Negoziato sull'Ucraina, Trump si trascina un'Europa riluttante
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Nell’incontro di lunedì a Washington, Trump ha spiegato due condizioni-chiave su cui Putin non transige: l’accordo di pace senza passare da una tregua, la cessione di territori alla Russia. Zelensky si prepara a incontrare Putin; Macron e Merz si mettono di traverso. E l’Europa si appresta a sborsare altri 90 miliardi di dollari in armi da dare all’Ucraina.
- La tela di Trump ridisegna il fronte euro-russo, di Eugenio Capozzi

Pochi punti fermi, tante chiacchiere e grandi proclami ma nessuna sostanziale novità è emersa dagli incontri di Washington tra i leader europei, Volodymyr Zelensky e Donald Trump (foto in alto di LaPresse/Palazzo Chigi/Filippo Attili). Per capire se si sono fatti o meno passi avanti verso la pace in Ucraina dopo la fitta serie di faccia a faccia e con le sessioni di gruppo occorre affidarsi più alle percezioni che a fatti concreti.
Fonti governative tedesche hanno riferito che Berlino considera il vertice di Washington sull’Ucraina un incontro di portata storica che ha ribaltato la dinamica del precedente vertice tra Trump e Putin in Alaska: ora Trump si sarebbe in gran parte riallineato alle posizioni europee. Tesi difficile da sostenere non solo perché Trump ha esposto la posizione di Putin e ha escluso il cessate il fuoco propedeutico ai negoziati che l’Europa e Kiev da sempre caldeggiavano e che Mosca ha sempre respinto, ma anche perché, dopo aver incontrato i leader europei, il presidente statunitense ha telefonato a Putin che ha accettato di incontrare Zelensky.
Infatti, da Mosca le reazioni alla serie di incontri tenutisi a Washington sono tutte positive. «La Coalizione antirussa guerrafondaia dei Volenterosi non è riuscita a battere Donald Trump in casa», ha scritto Dmitrij Medvedev su X. L’Ansa racconta che i commenti di politici e canali Telegram militari russi sono quasi unanimi: l'Europa ha cercato di mettersi di traverso agli sforzi di pace del presidente americano, ma non sembra destinata ad avere successo. «I tempi sono cambiati», ha affermato il vicepresidente del Senato, Konstantin Kosachyov, e ora né Kiev né Bruxelles possono più «abbaiare contro la Russia da dietro le spalle dell'America. I leader attuali dell'Unione europea e della Nato sono finiti in panchina».
Venendo ai fatti, Trump ha spiegato due concetti-chiave messi a punto in Alaska con Putin, che il leader ucraino e quelli europei si sono mostrati riluttanti ad accettare. Innanzitutto l’accettazione delle condizioni poste da Putin e sottoscritte da Trump per cui non ci sarà nessuna tregua su cui imbastire lunghe trattative di pace mentre le truppe ucraine si riorganizzano dopo due anni di sconfitte consecutive. Un punto insindacabile per Putin, che Trump ha evidenziato ma che molti leader europei non sembrano aver assimilato considerato che il cancelliere tedesco Friedrich Merz e il presidente francese Emmanuel Macron hanno rilanciato senza successo il tema del cessate il fuoco. La guerra terminerà quindi, se terminerà, con un accordo complessivo che risolva il conflitto e le sue cause, come ha sempre chiesto Putin. Clausola fondamentale per dare una possibilità alla pace è la cessione di territori ucraini alla Russia: clausola che Zelensky deve accettare prima di poter discutere la fine del conflitto in un incontro con Putin e Trump.
Secondo Steven Witkoff, il Cremlino ha fatto una proposta che offre a Kiev l’onore delle armi, prevedendo il ritiro dal 20% di territorio del Donetsk che gli ucraini ancora controllano, mentre nelle altre regioni occupate i russi si terranno il 75% di Kherson e Zaporizhia senza rivendicare l’intera superficie di queste due regioni. Trump aveva fatto allestire una mappa dell’Ucraina con i territori controllati dai russi perché questo è il vero punto fondamentale, seguito da altri evidenziati dallo stesso presidente statunitense, inclusa la necessità di elezioni in Ucraina, anche presidenziali, considerato che il mandato di Zelensky è scaduto nel maggio 2024.
Non sappiamo cosa si siano detti Trump e Zelensky su questo punto, ma le reazioni dei leader occidentali confermano che il concetto che l’Ucraina ha perso la guerra e quindi subirà mutilazioni territoriali e condizioni di pace non sembra essere ancora stato digerito dagli europei, tanto bellicosi a parole quanto imbelli nei fatti. Alcune dichiarazioni dei capi di stato e di governo europei appaiono scollegate dalla realtà. Macron ha affermato che i colloqui alla Casa Bianca non hanno affrontato il tema delle concessioni territoriali da parte dell'Ucraina, ma questo significa che Trump non ha posto il problema ai leader europei ma solo al presidente ucraino che dovrà prendere una decisione. Per Merz «all’Ucraina non devono essere imposte cessioni territoriali». Mentre Zelensky ha dichiarato che la questione delle eventuali concessioni territoriali richieste dalla Russia all'Ucraina «sarà lasciata a me e Putin», auspicando quindi un faccia a faccia col presidente russo che qualcuno ritiene possa concretizzarsi intorno a fine agosto e che Putin ha accolto invitando Zelensky a Mosca, sede però respinta da Kiev.
Anche il tema delle garanzie di sicurezza da offrire all’Ucraina ha preso molto spazio nel dibattito a Washington, pur senza che siano emerse risposte convincenti. Trump ha affermato di non credere che la Russia attaccherà nuovamente altre nazioni, ma ha assicurato a Zelensky che Washington garantirà la sicurezza dell'Ucraina nell'ambito di un eventuale accordo per porre fine alla guerra, pur non chiarendo i dettagli del sostegno. Trump in passato aveva escluso la presenza di truppe americane in Ucraina e ha spiegato agli alleati che non vi potranno esserci “forze di peacekeeping” europee schierate in territorio ucraino, argomento cavalcato da tempo dalla cosiddetta “coalizione dei volenterosi” che cozza però con la condizione posta da Mosca che non vuole in Ucraina truppe o basi di nazioni aderenti alla NATO.
Ciò nonostante, Macron ha evidenziato la necessità di «forze di deterrenza, cioè militari britannici, francesi, tedeschi, turchi e altri che saranno pronti a condurre operazioni, non in prima linea e non in modo provocatorio, ma di deterrenza aeree, marittime e terrestri». Per Macron, una delle garanzie di sicurezza che dovrà accompagnare qualsiasi accordo di pace con la Russia sarà «un esercito ucraino robusto, in grado di resistere e dissuadere qualsiasi tentativo di attacco, e quindi nessuna limitazione numerica, di capacità o di armi». Putin però pretende la smilitarizzazione dell’Ucraina, intesa come assenza di capacità militari offensive in grado di colpire la Russia. Quindi Macron chiede esattamente l’opposto di quanto Trump e Putin hanno concordato in Alaska. Contraddizioni che rafforzano la percezione che gli europei cerchino di sostenere l’Ucraina nel continuare la guerra invece di incoraggiarla a cedere alle condizioni russe per ottenere la pace.
Anche l’idea di applicare un simil-articolo 5 della NATO all’Ucraina, che non fa parte e non farà parte dell’Alleanza, come ha ribadito Trump, lascia aperti molti interrogativi. Il testo dell’articolo 5 non esclude «l’uso della forza armata» in caso di attacco a una nazione alleata ma non lo impone. Stabilire un trattato facsimile di quello del Nord Atlantico che vincoli le nazioni aderenti alla “coalizione dei volenterosi” a intervenire in soccorso dell’Ucraina eventualmente sotto attacco russo non imporrebbe di fatto a nessuno di inviare truppe. Quindi di quale deterrenza stiamo parlando? Del resto, c’è qualcuno che ritiene davvero che Francia, Regno Unito, Germania, Italia o Finlandia siano pronte a combattere i russi per difendere l’Ucraina? O che i governi di queste nazioni otterrebbero il via libera dai rispettivi parlamenti e dall’opinione pubblica?
L’unico aspetto che pare accertato è che l’Europa dovrà sborsare altri 90 miliardi di dollari per comprare armi statunitensi da fornire a Kiev, oltre ai 10 miliardi già concordati al vertice NATO dell’Aja. Zelensky ha affermato infatti che gli occidentali formalizzeranno le garanzie di sicurezza per l'Ucraina entro 10 giorni e, parlando ai giornalisti alla Casa Bianca, ha detto di aver chiesto a Trump forniture militari per un valore di 90 miliardi di dollari che verranno pagate dagli alleati europei della NATO.
Il segretario di Stato americano, Marco Rubio, ha ben spiegato cosa intenda Washington per garanzie di sicurezza all’Ucraina. «Gli Stati Uniti non forniscono più armi e denaro all'Ucraina. Adesso vendiamo armi all'Ucraina e i paesi europei le pagano tramite la NATO», ha detto Rubio a Fox News sottolineando «la fine dell'era dei regali gratuiti. Questo è un altro grande cambiamento rispetto al modo in cui è stata affrontata questa guerra solo pochi anni fa, ad esempio sotto l'amministrazione Biden».
Difficile dire oggi se i 100 miliardi costituiscano le garanzie di sicurezza che Washington offre a Kiev a spese dell’Europa o se si tratti del prezzo che gli europei pagheranno per non essere lasciati soli da Washington nell’assicurare garanzie all’Ucraina. Di certo, se gli europei pagheranno 100 miliardi di armi americane a Kiev dovranno sottrarre la stessa somma dagli investimenti destinati alla difesa dell’Europa e alle commesse per le aziende europee, favorendo con i nostri soldi i concorrenti statunitensi. L’ennesimo “buon affare” dell’Europa vassalla.
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