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INTERVISTA/ARCOBELLI

«Riportate a casa i nostri connazionali bloccati all'estero»

Il dramma degli italiani bloccati all’estero non è finito. Alitalia ha sospeso improvisamente il collegamento aereo da New York a Roma dal 5 al 31 maggio. Si poteva fare meglio? Eccome, Intervista a Vincenzo Arcobelli, rappresentante negli Usa per il Consiglio Generale degli Italiani all’estero

Politica 06_05_2020
Un volo Alitalia dal JFK di New York

Il dramma degli italiani bloccati all’estero non è finito. Alitalia ha sospeso improvisamente il collegamento aereo da New York (JFK) a Roma (FCO) dal 5 al 31 maggio e l’Ambasciata d’Italia a Washington ha informato attraverso un comunicato che “alcune compagnie americane ed europee continuano ad assicurare collegamenti dalle principali città negli Usa verso scali europei da cui è possibile proseguire il viaggio verso l’Italia”. Ma i prezzi sono proibitivi: i nostri connazionali devono pagare da 1.800 fino a 4.000 euro per un volo di rientro, per cui in tanti sono ancora bloccati negli Stati Uniti in grossa difficoltà. Ne abbiamo parlato in esclusiva con Vincenzo Arcobelli, rappresentante negli Usa per il Consiglio Generale degli Italiani all’estero (CGIE) e presidente del Comitato Tricolore per gli Italiani nel Mondo (CTIM).

“Ci sono tante migliaia di connazionali non iscritti all’AIRE che si trovano sul territorio americano per motivi di studio o di lavoro temporaneo e che non hanno più un sostegno economico per mantenersi, che non hanno l’assicurazione medica e il cui visto nel frattempo è scaduto. Penso ad esempio a quei giovani che lavorano nei ristoranti, nelle pizzerie, negli hotel-resorts, o altri che si erano recati lì per vacanza. Bisognerà assistere e seguire anche questi casi. Non sono cittadini di serie B! Il Governo Italiano deve agire con tutti gli strumenti a disposizione, deve intervenire subito e con efficacia!”, ha sottolineato Arcobelli.

Infatti, attraverso i social network arrivano migliaia di testimonianze di italiani disperati sparsi per il mondo. Ci racconta la situazione dei nostri connazionali?

Ogni giorno continuano ad arrivare notizie non solo alle sedi diplomatiche consolari, ma anche ai rappresentanti dei Comites, del CGIE e delle associazioni. Abbiamo ricevuto forti lamentele e testimonianze da parte di connazionali che si trovano temporaneamente in Australia, Africa, Asia, in Europa (Tenerife) e nelle Americhe, per svariati motivi. La situazione, obiettivamente complicata in tutto il Sud America per il generalizzato blocco dei voli da e per l'Italia, è diversa da paese a paese, con alcuni casi in cui registriamo gravissime difficoltà da parte dei nostri connazionali, come ad esempio in Argentina, Bolivia, Brasile, Venezuela, India, Messico e Sud Est Asiatico. Ora con l'improvvisa sospensione dei voli di Alitalia da e per gli Stati Uniti dal 5 al 31 maggio si sono creati ulteriori malcontenti ed enormi difficoltà ai connazionali che avevano acquistato il biglietto e si preparavano a ritornare in patria. L'Ambasciata italiana a Washington sin dall'inizio dell'emergenza, aveva fatto il possibile per chiedere ed ottenere almeno un volo giornaliero da New York, si sta impegnando affinche' il servizio possa essere ripreso. 

Secondo lei, come è stata gestita la situazione dei rimpatri da parte del governo?

È chiaro che in questi momenti di inaspettata crisi, emergono le debolezze o le fragilità di un sistema o l’efficienza e le capacità gestionali. La situazione poteva essere gestita in modo diverso e più efficace da parte del governo italiano, in quanto non sono stati sfruttati alcuni strumenti a disposizione. Mi riferisco in particolare alle decisioni politiche prese dal governo, che non ha ritenuto opportuno utilizzare il Meccanismo Unionale di Protezione Civile che cofinanzia il 75% del costo del volo, rendendo così molto più difficili le operazioni di rientro dei connazionali bloccati nel mondo e soprattutto molto più cari i biglietti di rientro. Risulta infatti  che la Germania abbia rimpatriato 30.000 concittadini e in tempi anche rapidi attraverso questo meccanismo, mentre l’Italia circa 1.000. È opportuno precisare che, alla data odierna, a seguito di quanto riportato in un articolo pubblicato su Repubblica, sono circa 72.000 i connazionali che sono potuti rientrare in Italia, utilizzando aerei commerciali, charter e ovviamente a spese proprie. Mi preme segnalare che le ambasciate e i consolati, nella maggior parte dei casi di cui ho notizia, hanno cercato obiettivamente di aiutare i connazionali nei rispettivi paesi con i mezzi a disposizione; mi vengono in mente, per citarne alcuni,  i voli speciali e i charter coordinati in Colombia, Ecuador, Florida (Usa), Malesia, Perù, Repubblica Dominicana, Sud Africa, anche in collaborazione, in alcune aree, con i rappresentanti delle comunità italiane locali e delle associazioni. 

Si potevano adottare altre soluzioni? 

Sembrerebbe sia mancata una strategia globale del governo basata sulle risorse del sistema Italia; penso in particolare a un maggiore utilizzo di aeromobili di Alitalia per voli charter speciali, molti dei quali non stanno volando in questo periodo, e tra l'altro risulta che l’azienda sia in fase di statalizzazione, quindi si potrebbe utilizzare la soluzione della precettazione con prezzi modici e competitivi, anche perché alla fine sono sempre i richiedenti al rientro che pagano la tariffa “speciale”. 

La Farnesina ha dichiarato all’Ansa che il Meccanismo europeo non è stato applicato in molti paesi in quanto è attivabile soltanto in paesi in cui non vi era nessuna opzione di voli commerciali…

Tale ricostruzione lascia intendere che l’UPCM non si sia potuto applicare per esempio in Sud America ma anche in altre parti del mondo per tale circostanza. In realtà mi risulta che praticamente in quasi tutto il Sud America i voli commerciali siano stati sospesi e che molti altri paesi europei (cito ad esempio Germania, Francia, Spagna, Belgio, Austria, ecc.) abbiano applicato il Meccanismo europeo per i rispettivi voli di rientro, consentendo ai propri connazionali di usufruire di biglietti molto più economici di quelli pagati dai nostri connazionali per altri analoghi voli speciali di rientro. In questo caso bisognerebbe chiedere al Ministro degli Esteri un chiarimento del perché non sia stato applicato il Meccanismo europeo. 

Circolano tante lamentele per la sospensione dei servizi consolari, come ha reagito all'emergenza il sistema consolare italiano?

Per quanto riguarda il territorio di mia competenza in particolare, so che tutta la rete diplomatica consolare, guidata dall’Ambasciata Italiana a Washington, sta operando in sintonia e in maniera coordinata, dando priorità ovviamente ai servizi consolari, e con reperibilità telefonica in emergenza. Le domande di assistenza e le telefonate sono aumentate, e stimo che aumenteranno nei prossimi giorni per la situazione del potenziale aumento di richiesta di rientri. Noi suggeriamo attraverso i social e via mail di consultare il sito del Maeci e delle Ambasciate visitando il link Viaggiare Sicuri. Le risorse sono limitate e magari sarebbe opportuno assumere nuovo personale e inviarlo nelle varie sedi all’estero, potenziando tutti gli Uffici. Questi interventi erano stati annunciati nel 2018-19 da parte di esponenti del governo presso il Maeci ma, da quello che sento dagli addetti ai lavori, dalle parole bisogna passare ai fatti, molti uffici lavorano sotto organico. Credo che sia necessario un intervento concreto a tal proposito da parte del governo italiano, soprattutto in prospettiva di una rapida ripartenza da parte dell’Italia, in un’azione fondamentale che potrebbe coinvolgere i vari enti e organizzazioni che si occupano di promuovere il Sistema Paese, dalle Camere di Commercio Italiane all’Estero all’Ice, dall’Enit agli Istituti Italiani di Cultura, dagli Organi di Rappresentanza alle Scuole Italiane e così via.

C'è assistenza alle persone in difficoltà? 

Certamente, venuti a conoscenza di un caso di emergenza si notificano i consolati che si adopereranno a risolvere la questione. Da ricordare iniziative promosse dagli organi di rappresentanza dei Comites, del Cgie e delle Associazioni: mi vengono in mente le azioni per il rientro dei connazionali dall’Australia, l'organizzazione di pacchi viveri agli indigenti in Sud Africa o a Montreal o la distribuzione di prodotti alimentari made in Italy a domicilio da parte di alcune associazioni agli anziani e ai più bisognosi a New York e nel nord del Texas. Grande è la solidarietà, che contraddistingue le comunità italiane all’estero, e il contributo dato dagli operatori di primo intervento e del servizio sanitario e dai ricercatori italiani e dai volontari. Su sollecitazione del Consiglio Generale degli Italiani all’estero, tramite il fondamentale inserimento da parte della DGIT del Maeci nell’istruttoria riguardante il decreto “Cura Italia”, è stato approvato lo stanziamento di un milione di euro per l’anno 2020 per le misure a tutela degli interessi italiani e della sicurezza dei cittadini all’estero in condizioni di emergenza. Le disposizioni potranno essere visionate al comma 4bis dell’art.72 relativo alle misure per l’internalizzazione del sistema paese e potenziamento dell’assistenza ai connazionali all’estero in situazione di difficoltà finanziaria a valere sull’articolo 126 del decreto in questione. Quello che sta emergendo a seguito di questa crisi Covid-19, soprattutto in alcuni territori ma anche in generale, è il ruolo fondamentale di Comites-Cgie- Associazioni-Camere di Commercio, enti filantropici, i quali, se operano in maniera coesa e organizzata in collaborazione con gli altri operatori istituzionali del MAECI e del Governo, saranno fondamentali per poter far rialzare la nostra bella Nazione.