L'ansia messianica da vaccino è pericolosa, antiscientifica e immorale
Se sarà possibile sviluppare un vaccino, dovrà essere fatto rispettando i criteri di assenza di tossicità e nocività. Il fallimento in questo senso dei tentativi fatti per la SARS deve indurre alla prudenza. Da questo punto di vista, un vaccino che si rispetti necessita di un lavoro di almeno cinque anni, non cinque mesi. C'è poi la questione dell'uso dei feti abortiti e di una logica utilitaristica inaccettabile. La fortissima pressione mediatica in favore del vaccino non può diventare un alibi per soprassedere sui valori irrinunciabili.
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Con il passare dei giorni si stanno susseguendo le notizie e le conferme relative ai successi delle terapie per sconfiggere il Covid-19. Dati sempre più confortanti, che tuttavia - per motivi incomprensibili - vengono accolti spesso con scetticismo, a volte addirittura con sospetto e diffidenza.
Al contrario, sembra esserci un atteggiamento di assoluto fideismo nei confronti del vaccino: pochi hanno dei dubbi che arriverà, magari presto o prestissimo, e risolverà ogni problema. Addirittura eminenti esponenti della Chiesa pregano perché venga realizzato quanto prima. Quali siano i fondamenti di questa fiducia, se non addirittura convinzione, non è dato di sapere. Sembrerebbe essere un risultato di una certa martellante campagna propagandistica, che fin dall’inizio della pandemia ha indicato nel vaccino la soluzione del problema. Eppure qualche dubbio sarebbe lecito averlo: non sempre per ogni data malattia è stato possibile realizzare il relativo vaccino, anzi: non c’è vaccino per l’HIV, non c’è vaccino per l’Epatite C (mentre c’è per la A e la B) che è una delle più pericolose malattie infettive, e soprattutto non è mai stato realizzato un vaccino per alcun tipo di Coronavirus, una famiglia di virus che pure conosciamo da sessant’anni.
E che dire della SARS? Sappiamo che l’attuale Covid-19 ha un patrimonio genetico molto simile a quello del Coronavirus della SARS del 2002. Come mai ora sarebbe possibile realizzare un vaccino mentre negli scorsi diciotto anni non ci si è riusciti con la prima SARS? A dire il vero, dei tentativi di produrre un vaccino anti SARS erano stati fatti, con esiti assolutamente negativi. Quattro vaccini furono sperimentati su cavie animali, e se è vero che determinavano la produzione di anticorpi per il virus, meccanismo che non è poi così sorprendente come sulla NBQ ha illustrato il professor Bellavite, tutti i topi vaccinati presentarono dei gravi effetti collaterali, e più esattamente un'immunopatologia di tipo Th2 con infiltrazione di eosinofili di rilievo. I ricercatori arrivarono alla conclusione che era opportuno procedere con molta cautela nell'applicazione di un vaccino SARS-CoV nell'uomo, e di conseguenza non se ne fece più niente.
Le notizie quindi di un vaccino già pronto e disponibile entro pochi mesi, forse entro il prossimo inverno, giusto per prevenire la paventata “seconda ondata”, sono da accogliere con grande prudenza e senso critico, perlomeno analogo a quanti hanno riscontrato l’efficacia e proposto l’uso terapeutico della Clorochina, dell’Eparina e del plasma.
L’attesa del vaccino invece sfiora parossismi quasi messianici. Anche per questo motivo sarebbe opportuno che gli esponenti della gerarchia ecclesiastica si astenessero dallo sponsorizzare il vaccino, perlomeno fintanto che non siano noti i tipi di vaccinazione proposti. Da questo punto di vista, un intervento davvero prezioso è quello giunto dal vescovo americano Joseph Strickland di Tyler, Texas, che ha pubblicamente dichiarato la propria obiezione di coscienza nei confronti di un eventuale vaccino per il coronavirus prodotto utilizzando tessuti provenienti da bambini abortiti. Monsignor Strickland si è distinto in questa pandemia per i suoi interventi in ambito bioetico. In particolare ha avuto il merito di denunciare con forza l’emergere di pratiche eutanasiche nei confronti degli anziani e dei disabili. Alla fine di marzo, ha rifiutato di firmare una "Dichiarazione sulla scarsità di risorse sanitarie" voluta dalla Conferenza episcopale del Texas. «Gli anziani, i disabili e i più vulnerabili - aveva dichiarato - dovrebbero sempre essere protetti e bisognerebbe mostrare un amore preferenziale», in quanto sono «i poveri in mezzo a noi, durante questa pandemia». Il vescovo di Tyler aveva ricordato che ci sono alcuni princìpi di teologia morale che devono sempre essere applicati. «Ad esempio, la famiglia dovrebbe sempre essere consultata e considerata nel prendere decisioni morali vitali come queste».
Per quanto riguarda il vaccino, monsignor Strickland ha espresso il suo rammarico per il fatto che «anche con il Covid-19 stiamo discutendo dell’uso di tessuti fetali abortiti per la ricerca medica». Il presule texano ha toccato un tasto davvero dolente: da tempo infatti alcune organizzazioni pro life statunitensi denunciano che diversi vaccini vengono prodotti utilizzando linee cellulari ottenuti da feti abortiti. Si tratta di vaccini molto diffusi, e utilizzati anche in Italia, come il vaccino quadrivalente Morbillo Parotite Rosolia e Varicella, e il vaccino contro l’Epatite A.
Anche per alcuni dei vaccini attualmente allo studio contro il Covid si stanno utilizzando cellule fetali abortite. E non da aborti spontanei, ma da aborti procurati. In un comunicato stampa, l’associazione Children of God for Life ha spiegato come «nella maggior parte dei vaccini antinfluenzali stagionali, la necessità di produrre rapidamente grandi quantità di vaccini è stata un problema per molti anni poiché le aziende farmaceutiche utilizzavano uova di gallina per coltivare i loro virus. Sono necessari diversi mesi e milioni di uova per produrre i vaccini e così tante aziende hanno iniziato a ricercare altre linee cellulari per una produzione più rapida». E queste linee cellulari potrebbero essere quelle umane, ricavate da feti abortiti.
I problemi etici sollevati da ricerca, produzione, commercializzazione ed uso dei vaccini non sono pochi e non sono nuovi. Per il Covid potrebbero essere ignorati volutamente in nome dell’"emergenza". La gente potrebbe essere facilmente indotta ad accettare la logica del “fine che giustifica i mezzi”. Per salvare dal Covid tante persone, perché non si dovrebbe accettare il sacrificio dei feti? È in realtà questo un vero e proprio ricatto morale, che pastori coraggiosi come Strickland hanno denunciato. Un buon fine non può mai giustificare un mezzo cattivo. Inoltre, l’uso di questi vaccini finisce per essere un incentivo alla ricerca basata su questa perversa “catena di montaggio”: produzione di embrioni e loro successiva uccisione per ottenere materiale per la produzione vaccinale. La fortissima pressione mediatica in favore del vaccino non può diventare un alibi per soprassedere sui valori irrinunciabili.
Gli entusiasmi di coloro che auspicano, sognano, attendono il vaccino per il Covid andrebbero dunque molto raffreddati. Bene ha fatto monsignor Strickland a porre il problema dell’eticità di questi vaccini, ma esiste anche un principio di prudenza strettamente scientifico. Uno dei princìpi fondanti della Medicina, fin dai suoi albori, è questo: primum non nocere. Se sarà possibile sviluppare un vaccino, dovrà essere fatto dando assolute garanzie in merito alla sicurezza del vaccino stesso, che dovrà rispettare precisi criteri di assenza di tossicità e nocività. Il fallimento dei tentativi fatti per la SARS deve indurre a grande prudenza. Da questo punto di vista, un vaccino che si rispetti necessita di un lavoro di almeno cinque anni, non cinque mesi. In ambito scientifico la fretta è assolutamente nemica del bene. Qualcuno potrebbe obiettare: ma per il Covid si stanno investendo risorse economiche immani, grazie soprattutto a “benefattori” interessati come Bill Gates. E qui davvero si potrebbe rispondere: perché non è stato fatto prima, per altre malattie? Ogni anno muoiono nel mondo milioni di persone per malaria, febbre gialla, tubercolosi, tifo, colera e altro ancora. Perché per queste malattie le industrie farmaceutiche e i governi e le fondazioni non si sono impegnati con la stessa alacrità e la stessa dovizia di mezzi?
Un’ultima obiezione è facilmente immaginabile: e allora, se dobbiamo aspettare anni per un eventuale vaccino che offra condizioni di sicurezza e magari sia anche fatto nel rispetto dell’etica medica, che si fa nel frattempo? La risposta è già nei numerosi presidi terapeutici che si stanno trovando. Anche senza vaccino, il Covid può essere curato, può diventare una malattia affrontabile. E infine, e questa è molto più che una ipotesi, il Covid potrebbe sparire, se non sempre per molto tempo, come era accaduto all’influenza H1N1, come era accaduto per la SARS 1. E, allora, del messianico vaccino non avremmo più bisogno.