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SUICIDIO ASSISTITO/1

Dalla morte agli ospedali, il Ddl Bazoli stravolge tutto

Da ieri di nuovo alla Camera, il testo unico Bazoli equipara il suicidio assistito alla “morte naturale”. Non è vero che il Parlamento è vincolato alla sentenza della Consulta, né a fare una legge. Con la quale le cose peggiorerebbero, perché il suicidio diverrebbe un diritto e la missione degli ospedali ne uscirebbe (dopo l’aborto) ulteriormente stravolta.

Vita e bioetica 10_03_2022

Pubblichiamo di seguito la prima puntata di un’analisi - scritta dal magistrato Giacomo Rocchi - del disegno di legge sul suicidio assistito (testo unificato Bazoli-Provenza, vedi QUI), di cui ieri è ripresa la discussione in Parlamento, nell’aula della Camera.

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MORTE NATURALE?

Partiamo da una norma apparentemente secondaria, nascosta nell’art. 5: “Il decesso a seguito di morte volontaria medicalmente assistita è equiparato al decesso per cause naturali a tutti gli effetti di legge”.

Perché è significativa? Perché fa riferimento alla “morte naturale” e pretende di equiparare un suicidio - cioè un atto con cui un uomo si uccide - a questo evento naturale.

Vediamo come il suicidio viene definito nel titolo della legge: “Disposizioni in materia di morte volontaria medicalmente assistita”. Non vi ricorda un’altra legge? Certo, la legge 40 del 2004 sulla fecondazione artificiale! Quella legge contiene “Norme in materia di procreazione medicalmente assistita” e prevede che “i nati a seguito dell’applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita hanno lo stato di figli della coppia che ha espresso la volontà di ricorrere alle tecniche”.

Concepimento, morte: l’intero arco della vita dell’uomo! Gli uomini hanno sempre saputo di essere concepiti e di venire alla luce se e quando la natura e la Provvidenza stabiliscono e di morire quando la natura e la Provvidenza dispongono; invece, no: la legge e la tecnica ti insegnano che l’uomo viene prodotto se e quando altri uomini, pagando, desiderano; che viene alla luce soltanto se qualcuno non decide di non farlo nascere; che muore quando e nel momento in cui lo decide (o crede di deciderlo).

Come non vedere in questo progetto di legge una portata simbolica fortissima? Il completamento di un disegno: è “normale”, è “naturale” produrre con la tecnica embrioni e uccidere bambini non ancora nati, così come è “normale” - anzi: “naturale” - quindi “buono”, anzi: “doveroso”, consentire la morte delle persone quando ritengono (o quando altri ritengono) che sia arrivato il momento “giusto”.

DA DELITTO A DIRITTO

Molti sostengono che una legge è inevitabile e doverosa perché è stata la Corte Costituzionale a sollecitarla. Non c’è dubbio che la Corte ha ribadito “con vigore” l’auspicio di una legge, ma si tratta di invito in nessun modo vincolante per il Parlamento. Del resto, la Corte aveva auspicato una legge anche in precedenza, salvo poi prendere atto che nessuna legge era stata approvata.

Cosa cambierà a seguito dell’approvazione della legge rispetto alla situazione prodotta dalla sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato parzialmente illegittima la norma sull’aiuto al suicidio? Sulla base di quella sentenza i giudici possono ritenere non punibile chi ha aiutato una persona a suicidarsi, se ricorrono determinate condizioni: il singolo caso di aiuto al suicidio verrà valutato dal giudice che, eventualmente, assolverà l’imputato (come è avvenuto per Cappato per il suicidio assistito di Fabiano Antoniani e di Davide Trentini); l’assoluzione - per quanto deprecabile - non coinvolgerà l’intera struttura sanitaria pubblica e il personale medico.

Con una legge cambia tutto: lo Stato avrà l’obbligo di garantire il diritto di certe persone ad essere aiutate a suicidarsi. Lo vediamo dall’art. 5 del progetto, secondo cui “resta ferma (…) la possibilità per la persona che abbia richiesto la morte volontaria medicalmente assistita di ricorrere al giudice territorialmente competente”, appunto per far valere il suo diritto; ma anche dall’art. 6, in base al quale “gli enti ospedalieri pubblici autorizzati sono tenuti in ogni caso ad assicurare l’espletamento delle procedure previste dalla presente legge. La regione ne controlla e garantisce l’attuazione”: quindi un obbligo per la sanità pubblica (la norma è identica a quella prevista per l’aborto volontario). Lo stesso articolo 6, che regola l’obiezione di coscienza del personale sanitario, fa comprendere che medici e infermieri saranno obbligati a partecipare alle procedure che si concluderanno con la morte a meno che non presentino la dichiarazione.

Sappiamo, però, che i diritti tendono ad espandersi e i limiti al loro esercizio spesso cadono: qualcuno ricorda i paletti alla fecondazione artificiale?

Rendiamoci conto: con questa legge si affermerà pubblicamente e coattivamente che è bene ed è giusto che alcune persone che desiderano morire siano aiutate a farlo dallo Stato, purché si trovino in certe condizioni; lo Stato dirà espressamente a quelle persone: “Non mi servi, non mi importa di te, se muori non cambia nulla, la tua sofferenza non serve alla società; anzi: è meglio che tu muoia!”

IN OSPEDALE SI UCCIDE

Tutti sappiamo che l’ospedale è luogo di sofferenza e di morte; ogni ospedale ha il suo obitorio, spesso posizionato in un luogo fisicamente distante dai reparti; la medicina arriva fino a un certo punto, ma spesso deve arrendersi alla malattia: è naturale! La maggior parte degli ospedali ha anche una cappella, dove si prega per i malati e anche per coloro che sono morti.

Dove posizioneranno il reparto in cui si aiuteranno le persone a suicidarsi? Sì, perché, in base all’art. 9 del progetto di legge, il Ministro della Salute dovrà “individuare i requisiti delle strutture del Servizio sanitario nazionale idonee ad accogliere le persone che fanno richiesta di morte volontaria medicalmente assistita”; e, poiché, come abbiamo già visto, gli enti ospedalieri pubblici sono tenuti a garantire il “servizio”, sarà inevitabile vedere, all’ingresso degli ospedali, insieme all’indicazione dei vari reparti (Chirurgia, Medicina generale ecc.) anche la freccia che indicherà: “Morte volontaria medicalmente assistita”; chissà, forse sarebbe logico posizionare quel reparto accanto all’obitorio…  

Sia chiaro: nessuno stupore! Da più di 40 anni, in ospedale, si uccidono i bambini non ancora nati e da quasi 20 anni si producono centinaia di embrioni destinati alla morte quasi certa o al congelamento a tempo indeterminato. Eppure, si rimane stupiti di fronte alla parabola di questa istituzione, a questo esito della sua storia gloriosa. Avverrà - lo si comprende dall’art. 5, comma 7 del progetto, secondo cui il decesso deve avvenire presso il domicilio del paziente “o, laddove ciò non sia possibile, presso una struttura ospedaliera” - che alcune persone entreranno in ospedale per suicidarsi, aiutati da medici e infermieri!

Avverrà anche - è facile prevederlo - che certi pazienti, ricoverati in reparti “ordinari”, ad un certo momento verranno fatti salire su una barella e portati, non in una sala operatoria, ma in “quel” reparto: quello dove si entrerà vivi e si uscirà morti.

  1. Continua