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pellegrinaggio

Da 95 Paesi per pregare (in latino) sulla tomba di Pietro

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Ancora una volta il Populus Summorum Pontificum ha radunato a Roma i fedeli da tutto il mondo legati al rito antico, più vivo che mai. L'omelia del card. Müller e un'immagine di unità tra i popoli nell'amore di Cristo.

Ecclesia 28_10_2024

Con la Santa Messa celebrata da mons. Marian Eleganti, vescovo emerito di Coira, nella parrocchia personale di Trinità dei Pellegrini si è conclusa la XIII edizione del pellegrinaggio ad Petri sedem del Populus Summorum Pontificum (25-27 ottobre): dal 2012 convengono annualmente nella Città Eterna realtà ecclesiali e pellegrini legati alla liturgia tradizionale provenienti da tutto il mondo per pregare sulla tomba di Pietro e manifestare così la comunione con la Chiesa universale.

Come negli anni scorsi il pellegrinaggio è stato preceduto dal 9° incontro di Pax Liturgica, che si è svolto nella giornata del 25 ottobre presso l’Augustinianum, alla presenza dei cardinali Gerhard Ludwig Müller e Robert Sarah e di mons. Eleganti (dell’incontro e del pellegrinaggio ha offerto una puntuale fotocronaca il blog Messainlatino.it, oltre a una sintesi degli interventi). Quindi nel pomeriggio il pellegrinaggio ha avuto ufficialmente inizio con i vespri nella Basilica di  Santa Maria ad Martyres (Pantheon) officiati da mons. Eleganti. Sabato mattina l'imponente processione, partendo dalla Basilica dei Santi Celso e Giuliano verso San Pietro per il momento centrale del pellegrinaggio che ha radunato circa 800-900 persone secondo le prime stime.

Partecipazione ancor più significativa negli ultimi anni, dopo che il motu proprio Traditionis Custodes ha abolito il Summorum Pontificum (ma non certo il popolo che vi si riconosce) e imposto drastiche restrizioni al rito antico fin dentro la Basilica vaticana: per questi fedeli è aperta, sì, ma non del tutto, poiché dallo scorso anno nel momento (e nel luogo!) culminante del pellegrinaggio è concessa loro l’adorazione eucaristica ma niente Messa all’altare della Cattedra. Ma da quali intenzioni è animato questo fiume di gente desiderosa di pregare in latino e secondo un rito che periodicamente si vorrebbe rottamare? Il pellegrinaggio, si legge nel sito del Populus Summorum Pontificum, raduna «fedeli, preti e religiosi di tutto il mondo, che intendano partecipare alla nuova evangelizzazione al ritmo della forma extraordinaria del rito romano» e «testimoniano l’eterna giovinezza della liturgia tradizionale».

«Siamo, molto semplicemente, cattolici che hanno compreso come la soluzione della crisi della Chiesa sia lasciare da parte il cibo inconsistente che ha affamato e indebolito l'ecumene negli ultimi cinquant'anni, come tutte le indicazioni sociologiche dimostrano, e ritornare al pasto sostanzioso che ha nutrito abbondantemente la Chiesa per quasi duemila anni»: così Rubén Peretò Rivas, direttore del Centro Internazionale di Studi Liturgici, ha aperto l’incontro di venerdì. Ma ancora più forte parlano le storie di chi attraverso la bellezza della liturgia ha trovato la via del ritorno “a casa”, nel seno della Chiesa: è il caso di Yeng Pin Chan, giovane stilista cinese, cresciuta in una famiglia atea, che nel 2021 a Londra si è imbattuta in un “nuovo mondo” nella Messa (sia novus ordo sia in rito antico) celebrata al Brompton Oratory. A condurvela è stato il suo fidanzato italiano, a sua volta ritornato alla fede “per via liturgica”. In breve, grazie a queste Messe Yeng Pin Chan ha scoperto di Chi fosse il cuore che batteva dentro quell’arte cristiana che lei già ammirava. E nel 2023 è stata battezzata col nome di Elena.

Nella sua relazione il card. Müller ha ricordato la responsabilità dei pastori di tramandare il depositum fidei senza cedere alle mode. A questo compito è vincolata l’infallibilità del Papa, contro la falsa accusa protestante che confonde l’infallibilità con l’arbitrio. Nell’omelia di sabato, durante l’adorazione e la benedizione eucaristica in San Pietro, Müller ha sottolineato che «al termine del pellegrinaggio ad Petri Cathedram noi adoriamo Cristo, il Figlio del Dio vivente»,  richiamando l’attenzione sulla radicale «differenza tra fede e ideologia. Il cristianesimo non è una teoria astratta sulle origini del cosmo e della vita, o un’ideologia per migliorare la società, ma l’incontro con una Persona», cioè Cristo che come duemila anni fa, «oggi parla direttamente a ciascun individuo attraverso l’insegnamento della Chiesa» e «nei sette sacramenti ci dona la sua grazia». Benché la secolarizzazione spinga a «vivere come se Dio non ci fosse» gli amari frutti di questa prospettiva esistenziale si sono già manifestati nelle ideologie del Novecento e in quelle attuali: «Il nazismo e il fascismo in Germania e in Italia, il comunismo in Cina, il consumismo capitalista e le ideologie del gender e del transumanesimo hanno trasformato il mondo in un deserto nichilista». Al contrario, «il cristianesimo è la religione della verità e della libertà, dell’amore e della vita».

Non «guardiani di musei», ma «credenti legati a Gesù da un’amicizia personale», è stata l'esortazione di Müller. E a giudicare dai giovani presenti e dalle numerose famiglie con bambini, di guardiani di musei ce n'erano ben pochi. E a Cristo riconducono le «magnifiche testimonianze della cultura greco-romana cristianizzata alle cui fonti attingiamo. È la sintesi di fede e ragione, aperta a tutte le culture, che si è manifestata nel Logos, cioè in Gesù Cristo», fonte dell’«umanizzazione del mondo» scaturita dal cristianesimo e della pace cui i cristiani sono chiamati a contribuire. «Se l’antica Roma rappresentava l’idea di pace tra i popoli sotto il dominio della legge, la Roma cristiana incarna la speranza dell’unità universale di tutti i popoli nell’amore di Cristo».

Speranza condensata nella colletta della Messa di Cristo Re (che nel calendario tradizionale ricorre l’ultima domenica di ottobre), con cui ieri a Trinità dei Pellegrini si è concluso il pellegrinaggio: «che la grande famiglia umana, disgregata dal peccato, si sottometta al dolcissimo imperio di Lui» («ut cunctæ famíliæ géntium, peccáti vúlnere disgregátæ, eius suavíssimo subdántur império»). Unità tra i popoli nell’amore di Cristo simbolicamente prefigurata anche dalle 95 bandiere nazionali (quelle di ciascun Paese in cui viene celebrata almeno una Messa in rito antico) che sabato mattina sfilavano verso San Pietro, verso il cuore della Roma cristiana. Un’immagine che vale più di mille discorsi sulla pace, insieme alla riprova, ancora una volta, di quanto scriveva a suo tempo Benedetto XVI, ovvero che «anche giovani persone scoprono questa forma liturgica, si sentono attirate da essa e vi trovano una forma, particolarmente appropriata per loro, di incontro con il Mistero della Santissima Eucaristia». Tra i numerosi fedeli che ieri erano inginocchiati persino all'esterno di Trinità dei Pellegrini l'età media si aggirava sui trent'anni. Chi si aspettava una invasione di “barbari indietristi” è rimasto deluso.