Ddl Bazoli, il progetto di una legge ingiusta
La giustizia o l’ingiustizia di una legge non si valuta sulla base della sua coerenza con pronunce della Corte Costituzionale. Né una legge è resa giusta dai suoi artifici linguistici, vedi le norme su aborto, Dat, fecondazione artificiale… Al di là dei proclami, il Ddl sul suicidio assistito autorizza l’aiuto statale ad un atto violento e malvagio. Va rigettato in toto.
Concludiamo l’analisi (leggi QUI, QUI, QUI, QUI e QUI le prime cinque puntate), da parte del magistrato Giacomo Rocchi, del testo unificato Bazoli-Provenza sul suicidio assistito. Nel seguente articolo si esamina il progetto di legge come approvato dall’Aula della Camera (che ha modificato il testo uscito dalle Commissioni II e XII di Montecitorio) e ora all’esame del Senato.
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Come si valuta la giustizia o l’ingiustizia di una legge? Non certo sulla base della sua corrispondenza ad un auspicio della Corte Costituzionale e nemmeno fidandosi degli artifici linguistici del legislatore che nascondono la regolamentazione effettiva.
Non è certamente il proclama che “lo Stato tutela la vita umana dal suo inizio” a rendere giusta la legge 194, che ha permesso l’uccisione indiscriminata di milioni di bambini; nemmeno il richiamo alla “tutela del diritto alla vita” dell’art. 1 della legge 219 del 2017 cancella la possibilità, riconosciuta da quella legge, di far morire bambini e incapaci perché deciso da altri soggetti, togliendo loro cure e sostegno vitale oppure persone in stato di incoscienza sulla base di uno scritto redatto molti anni prima.
Anche il progetto di legge in materia di “morte volontaria medicalmente assistita” si fa lustro del rispetto “dei principi della Costituzione, della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea” (art. 1) e assicura che le strutture del Sevizio sanitario nazionale operano nel rispetto della tutela della dignità e dell’autonomia della persona e della qualità della vita fino al suo termine (art. 2): ma la sostanza non cambia, viene autorizzato l’aiuto statale ad un atto violento, malvagio, profondamente antisociale ed egoistico.
Colpisce la somiglianza di un passo dell’art. 1 del progetto di legge con il primo articolo della legge 40 del 2004 sulla fecondazione artificiale; anche allora la domanda cui il legislatore doveva rispondere era netta: autorizzare o vietare quelle pratiche di produzione dell’uomo, che tanti morti e tanti danni comportano? La risposta del legislatore fu quella di autorizzarle “alle condizioni e secondo le modalità previste dalla presente legge”; le conseguenze le conosciamo. Allo stesso modo, il progetto di legge attribuisce la facoltà di richiedere assistenza medica al fine di porre fine alla propria vita (cioè il diritto all’aiuto al suicidio), “alle condizioni, nei limiti e con i presupposti previsti dalla presente legge”; quei “paletti” destinati a piegarsi e a cadere, utili soltanto a nascondere il principio di fondo: la disponibilità della vita umana, l’approvazione dello Stato e della società verso la morte dei propri componenti più fragili e sfortunati.
Nessuna modifica o aggiustamento cambierà la sostanza di questa legge ingiusta.
6. Fine