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La buona battaglia del card. Cordes: rimettere Dio al centro

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Il porporato, morto a 89 anni, ha lasciato un'impronta indelebile nei pontificati di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI. Alle sue intuizioni si devono la Giornata Mondiale della Gioventù e l'enciclica Deus caritas est.

Ecclesia 16_03_2024

Il cardinale Paul Josef Cordes, deceduto ieri a Roma all'età di 89 anni nella Casa di Cura Pio XI – e di cui verrà celebrata la Messa esequiale lunedì alle ore 15 all'altare della Cattedra della Basilica di San Pietro –, sapeva bene che la nostra vita è in ogni istante nelle mani del Signore e lo è soprattutto nel momento della morte. Il titolo di presidente emerito del non più esistente Pontificio Consiglio Cor Unum è decisamente riduttivo per comprendere il contributo che il prelato originario dell'arcidiocesi di Paderborn ha dato alla Chiesa contemporanea. La sua impronta, spesso discreta ma sempre incisiva, è indelebile nei pontificati di San Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI. Alla sua intuizione, infatti, si devono due "capolavori" così diversi ma altrettanto rilevanti nella storia recente come la Giornata Mondiale della Gioventù e l'enciclica Deus caritas est.

Nel libro del profeta Daniele si legge che «i saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento; coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre». È lì, dunque, che immaginiamo Cordes se pensiamo alle numerose vocazioni e alle belle testimonianze di fede fiorite nelle famiglie coinvolte nei movimenti ecclesiali, prolifico serbatoio per il presente ed il futuro della Chiesa. Il porporato, infatti, "strappato" alla sua Germania nel 1980 da Giovanni Paolo II che lo volle vicepresidente del Pontificio Consiglio per i Laici divenne in breve tempo la testa d'ariete del Papa polacco per abbattere le resistenze curiali sulla "nuova primavera della Chiesa" rappresentata da movimenti e comunità. Questa missione portata brillantemente a compimento divenne evidente al Sinodo dei vescovi del 1987. Nel bel mezzo del braccio di ferro con il cardinale Carlo Maria Martini, critico sui carismi, Cordes si sentì agguantare il braccio dalla presa possente di Wojtyła che lo incoraggiò con tre parole da lui indimenticate: «continua la battaglia!».

Ma la buona battaglia del cardinale di Kirchhundem è stata soprattutto quella contro la dimenticanza di Dio della società contemporanea. Un allarme lanciato anche nelle tante interviste e negli interventi che Cordes ha concesso in questi anni alla Nuova Bussola Quotidiana. L'ammirazione per Joseph Ratzinger nacque proprio dall'attenzione che il futuro Pontefice dedicò sin dai primi scritti a questo tema. Cordes lo ha ricordato ai nostri lettori nell'ultima intervista che è riuscito a rilasciare, già molto malato, lo scorso gennaio. Sofferente per le conseguenze di un tumore e reduce dal Covid, l'anziano prelato non ha rinunciato a commemorare la figura di Benedetto XVI, maestro e anche amico sincero.

È grazie a questi due tedeschi, dal temperamento e dalle storie molto simili, se ha visto la luce un'enciclica come la Deus caritas est che insegna a non confondere la Chiesa con una Ong e ci avverte di quanto la vera carità non possa fare a meno di Dio. Vivendo a poca distanza l'uno dall'altro, accuditi amorevolmente da consacrate dei Memores Domini e con una fisioterapista in comune, Cordes e Ratzinger hanno rafforzato il loro legame negli anni successivi alla rinuncia. Non a caso nel 2020 il cardinale aveva "ereditato" la sedia a rotelle ed un orologio salvavita appartenuti all'amato fratello di Benedetto XVI, Georg. Nonostante gli acciacchi, Cordes aveva fortemente voluto raccogliersi in preghiera davanti alla salma di Ratzinger nella cappella del Mater Ecclesiae. La debolezza fisica non gli aveva permesso di concelebrare i funerali in piazza San Pietro. 

Un aneddoto di quel giorno può essere utile ad inquadrare il personaggio: di fronte all'amarezza di chi scrive per la scarna omelia  pronunciata poco prima da Francesco e per la mancata menzione del nome del defunto, Cordes si disse non d'accordo, convinto al contrario che a Benedetto XVI quell'omelia sarebbe piaciuta per i frequenti riferimenti al Signore. Mettere Dio al centro, sempre. Questa, come detto, la buona battaglia combattuta fino all'ultimo dal cardinale tedesco: mai contro qualcuno, ma contro qualcosa. Contro la dimenticanza di Dio in una società destinata a smarrirsi in quella direzione. Ratzinger aveva dato prova di conoscere molto bene il suo amico, creato cardinale nel 2007, quando di recente lo aveva definito «un uomo dalla definitiva decisione» ed aveva lodato il «modello di fondo del suo pensiero, che è molto positivo proprio nelle sue negazioni: riconoscere Cristo, non nella forma della sottomissione alle opinioni e ai poteri dominanti, ma nella fede dei piccoli». Lo si notava nei suoi articoli lungamente e riccamente argomentati sui pericoli del Cammino Sinodale tedesco o sui ruoli di governo dei laici nella Chiesa, particolarmente significativi perché scritti da chi – come lui – aveva contribuito a rendere il laicato protagonista della nuova evangelizzazione. Prudente, ma mai pauroso, Cordes non rifuggiva la vis polemica ed ha rappresentato in questi anni una voce autorevole in cui identificarsi per i fedeli tedeschi disorientati dalle spinte oltranziste di una parte dell'episcopato.

L'esperienza e il credito che poteva vantare lo hanno reso anche un punto di riferimento per tanti vescovi e religiosi conosciuti nel corso di più di sessant'anni di sacerdozio. Monsignor Georg Gänswein, ad esempio, ha continuato a sentirlo telefonicamente fino a pochi giorni fa. In una dichiarazione rilasciata alla Nuova Bussola, l'ex segretario personale di Benedetto XVI ha così omaggiato la memoria del porporato defunto: «Ricordo il cardinale Cordes anzitutto come uomo che amava la Chiesa e che si impegnava per il Vangelo opportune et importune. Spendeva le sue forze per Cristo e la predicazione della Parola di Dio. Amava i giovani. Il suo grande amore e la sua vera passione erano i movimenti ecclesiali. Li aiutava con decisione e perseveranza a trovare il loro posto giusto nell'organismo della Chiesa universale. È ritenuto uno dei "padri spirituali della Giornata Mondiale della Gioventù"». Parole, quelle di monsignor Gänswein, che arrivano da chi lo ha conosciuto bene e non lo ha abbandonato nell'attraversamento della "valle oscura della malattia". Usando l'inflessione teutonica e l'ironia un po' romana, il cardinale Cordes era solito dire «non sembra, ma sono vecchio». Coi suoi occhi celesti incapaci di invecchiare potrà ora contemplare la luce radiosa del volto di quel Dio già centro e fine della sua vita terrena. Ruhe in Frieden, Eminenz!

13 marzo 1985:  mons. Paul Josef Cordes al Campo Santo Teutonico con l'allora cardinal Ratzinger (per gentile concessione di mons. Stefan Heid)

 



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