da meritarsi il Nobel, per gli accordi di Oslo.
La “generosa” Italia è messa peggio dell’Etiopia
La disoccupazione in Italia è intorno all’11,4%, quella dell’Etiopia, invece, è del 4,5%. Inoltre, il Pil dell’Etiopia cresce del 10,2%, mentre quello italiano di un misero 0,8%. Eppure l’Italia partecipa al piano da 500 milioni di dollari per creare 100mila posti di lavoro in Etiopia. Una situazione davvero paradossale.
L’Isis resiste, l’Europa non sa neppure addestrare
Mentre l’Europa discute di difesa comune, la più importante tra le missioni militari europee celebra il suo ennesimo flop. Eunavfor Med, ribattezzata buonisticamente, “Operazione Sophia” dal nome dato a una bambina nata a bordo di una nave tedesca che ne aveva recuperato la madre, ha fallito tutti i suoi obiettivi.
Bosnia, i serbi scalpitano per una maggior autonomia
Un referendum nella parte serba della Bosnia ha decretato che il 9 gennaio sarà, d'ora in avanti, festa nazionale della Repubblica Serba. Il voto, apparentemente irrilevante, ha invece un duro impatto sui fragilissimi equilibri su cui si regge la Bosnia sin dal 1995. Perché è vista come la prima tappa per la separazione dei serbi.