Il caso
Rupnik gate: ombre su trasparenza di Chiesa e Gesuiti
Il superiore dei Gesuiti smentito da se stesso sulla condanna di padre Marko Rupnik finito al centro di uno scandalo dai contorni ancora non chiariti. La vicenda sta gettando sospetti sulla trasparenza della Chiesa e della Compagnia di Gesù. Le zone d'ombra sono ancora tante: non c'è solo l'indagine conclusa con la prescrizione, ma anche la scomunica per assoluzione del complice, come rivelato dal blog "Messainlatino". Una scomunica lampo, revocata perché il celebre artista ha detto di essersi pentito. Ma chi ha revocato la scomunica? Per delitti di questo tipo è riservata a pochi, tra cui il Papa.
Ecclesia
16_12_2022
Sul caso Rupnik "non abbiamo nascosto nulla”, aveva detto il preposito generale dei Gesuiti, padre Arturo Sosa Abascal. L'altro ieri, però, è stato smentito: da se stesso. Il "papa nero", infatti, incalzato in conferenza stampa dalla corrispondente dell'Associated Press, Nicole Winfield, ha dovuto ammettere l'esistenza di una precedente condanna alla scomunica latae sententiae nei confronti di padre Marko Rupnik per l'assoluzione del complice nel peccato contro il sesto comandamento secondo quanto previsto dalla disciplina della Chiesa nel Codice di diritto canonico.
Il processo canonico iniziò nel 2019 e si sarebbe concluso nel 2020 con la scomunica comminata dall'allora Congregazione per la dottrina della fede e confermata da padre Sosa. Una scomunica che successivamente è stata revocata perché, ha sostenuto il preposito dei gesuiti, Rupnik si sarebbe pentito. Smentendo i contenuti della sua precedente intervista al portoghese 7margens e gettando ombre anche su quelli della nota della Domus Interprovincialis Romanae, Sosa ha confermato in toto le indiscrezioni pubblicate dal blog Messainlatino.it.
Non c'era, infatti, solo l'indagine partita nel 2021 e conclusasi con una prescrizione ad ottobre del 2022 sulle accuse di alcune ex suore della Comunità Loyola relative a fatti avvenuti ad inizio anni '90 a Lubiana, ma anche un'altra indagine precedente per l'assoluzione di complice in confessione. Una circostanza già rivelata da Messainlatino.it e però ignorata nel comunicato datato 2 dicembre - ma uscito successivamente - della Compagnia di Gesù che si era limitato a parlare del caso prescritto ed aveva menzionato le "misure cautelari" ancora in vigore nei confronti dell'artista sloveno.
E non è vero – come aveva detto il provinciale dei gesuiti sloveni Miran Žvanut con un certo fastidio per gli articoli apparsi sul caso – che contro il suo confratello non c'era stata alcuna "sanzione da parte del Vaticano" perché per la vicenda dell'assoluzione della donna a Rupnik era stata irrogata addirittura la scomunica latae sententiae. Una scomunica lampo perché gli è stata ben presto revocata, come ammesso da Sosa e come aveva anticipato sempre Messainlatino.it. Il motivo? Il 'papa nero' ha detto a Winfield che la revoca è scattata perché l'artista sloveno ha riconosciuto di aver sbagliato e si è pentito.
Tutto qui? Pare di sì. Ma l'altro grande dubbio che resta in piedi in questo pasticciaccio brutto di borgo Santo Spirito è sapere chi ha effettivamente revocato la scomunica.
Nella rubrica "un sacerdote risponde" tenuta sul sito delle Edizioni Amici Domenicani, padre Angelo Bellon, alla domanda di un fedele internauta proprio su questo tipo di delitto, ha risposto che "questa scomunica è severissima perché è riservata alla Sede Apostolica (e) ciò significa che per farsela togliere è necessario ricorrere al Papa, e concretamente alla Penitenzieria Apostolica, che fa le veci del Papa". A sostenere sin dall'inizio che a togliere la scomunica a Rupnik sarebbe stato il Pontefice è stato il sito Messainlatino.it, il primo a dare notizia di questo secondo procedimento non menzionato nel comunicato dei gesuiti. Questo punto, però, è l'unico tra quelli fatti emergere dal popolare blog che non ha ancora trovato riscontro nelle dichiarazioni del preposito dell'ordine.
A Winfield che gli chiedeva se il Papa fosse a conoscenza del dossier Rupnik, padre Sosa ha detto di non poter dire "né sì né no" pur ammettendo di poter "immaginare che il prefetto abbia parlato col Santo Padre" perché "in genere i capi dicastero" non lo tengono all'oscuro.
Ieri, però, un colpo di scena è arrivato sulle pagine di Vida Nueva Digital, una rivista in lingua spagnola molto vicina a Francesco che ad essa ha affidato anche la pubblicazione in esclusiva di una sua riflessione sulla rinascita post-Covid-19.
In un articolo, il giornalista José Beltrán ha sostenuto di aver consultato fonti vaticane che avrebbero smentito con forza non solo un intervento papale nel rimuovere la scomunica ma addirittura che Bergoglio abbia mai avuto accesso al dossier Rupnik.
"Il Santo Padre non conosce i dettagli delle denunce", hanno riferito le fonti consultate dalla rivista spagnola, lasciando anche balenare il sospetto che dietro la fuga di notizie sui due procedimenti ci sia la volontà di attaccare il Papa "presentandolo come occultatore come se sapesse la causa quando invece non lo è". L'articolo afferma con perentorietà che Francesco non c'entra con la revoca della scomunica e "ributta la palla" nel campo della Compagnia di Gesù sostenendo che il responsabile non può che essere o il vescovo o il vicario locale o proprio il superiore generale della congregazione, cioè padre Sosa. Vedremo se nei prossimi giorni si riuscirà a fare chiarezza sulle modalità di revoca della scomunica.
Intanto, il caso Rupnik e soprattutto la sua gestione comunicativa da parte della Compagnia rischia di creare un grave danno di credibilità alla battaglia per la trasparenza nella Chiesa. Se n'è reso conto il gesuita più in vista nella lotta contro gli abusi commessi dal clero, padre Hans Zollner, che ha preso le distanze dalla precedente difesa del suo preposito generale incentrata sulla prescrizione dei fatti del primo procedimento ammesso su Rupnik, quello nato dalle denunce delle ex suore della Comunità di Loyola. Il teologo tedesco, parlando della prescrizione, ha spiegato che "la questione legale non è l'unica" e ha chiesto di accertare le responsabilità di chi sapeva e "non è andato oltre".
La prescrizione dei fatti denunciati nel 2021 – anche tramite una lettera al Santo Padre che la rivista Left ha pubblicato – è successiva all'altro procedimento sull'assoluzione della donna con cui Rupnik avrebbe violato il sesto comandamento e alla scomunica prima irrogata e poi revocata. Dunque, nel momento in cui era finito sotto la lente d'ingrandimento della Compagnia e del Dicastero per la dottrina della fede "il modo di esercitare il ministero" dell'artista sloveno per i fatti denunciati nel 2021, sembra di capire che si era consapevoli del fatto che un anno prima lo stesso religioso aveva 'scampato' la scomunica per essersi detto pentito. Quelle "misure cautelari" che nel comunicato dei gesuiti sembrerebbero attribuirsi all'indagine sulle presunte molestie alle ex suore, in realtà potrebbero essere legate alla vicenda dell'assoluzione, precedente di un anno? Non è chiaro dalle parole di Sosa ma sappiamo che sono ancora in vigore: perché dovrebbero essere mantenute se si riferiscono ad un procedimento caduto in prescrizione?