Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Dottrina sociale
a cura di Stefano Fontana

L’analisi

Davos, il messaggio debole di papa Francesco a Schwab

Davos è il “luogo” ove è stato formulato il Grande Reset e dove si punta sulle “emergenze” per portare avanti una lotta all’umanità. L’ultimo messaggio mandato da Francesco a Klaus Schwab appare debole e perfino condiscendente rispetto all’ideologia del Forum.

Dottrina sociale 19_01_2024

Il 17 gennaio papa Francesco ha inviato al Forum di Davos, che si chiude oggi nella città svizzera, un messaggio che suona molto come un appoggio e un invito a continuare sulla strada intrapresa. Francesco si è soffermato su alcuni aspetti etici della situazione mondiale attuale, dalla fame alla guerra, dallo sfruttamento del lavoro a quello delle risorse naturali. Non ha toccato però nessun punto nevralgico dell’azione del Forum, che giuridicamente non è che una Ong, ma in realtà rappresenta un potere globale enorme sia tramite le grandi multinazionali globaliste che ne fanno parte sia per la rete della Community di Davos che comprende tanti personaggi che occupano posizioni chiave nei vari ambiti della vita politica, economica, industriale, finanziaria e che in quel contesto si sono formati.

Davos è il “luogo” ove è stato formulato il progetto del Grande Reset, dove si punta sulle “emergenze” per imprimere alla vita economica e sociale delle svolte epocali, ove si intende togliere ogni barriera identitaria per costruire una società universalista senza radici, priva di differenze e identità, ove si programma una lotta all’uomo mediante l’ideologia ambientalista, dove si coniano di volta in volta le varie emergenze globali tra le quali emerge in questo momento quella del clima, ove si impongono nuove forme di controllo e limitazioni alla libertà, alla proprietà, alla famiglia e anche alla vita e ove interessi privati, quali sono quelli dei finanziatori del Forum, assumono un ruolo politico mondiale. Davos non è un governo politico e quindi questi obiettivi non vengono perseguiti direttamente, ma è una rete e, come tale, è in grado di porsi e porre degli obiettivi, come quelli stilati per il 2030, e di muovere importanti pedine per realizzarli. La globalizzazione ha prodotto il globalismo, una interconnessione di poteri privati e pubblici commisti tra loro che sovrastano tutti i naturali livelli delle aggregazioni umane, dalle famiglie alle nazioni, imponendosi anche agli Stati e alle democrazie, dato che le decisioni vengono prese altrove rispetto ai luoghi politici deputati a prenderle.

Considerando cosa è e cosa rappresenta il Forum di Davos, il messaggio di Francesco sembra di grande debolezza e, in alcuni punti, di aperta condiscendenza: «In particolare, è importante che le strutture intergovernative riescano a esercitare efficacemente le loro funzioni di controllo e di indirizzo nel settore economico, poiché il raggiungimento del bene comune è un obiettivo che va oltre la portata dei singoli Stati, anche di quelli dominanti in termini di potere, ricchezza e forza politica. Anche le organizzazioni internazionali sono chiamate a garantire il raggiungimento di quell'uguaglianza che è alla base del diritto di tutti a partecipare al processo di pieno sviluppo, nel dovuto rispetto delle legittime differenze».

In simili passaggi l’internazionalismo globalista di chi di fatto intende gestire un governo mondiale senza chiamarlo così e l’unità del genere umano come pensata dalla Dottrina sociale della Chiesa vengono ingiustamente equiparati. Il bene comune dell’intero genere umano non può avere un significato direttamente politico, perché in questo caso schiaccerebbe le società naturali, a partire dalle nazioni per arrivare alle famiglie. Non ci sono molte congruenze tra la cultura e la politica di Davos da una parte e quelle della Dottrina sociale della Chiesa dall’altra. L’impressione di molti è invece che la politica della Chiesa attuale intenda puntare proprio su queste dubbie convergenze. Va ricordato che papa Francesco ha finora inviato ben cinque messaggi al Forum di Davos, ma senza parlare mai con un proprio vocabolario di temi come la “salute delle donne” o l’aborto. (Stefano Fontana)