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IDEOLOGIA VERDE

Dall’Ue alla Nuova Zelanda, l’ecologismo ignora la realtà

Si va dalla campagna contro la plastica alla demonizzazione di un gas vitale come la CO2, dall’imposizione delle auto elettriche agli insetti per alimenti, fino all’imposta sulle eruttazioni bovine di cui si discute in Nuova Zelanda. Un ecologismo spinto soprattutto da Ue e Onu, in barba agli almeno cinque miliardi di persone che non seguiranno queste follie.

Attualità 15_06_2022

Contro l’inquinamento da plastica in Europa è in atto una campagna serrata. Per far capire l’entità del danno, l’urgenza di agire, si mostrano immense isole di rifiuti in gran parte di plastica formatesi negli oceani. A scuola, sul web, in televisione si spiega che cosa fare per evitare di alimentarle, si danno consigli su come fare a meno della plastica: usare cannucce di materiali riutilizzabili, bottiglie e borracce di vetro o alluminio, sacchetti di stoffa per la spesa; bandire piatti e posate di plastica usa e getta; smettere per quanto possibile di acquistare generi alimentari in piccole quantità, per ridurre gli involucri da gettare; aderire ai programmi di riciclaggio proposti da certe aziende. Soprattutto si raccomanda di evitare assolutamente di disperdere nell’ambiente la plastica che non si può fare a meno di utilizzare e si incoraggia la gente a partecipare alle giornate di pulizia delle spiagge e dei parchi pubblici.

Però l’80 per cento della plastica che inquina gli oceani arriva dai fiumi e dall’88 al 95% della plastica riversata in mare dai fiumi proviene da dieci grandi corsi d’acqua, otto asiatici e due africani.

Altro inquinamento da contenere - viene detto - è quello dovuto alle emissioni di CO2, un gas serra. Per quanto molti scienziati sostengano che il riscaldamento globale di origine antropica sia una congettura e che non si possa collegare la CO2 all'inquinamento né alle temperature (vedi qui e qui), tuttavia le Nazioni Unite e decine di governi da anni sono impegnati a ridurre le emissioni di CO2. In Europa il settore dei trasporti causa il 30% delle emissioni e il trasporto su strada vi incide per il 72%. Gli automezzi più inquinanti sono quelli alimentati a diesel e a benzina. Il Parlamento europeo ha varato il “Fit for 55”, un pacchetto di misure volte ad azzerare progressivamente le emissioni di gas serra. Tra le disposizioni proposte, in funzione del traguardo emissioni zero per il trasporto su strada entro il 2035 con obiettivi intermedi di riduzione delle emissioni fissati al 55% per le auto e al 50% per i furgoni entro il 2030, c’è lo stop alla vendita di auto e veicoli commerciali leggeri a benzina e diesel a partire dal 2035. Questi automezzi potranno circolare fino alla rottamazione, ma si potranno vendere solo veicoli a idrogeno o interamente elettrici.

Nel frattempo centinaia di milioni, anzi miliardi di africani, asiatici e sudamericani continueranno a viaggiare su automezzi a benzina e diesel, una buona parte dei quali vecchi, maltenuti e poco o mai revisionati. Molti, vecchi di non meno di otto anni e persino 15, vengono importati dai Paesi industrializzati. Ogni anno milioni di questi automezzi altamente inquinanti, l’80% dei quali non rispettano i requisiti ambientali dei Paesi di fabbricazione, vengono acquistati e usati fino all’esaurimento nei Paesi in via di sviluppo, oltre la metà dei quali africani. Alla crescita del ceto medio nei Paesi poveri corrisponde un aumento delle vendite di macchine. Chi non si può permettere un’auto nuova rimedia acquistandola usata e facendola durare il più possibile, pur di non restare senza. Entro il 2040 il numero di auto private si stima raggiungerà i due miliardi e presto potrebbero aumentare ulteriormente le importazioni di vecchie auto inutilizzabili in Europa. I programmi governativi di controllo delle emissioni sono quasi inesistenti in Africa. La situazione è di poco migliore in Asia dove, se non altro, dei programmi vengono almeno formulati.

Il gas serra è prodotto anche dalle eruttazioni dei bovini. Una mucca adulta può produrre fino a 500 litri di metano al giorno. Nel mondo ci sono più di 1,5 miliardi di bovini. L’Ipcc, il Gruppo intergovernativo dell’Onu sul cambiamento climatico, stima che nel 2015 abbiano prodotto circa il 3,7% delle emissioni di gas serra del pianeta. Da anni, per contenere i danni, si parla di tassare i proprietari di mucche e di ridurre il fabbisogno, se non di latte e derivati, almeno della carne bovina sostituendola con gli insetti che forniscono, si dice, principi nutritivi anche migliori.

Di un’imposta sulle eruttazioni bovine si discute in questi giorni in Nuova Zelanda. La proposta è di tassare gli allevatori di mucche e anche di pecore a partire dal 2025 e di offrire loro degli incentivi affinché riducano le emissioni degli animali mettendo degli additivi nei mangimi. La Nuova Zelanda ha 10 milioni di bovini e 26 di ovini. Quasi metà delle emissioni di gas serra nel Paese deriva dall’agricoltura. In Italia invece Beppe Grillo ha lanciato l’idea di abituare i bambini a un’alimentazione sostenibile introducendo nelle mense delle scuole primarie piatti a base di insetti commestibili: “Impareranno i benefici nutrizionali e ambientali del consumo di insetti come grilli, cavallette, bachi da seta, locuste e vermi della farina” si legge nel suo blog. L’Europa da tempo caldeggia progetti volti a ridurre il consumo di carne di mammiferi: dalla carne sintetica agli allevamenti di insetti. Il 10 giugno la Commissione europea ha autorizzato la commercializzazione dei grilli domestici. Lo scorso novembre aveva dato via libera al consumo alimentare di locuste e prima, nel luglio 2021, a quello delle tarme della farina essiccate.

Il consumo alimentare di insetti è tuttora diffuso in altri continenti. Gli africani, ad esempio, sono ghiotti di termiti e localmente di altre specie di insetti e vermi. Tuttavia persino le residue comunità di cacciatori raccoglitori considerano insetti, larve e bacche un’alimentazione di sopravvivenza, buona per non morire di fame quando la caccia di animali selvatici non va a buon fine e manca la loro carne prelibata. Quanto a tassare i proprietari di bestiame, la proposta potrebbe scatenare rivolte in tutto il continente tra i pastori per i quali il bestiame è anche un patrimonio perché possedere centinaia, migliaia di capi vuol dire potere, status sociale elevato, opportunità di praticare la poliginia e di scegliere come mogli le ragazze migliori.

Abbiamo una sola Terra” si ripete da 50 anni durante le celebrazioni del 5 maggio, la Giornata mondiale dell’ambiente istituita nel 1972. È vero. Ma allora, anche se l’Unione europea abolisce la plastica, impone le auto elettriche, mangia insetti invece che braciole, che ne sarà del pianeta dove oltre cinque miliardi di persone non danno segno di volerla rigorosamente imitare?