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UNPLANNED A SANREMO

Vescovi spettatori dell'aborto nel "tempio" dell'Ariston

Venerdì 29 luglio, al Teatro Ariston, sarà proiettata la pellicola basata sulla storia vera di Abby Johnson, l’ex direttrice di una clinica di Planned Parenthood convertitasi alla causa pro vita dopo aver assistito a un aborto. Attesi cinque vescovi, tra cui mons. Suetta, che parla alla Bussola elogiando il valore culturale dell’iniziativa. Tanti i giovani coinvolti.

Esteri 28_07_2022

Da quando, nella primavera di tre anni fa, ha fatto il suo debutto nelle sale, non ha avuto vita facile, tra censure e ostacoli di vario tipo. Eppure, sebbene bistrattato da catene di distribuzione e media mainstream, Unplanned ha riscontrato un successo di pubblico ben al di là delle aspettative, spesso registrando il tutto esaurito. Merito di una pellicola basata su una storia vera e con un ottimo ritmo narrativo, che ricostruendo la vicenda della protagonista Abby Johnson - interpretata dalla brava Ashley Bratcher - espone in modo obiettivo le due opposte visioni sull’aborto.

Con queste premesse è perciò tanto più significativo l’evento in programma domani sera, venerdì 29 luglio, quando Unplanned - distribuito in Italia dalla Dominus Production di Federica Picchi - verrà proiettato nientemeno che al Teatro Ariston di Sanremo (con inizio alle 20.45). Il film, diretto da Cary Solomon e Chuck Konzelman, è doppiato in italiano da Emanuela Rossi e Luca Ward.

Alla proiezione è prevista la presenza del vescovo di Ventimiglia-San Remo, monsignor Antonio Suetta, e di altri quattro confratelli nell’episcopato: mons. Guglielmo Borghetti (vescovo di Albenga-Imperia), mons. Calogero Marino (vescovo di Savona-Noli), mons. Vittorio Lupi e mons. Alberto Maria Careggio (vescovi emeriti, rispettivamente, di Savona e Ventimiglia). La significativa presenza dei vescovi dà conto di come l’evento si apra naturalmente a tutto il Ponente ligure.

L’organizzazione si sta avvalendo della dedizione di tanti volontari, che credono nell’alto valore culturale e pedagogico dell’iniziativa. Tra loro, ragazzi e ragazze impegnati in questi giorni a percorrere le strade e le spiagge di Sanremo per esortare altri coetanei (dai 14 anni in su, permanendo il divieto alla visione sotto questa età), anche attraverso la campagna «Giovani per i giovani», a partecipare all’evento culturale.

Un evento del cui valore è convinto per l’appunto mons. Suetta, che spiega alla Bussola di aver già potuto vedere e apprezzare la pellicola nell’originale in inglese, perciò di essere certo dell’importanza di divulgarla. «La difesa della vita nascente è un tema che non deve essere lasciato nell’indifferenza e nell’apatia in cui oggi è purtroppo confinato. Anche perché sono convinto che vi sia una sorta di congiura da parte di una grande fetta del mondo politico e istituzionale affinché non si parli di questo», afferma il vescovo di Ventimiglia. «Questo film - aggiunge il presule al telefono - è un modo per aiutare le persone ad entrare nella questione drammatica dell’aborto, non soltanto creando delle tifoserie, tra chi è pro e chi è contro, ma accostandosi al tema in maniera attenta e documentata, attraverso la storia vera della protagonista e la sua esperienza diretta di lavoro in una clinica per aborti».

Abby Johnson, oggi quarantaduenne, aveva iniziato a collaborare con la Planned Parenthood - la più grande organizzazione fornitrice di aborti negli Stati Uniti - convinta dall’idea che l’aborto dovesse essere «sicuro, legale e raro» (il copyright o, almeno, l’uso comune dello slogan si deve a Bill Clinton). Prima volontaria, poi dipendente del colosso abortista, promossa infine a direttrice della clinica di Bryan, in Texas, dove si trovò a vendere aborti come fossero una delle varie offerte a scadenza di tante compagnie di telefonia, luce o gas. Nel 2008, Planned Parenthood la premiò quale «dipendente dell’anno». L’anno seguente, la svolta: a causa di una carenza di personale, Abby fu chiamata ad aiutare il medico in un aborto guidato dagli ultrasuoni, su una donna alla tredicesima settimana di gravidanza. Per la prima volta vide, nello schermo, la lotta disperata di un bambino per non finire aspirato dalla cannula introdotta nel grembo materno. Per Abby fu lo svelamento della menzogna in cui aveva creduto. Il resto è una storia di misericordia, dai fili visibili e invisibili, che il film mostra in modo meritorio e che è alla base della conversione e della forza di Abby nell’opporsi a una delle più potenti organizzazioni degli Usa e del mondo.

È bello che una pellicola così venga proiettata in uno scenario prestigioso come l’Ariston, rappresentando una scelta controcorrente rispetto alle performance “politicamente corrette” e perfino blasfeme (vedi qui e qui) che hanno segnato alcuni degli ultimi Festival. Ed è bello che sia sostenuta da più vescovi del territorio, visto che l’impostazione sottesa ad Unplanned - mostrare la verità, nella carità - è quella che dovrebbe orientare ogni proposta cinematografica dallo sguardo cristiano. Una merce rara, di questi tempi.