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scandalo

Su Rupnik i gesuiti mettono una toppa peggiore del buco

Errori grossolani di comunicazione da parte della Compagnia di Gesù riguardo alle indagini sull'artista-teologo. Il preposito generale ridimensiona i fatti, ma i malumori non si placano, aggravati semmai dall'indiscrezione sulla scomunica latae sententiae ritirata "motuproprio" dal Papa. 

Ecclesia 12_12_2022
Nell'omelia per la III domenica di Avvento, padre Marko Rupnik si è ritrovato a commentare il brano in cui l’evangelista Matteo narra di Giovanni Battista rinchiuso in carcere per ordine del re Erode che dubita della messianità di Gesù Cristo. La sua contemplazione si sofferma sul fatto che il destino del Precursore anticipa quello di Cristo perché si trova in prigione in quanto l'uomo, da solo, si sente autorizzato a giudicare diversamente da come fa Dio.
 
Non sappiamo se la registrazione sia precedente allo scoppio del caso che lo riguarda, ma fatto sta che anche questa domenica la riflessione sul Vangelo festivo di Rupnik è stata puntualmente pubblicata sul canale Youtube del Centro Aletti. E questo sebbene sia ancora in vigore il divieto a lui inflitto di esercitare attività pubbliche senza il permesso del superiore locale: l'omelia su internet non viene considerata tale oppure viene settimanalmente accordato il permesso?
In ogni caso, quelle che nel comunicato della Domus Interprovincialis Romanae della Compagnia di Gesù sono state definite «misure cautelari» rappresentano la parte forse meno rilevante della vicenda.
 
A far discutere, infatti, è soprattutto la gestione che è stata fatta dell'indagine sull'artista-teologo sloveno sia da parte della Santa Sede che da parte dell'ordine religioso. Dopo gli scandali di questi ultimi due decenni, la Chiesa cattolica non può permettersi scivoloni sul fronte della trasparenza nei casi di abusi, sia che le vittime siano minori sia che non lo siano. Così come non può permetterseli la Compagnia di Gesù che con padre Hans Zollner esprime il volto simbolo nell'impegno universale della Chiesa per la protezione e la prevenzione dagli abusi. Il gesuita tedesco, peraltro, ha più volte insistito sulla necessità di essere più sinceri rispetto ai «crimini del passato».
 
Per questo hanno suscitato un certo sgomento nell'opinione pubblica le risposte del preposito generale, Arturo Marcelino Sosa Abascal al giornalista di 7Margens António Marujo al quale ha ribattuto che quanto contestato a Rupnik era «prescritto» e dunque «non c'è qualificazione delle vittime» ma piuttosto «un sospetto di fatti che è andato oltre i limiti di ciò che si fa tra adulti».  
Dello stesso tenore le dichiarazioni di Miran Žvanut, provinciale dei gesuiti sloveni, che ha perentoriamente sostenuto come il caso sia «chiuso perché i fatti sono stati superati», accusando poi gli organi di stampa che ne hanno scritto di aver gonfiato i fatti con «molte falsità».
 
C'è da dire, però, che le ricostruzioni fatte dai giornali non hanno potuto attingere a dichiarazioni ufficiali dal momento che la notizia dell'esistenza di un'indagine su alcune condotte del gesuita, conclusa lo scorso ottobre dal Dicastero per la dottrina della fede, è divenuta pubblica solamente ad inizio dicembre con gli articoli del blog Silere Non Possum e della rivista Left che hanno riportato stralci di una lettera-denuncia di un'ex appartenente alla Comunità Loyola che parlava per la prima volta dei presunti "abusi psico-fisici-spirituali" di cui si sarebbe reso responsabile l'artista sloveno.
 
La prima conferma è arrivata nella già citata nota della Domus Interprovincialis Romanae dei gesuiti datata 2 dicembre – ma rilanciata dai media nei giorni successivi – nella quale si ammetteva che l'ex Sant'Uffizio aveva ricevuto nel 2021 una denuncia per «il modo di esercitare il ministero» di Rupnik e che a seguito di ciò aveva chiesto alla Compagnia di avviare un'indagine da cui era scaturita una relazione in base alla quale il Dicastero ha chiuso il caso nell'ottobre 2022, dichiarando prescritti i fatti. Nel comunicato si faceva per la prima volta menzione delle «misure cautelari» adottate dalla Compagnia nei confronti del gesuita e ancora in vigore. Misure che sembrerebbero non avergli impedito di essere protagonista di quei video Youtube che hanno attirato l'attenzione della ex suora e innescato le rivelazioni su Left e Silere Non Possum senza le quali, forse, non si sarebbe saputo del procedimento.
 
Padre Sosa ha difeso la mancata divulgazione della notizia dell'indagine su Rupnik e poi della sua prescrizione, sostenendo che si devono fare «dichiarazioni pubbliche quando (un fatto, ndr) è pubblico; quando non è pubblico, non c'è niente da fare e questo non significa nasconderlo". Il preposito generale dei gesuiti ha anche ridimensionato la gravità dei fatti contestati, tenendoci a precisare che non c'è alcun minore coinvolto e dichiarando che "questi sono problemi tra adulti».
 
La strategia comunicativa adottata dai vertici della Compagnia sul caso Rupnik non è piaciuta a tutti all'interno dell'ordine e si sono registrate autorevoli voci discordanti come quella dell'ex provinciale italiano Gianfranco Matarazzo che ha lamentato il fatto che «ci aggrappiamo alla prescrizione e... speriamo che tutto possa fermarsi qui». La ritrosia a chiarire tutti i punti della vicenda che vede coinvolto l'artista-teologo sloveno ha però avuto l'effetto di generare ulteriori domande: finora non c'è stata ancora alcuna smentita ufficiale sull'indiscrezione di Messainlatino.it relativa alla presunta esistenza di un ulteriore procedimento per l'assoluzione di un penitente complice in confessione per il quale – secondo le fonti del blog – il Dicastero per la dottrina della fede avrebbe emesso una sentenza di scomunica latae sententiae poi ritirata subito dopo.
 
In attesa che si sappia qualcosa anche in merito a quest'altro filone, resta il dubbio sul perché –  se è vero quanto detto dal capo dei gesuiti secondo cui «non esiste un processo che dica che c'è una vittima qui e una vittima là» essendo scattata la prescrizione sui fatti contestati dalle ex suore della Comunità Loyola e risalenti agli inizi degli anni '90 – la Compagnia abbia deciso di mantenere le «misure cautelari» nei confronti di Rupnik.  La prescrizione non consente di decretare se le accuse mosse contro l'artista sloveno siano vere o meno, lasciandolo in una sorta di limbo perché pur non avendo condanne canoniche si ritrova comunque a dover rispettare le misure cautelari – che in ogni caso nulla dovrebbero avere a che vedere con la prescrizione – impostegli dall'ordine.