Curò il Covid, è a processo. Ma le parole di Anelli lo scagionano
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Il calvario del dottor Dallari, a processo il 17 dicembre per omesso soccorso per la morte di un paziente Covid di cui invece fu l'unico a prendersi cura. Ma la difesa della libertà di cura fatta in Commissione da Anelli (FNOMCeO) gli dà ragione. A Ferrara va in scena il primo processo alle cure domiciliari.
Da oltre tre anni è oggetto di un procedimento giudiziario per aver curato a casa un paziente affetto da Covid, poi deceduto in ospedale. Ma ora per il dottor Alberto Dallari di Reggio Emilia è giunto il momento di passare al contrattacco. «Se il presidente della Federazione degli ordini dei medici (FNOMCeO) Filippo Anelli ha detto in Commissione Covid che durante la pandemia i medici erano liberi di curare secondo scienza e coscienza, allora porteremo in tribunale quelle dichiarazioni per mostrare che non ho fatto nulla di cui debba pentirmi. Ho curato e basta e l’ho fatto verso un paziente che era stato abbandonato dal suo medico curante», spiega lui alla Bussola.
La vicenda di Dallari, di cui il nostro giornale si era occupato diffusamente, fece un gran clamore nell’ottobre 2021 quando il medico, già dirigente del dipartimento di emergenza/urgenza del Santa Maria di Reggio, quindi non certo alle prime armi, venne raggiunto da un avviso di garanzia della Procura di Ferrara per la morte di un paziente, Mauro Gallerani.
Un paziente difficile, con diverse comorbilità e che era stato letteralmente abbandonato a sé stesso dal suo curante, ma che trovò in quei giorni terribili, in cui l’abbandono terapeutico secondo la raccomandazione Paracetamolo & vigile attesa era sistematica, un medico in grado non solo di ascoltarlo, ma anche di visitarlo seppure a distanza, seguirlo nella terapia e che allertò lui per primo le Usca e il pronto soccorso quando si rese conto che la sua situazione non migliorava.
Il povero Gallerani era ormai affezionato al dottor Dallari tanto che dal suo letto di ospedale a Cona, in provincia di Ferrara, non smise di chiedere proprio a lui di portarlo via da lì perché «qui non mi curano – diceva – mi porti da lei in ospedale». Come faccia quindi ora la Procura estense a sostenere l’unico capo di imputazione rimasto in capo a Dallari di omissione di soccorso è davvero un mistero, dato che se c’è qualcuno che si è prodigato per il poveretto era stato proprio Dallari. Invece finì sulle prime pagine, la Polizia gli setacciò il pc e il telefono e la sua immagine ne risentì. Ma lui rimase al suo posto. A curare e diede prova anche di grande fede quando durante la giornata della Bussola raccontò il suo speciale rapporto di nutrimento e di consolazione con l’Eucarestia.
Già l’accusa di omicidio colposo era caduta prima del dibattimento e quando il 1° ottobre si è aperto il processo in Tribunale a Ferrara con la costituzione delle parti, a lui è rimasta solo questa assurda imputazione: fu l’unico a prendersi cura di Gallerani, ma deve rispondere di non averlo curato.
«È pazzesco – sospira Dallari al telefono con la Bussola -, noi ovviamente abbiamo tutto tracciato: le mie terapie, il controllo, le chiamate fatte da me alla Usca che è venuta in ritardo, quelle al Pronto Soccorso, lo stretto rapporto con la caregiver che lo seguiva, una sua amica, la quale da sola si prendeva cura di lui, dato che viveva da solo. Ovviamente chiamerò anche lei a testimoniare».
Nella prossima udienza del 17 dicembre, l’avvocato di Dallari, Linda Corrias, avrà il compito di mettere nero su bianco, dunque, tutti gli elementi per smontare l’accusa.
E probabilmente, secondo quella che al momento è un’ipotesi difensiva, verrà richiesta l’acquisizione delle parole di Anelli pronunciate in occasione della seduta della Commissione Covid del 6 novembre scorso (QUI il resoconto della Bussola) dove, per schivare le critiche sull’appiattimento dell’abbandono terapeutico, Anelli si è lanciato in una inverosimile difesa della libertà prescrittiva, quando tutti invece hanno capito che i medici che curavano e proponevano approcci empirici come Dallari, sono stati letteralmente vessati, trattati come stregoni, disincentivati, censurati dai rispettivi ordini, salvo poi adesso scoprire che avevano ragione ad affrontare il Covid di petto con terapie precoci domiciliari.
Dallari è provato anche per un nuovo procedimento dell’Ordine dei medici della sua città, Reggio Emilia, che lo ha informato dell’apertura di un dossier inviandogli una trentina di articoli di giornale fotocopiati che riportano la sua vicenda. «Non capisco che cosa mi contestino – ha detto -. Ma non mi faccia dire altro, vediamo che succede».
La fotografia è quella di un’assurda situazione dove a uno dei pochi medici che ha curato viene contestata l’omissione di soccorso. Il fatto che poi il povero Gallerani sia morto un mese dopo il suo ricovero in ospedale, dove era stato sottoposto a cure anche invasive non inficia la bontà di quella presa in carico da parte di Dallari, visto che si premurò della salute di quel paziente così lontano e difficile accertandosi costantemente della sua situazione durante e dopo le cure da lui prestate.
Ma è chiaro che il processo di Ferrara ha tutta l’aria di essere un processo alla libertà di cura e alle terapie domiciliari precoci anti covid, che oggi sono state sdoganate da prestigiose riviste scientifiche, come Lancet, ma che devono ancora scontare il pregiudizio e la narrazione che il Covid non si potesse – o non si dovesse? – curare perché incombeva su tutto il vaccino. In realtà, come è stato mostrato chiaramente, l’abbandono terapeutico durante le due ondate pandemiche altro non è stato che un gigantesco caso di malasanità all’italiana, con medici di base disincentivati a curare e i pochi che ci hanno provato nella difficoltà di un contesto ostile, che ne devono persino rispondere in tribunale. Se proprio vogliamo cercare un'omissione di soccorso questa sì c'è stata, ma da parte dello Stato e delle sue istituzioni sanitarie.
«Ho curato, non ho ucciso: così colpiscono le terapie»
«Ho insistito io per il ricovero dal giorno prima, ma l'Usca non è mai arrivata e in ospedale lo tranquillizzavo. Come potrei aver provocato la sua morte dopo un mese?». E' indagato dalla procura di Ferrara per la morte di Mauro Gallerani, i media gli danno la caccia in garage, gli hanno sequestrato telefonino e pc. Ma in questa intervista alla Bussola, il dottor Alberto Dallari esce allo scoperto per fare luce su tutto. Preoccupato? «No, ma la Polizia mi ha chiesto se sono no vax (cosa che non sono) e se frequento associazioni cattoliche: ma che cosa c'entra?». «Ho lavorato 40 anni nell'emergenza, so gestire decisioni repentine e restare lucido. Con Ippocrate ho curato 400 pazienti: solo un decesso e tre ricoveri. Vogliono criminalizzare le terapie domiciliari usando questa storia».
Cure domiciliari, bugie e omissioni: l'Ordine fa il pesce in barile
Commissione Covid, omissioni e bugie nell'audizione del presidente FNOMCeO, Anelli: «Tachipirina e vigile attesa solo una raccomandazione, ma il medico era libero di curare». Falso: i dottori che curavano a casa con successo sono stati vessati e sottoposti a procedimenti e processi. Buonguerrieri: «Emerge un quadro grave».
Vogliono processare le cure domiciliari
La Procura di Ferrara ha chiuso le indagini sul caso di Alberto Dallari, ora le strade sono due: o il giudizio o l'archiviazione. L'avvocato del medico di Ippocrateorg indagato per aver curato un paziente di Covid: "È caduta anche l'accusa di omicidio colposo, resta l'omissione di soccorso". Una beffa, dato che Dallari intervenne per curare proprio perché il paziente non era assistito dal curante. Se ci sarà un rinvio a giudizio si profilerebbe un processo politico: cure precoci contro vigile attesa.
- SCHIAFFO DI BASSETTI AI DANNEGGIATI
Perseguitato, ma in adorazione: cosa ci insegna Dallari
La testimonianza alla Giornata della Bussola del dottor Alberto Dallari, indagato per omissione di soccorso di un suo paziente Covid, morto poi un mese dopo in ospedale, ci insegna la fiducia in Dio grazie all'adorazione eucaristica quotidiana e la consapevolezza che laddove c'è un perseguitato per causa della giustizia c'è un cattolico. "Quell'inchiesta ha dato un colpo alle cure di Ippocrateorg perché dava fastidio".
Cure a casa ok, fu omissione di soccorso di Stato
Lancet approva gli studi sulle terapie domiciliari precoci a base di antinfiammatori, tra i quali svetta l'indometacina: «Riducono il 90% delle ospedalizzazioni». Corriere e media esultano solo ora, per la Bussola è una notizia "vecchia" di due anni. Anni segnati da cure negate nel nome della vigile attesa di Speranza & Co e nell'imposizione dogmatica del vaccino. Ora chi pagherà per le migliaia di morti curati tardi, per gli ospedali collassati e per i medici sospesi o indagati?