Miguel Uribe, ucciso l'astro nascente del conservatorismo colombiano
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Colombia: Miguel Uribe, conservatore, oppositore del presidente di estrema sinistra Gustavo Petro, è morto a seguito delle ferite riportate nell'attentato del 7 giugno scorso. Torna la violenza politica nel paese sudamericano.

«Il male distrugge tutto; hanno ucciso la speranza», così, in Colombia, l’ex presidente Alvaro Uribe commenta la morte del giovane senatore Miguel Uribe, stesso cognome e stesso partito, ma non suo parente. Alvaro Uribe è stato condannato a 12 anni di arresti domiciliari per “intimidazione di testimoni”. Miguel Uribe è morto per le ferite riportate in un attentato del 7 giugno scorso.
Miguel era l’astro nascente del partito Centro Democratico, conservatore, che si oppone al presidente di estrema sinistra Gustavo Petro. I sondaggi lo davano vincente nelle elezioni presidenziali che si terranno l’anno prossimo. La sua carriera e la sua vita sono state stroncate all’improvviso, il 7 giugno, da un ragazzino minorenne, 14 anni al momento dell’attentato. Durante un comizio, gli ha sparato con una pistola calibro 9, due colpi lo hanno centrato alla testa. Dopo 66 giorni di agonia, l’11 agosto è morto, lasciando la moglie Maria Claudia Tarazona che aveva organizzato per lui veglie di preghiera, tutti i giorni.
Miguel Uribe era nipote dell’ex presidente Julio César Turbay (1978-1982). Una famiglia che ha pagato sempre caro il suo impegno in politica. La madre, la giornalista Diana Turbay, fu rapita nel 1990 da Los Extraditables, un’alleanza creata dai principali cartelli della droga ai tempi in cui imperversava ancora Pablo Escobar. La Turbay venne tenuta in ostaggio dai narcotrafficanti per cinque mesi prima di essere assassinata durante un fallito tentativo di salvataggio.
Ora che anche il figlio è stato ucciso, pur in circostanze molto diverse, si teme che la Colombia possa precipitare di nuovo negli anni bui della violenza politica, come negli anni ’80 e ’90, quando narcotrafficanti e terroristi rossi delle Farc-Eln facevano a gara a chi fosse più violento e destabilizzante.
Negli ultimi decenni, gli indicatori di sicurezza della Colombia sono notevolmente migliorati e nel 2016 è stato raggiunto uno storico accordo di pace tra il governo e le Farc, ottenuto anche grazie alla mediazione di Papa Francesco. Nel 2024, la Colombia ha registrato un tasso di omicidi pari a 25,4 ogni 100mila abitanti, nel 1990 (anno del rapimento della madre di Uribe) il tasso di omicidi era di 70 ogni 100mila abitanti. Tuttavia, il livello di criminalità della Colombia rimane tra i più alti della regione, insieme a quelli di Ecuador, Brasile e Honduras. Ci sono intere regioni della Colombia dove il governo non può metter becco, dove le forze dell’ordine non entrano. E dove gang di narcotrafficanti e terroristi mai pentiti delle Farc, continuano a combattere per contendersi il territorio.
Miguel Uribe aveva criticato duramente la politica di Petro in materia di sicurezza durante la sua campagna elettorale. «Il monopolio dello Stato sta tornando», aveva dichiarato il senatore Uribe su X due giorni prima di essere colpito, promettendo di riprendere il controllo di tutte le regioni del paese, se fosse stato eletto alle elezioni presidenziali del prossimo anno. «I criminali avranno una sola strada: arrendersi alla giustizia». E dei criminali lo hanno assassinato.
Ma quali criminali? Chi ha armato la mano del giovanissimo assassino? Il ragazzino che ha sparato al senatore Uribe, una volta arrestato, ha ammesso di essere stato pagato per assassinarlo. Altre tre persone sono state arrestate, ma non si è ancora giunti a capire chi sia il mandante. C’è una pista più accreditata delle altre, che porta al terrorismo rosso. «Tutto indica che l’attacco al senatore Miguel Uribe sia stato ordinato dai dissidenti della Seconda Marquetalia», ha dichiarato la scorsa settimana in una conferenza stampa il generale Carlos Triana, capo della polizia nazionale. La Seconda Marquetalia è costituita dai veterani delle Farc che non si sono mai arresi e hanno respinto l’accordo del 2016.
L’assassinio di Miguel Uribe ha scosso anche gli Stati Uniti, proprio nel periodo in cui i rapporti fra Petro e Trump sono molto tesi. Il presidente americano ha infatti posto una taglia su Nicolas Maduro, presidente del Venezuela e accusato di essere un narcotrafficante. Petro risponde dichiarando che, in caso di intervento militare Usa in Venezuela, dichiarerebbe guerra agli Stati Uniti. Già all’inizio dell’anno, per non aver voluto ricevere emigranti clandestini respinti dagli Usa, la Colombia aveva subito dure sanzioni economiche da parte di Washington e aveva dovuto piegarsi alle richieste di Trump. Chiaramente l’amministrazione repubblicana sperava in un cambio di presidente nel 2026 e contava su Uribe. Ora non ha più un alleato politico.
«Avendo visto in prima persona i progressi compiuti dalla Colombia negli ultimi decenni per consolidare la sicurezza e la democrazia - ha scritto il Segretario di Stato Marco Rubio su X - il paese non può permettersi di tornare ai giorni bui della violenza politica».