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Vescovi cattolici ridotti a funzionari della UE

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Che ci stanno a fare gli episcopati europei a Bruxelles? Domanda spontanea a giudicare dai due documenti in vista del voto, dove la Dottrina sociale scarseggia e trionfano i luoghi comuni.

Editoriali 20_03_2024
Foto Vatican Media/LaPresse

Cosa ci stanno a fare quei vescovi cattolici della Comece a Bruxelles? Non si può evitare questa domanda esaminando due loro recenti documenti prodotti in vista delle prossime elezioni del parlamento dell’Unione europea previste per giugno. La Comece è la Commissione degli episcopati europei presso l’Unione Europea, ha sede a Bruxelles, è presieduta dall’italiano Mons. Mariano Crociata, già segretario della CEI e vescovo di Latina, ed è composta da 24 vescovi in rappresentanza delle conferenze episcopali nazionali di cui quattro fanno le funzioni di vicepresidente. Il primo documento in parola è un Comunicato pubblicato il 13 marzo scorso con il titolo Per un voto responsabile che promuova i valori cristiani e il progetto europeo.  Il secondo è un Kit cattolico per i giovani europei, una bussola per i giovani chiamati a votare alle elezioni europee. A vedere cosa hanno prodotto ben 24 vescovi per l’occasione, si rimane molto imbarazzati per loro, se solo si conosce anche in modo rudimentale qualche minimo elemento di Dottrina sociale della Chiesa.

Si sa che l’Unione europea è in crisi e in stato confusionale. L’elenco delle sue magagne sarebbe lunghissimo. Il presidente Macron ha espresso la volontà di inserire il diritto all’aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, dopo averlo già inserito nella costituzione francese. In tutta l’Unione gli agricoltori protestano insofferenti per le politiche del Green New Deal voluto da Bruxelles che, inseguendo l’ideologia climatista del riscaldamento globale attribuito a cause umane, impone misure assurde e diseconomiche. I Paesi dell’Unione, chi più chi meno, sono invasi da un migrazionismo clandestino incontrollato mentre l’Islam raggiunge percentuali altissime in diverse città, imponendo la propria civiltà. Le istituzioni europee difendono e diffondono una cultura omogenea ispirata alla democrazia relativista e al soggettivismo narcisista che con i “nuovi diritti” uccide la famiglia e le altre dimensioni naturali della vita sociale. Le varie “transizioni” prefigurano un sistema sociale che con la digitalizzazione e l’intelligenza artificiale controllerà la nostra vita. La modifica dei Trattati rischia di accentuare il centralismo a scapito delle nazioni. Sulla questione della guerra in Ucraina l’Unione si trova spiazzata e subordinata a decisioni prese altrove. E l’elenco potrebbe continuare…

Davanti a questo vero e proprio smarrimento che provoca derive preoccupanti i 24 vescovi della Comece altro non sanno fare se non ribadire la validità del progetto europeo, ricordare che alla sua origine ci sono state personalità politiche cattoliche, invitare i cittadini a partecipare alle elezioni e «votare per persone e partiti che chiaramente sostengano il progetto europeo e che riteniamo ragionevolmente vorranno promuovere i nostri valori e la nostra idea di Europa, come il rispetto e la promozione della dignità di ogni persona umana, la solidarietà, l’uguaglianza, la famiglia e la sacralità della vita, la democrazia, la libertà, la sussidiarietà, la salvaguardia della nostra “casa comune”». L’invito a votare chi chiaramente sostiene il progetto europeo vorrebbe evitare il voto ai partiti critici, cosa che invece faranno molti cattolici esasperati da questa Unione. Il rispetto della persona umana è ormai un concetto polivalente e privo di significato dato che anche Macron vi si appella. La solidarietà, l’uguaglianza, la libertà, la sussidiarietà sono solo parole convenzionali e generiche se non le si sostanzia alla luce della Dottrina sociale della Chiesa. Nei Trattati, per esempio, la sussidiarietà è già prevista, ma non è quella del pensiero sociale cattolico. Non poteva mancare la difesa dell’ambiente (la “casa comune”) ma quanta ideologia oggi su questo fronte, nebbia ideologica che i vescovi della Comece nel loro comunicato non pensano a diradare. Infine, la famiglia e la vita: ma davanti alle sfide attuali è sufficiente limitarsi a citare le due parole in un elenco, o non era forse il caso di parlare un po’ più a voce alta e battendo qualche pugno sul tavolo? Questo comunicato ha tutto il sapore di un testo scritto da vescovi-funzionari, più burocrati che vescovi, asettico, scontato, freddo, allineato, timido e pauroso di scombinare qualche carta in tavola.

Il Kit per i giovani è ancora più scialbo e molle. Si tratta di cinque brevi finestre, tutte (a parte una) rigorosamente con citazioni di Francesco che riguardano la politica, la cittadinanza, il bene comune e la salvaguardia del creato, l’UE come comunità di appartenenza, il pensiero critico. Un suo giovane lettore è indotto a pensare che la Dottrina sociale della Chiesa sia un generico “vogliamoci bene e partecipiamo alle elezioni”. Nessuna questione seria emerge, non si parla di lavoro, di difesa della vita, di vera natura della democrazia, di biopolitica, di rapporti della politica con la morale, dei fondamenti dello stare insieme. Non si fa un bilancio critico del progetto europeo e non si forniscono valutazioni per il futuro.  E soprattutto non si parla mai di Dio e di Cristo. Acquetta al rosolio in pratica, con molte concessioni ai luoghi comuni coniati dal pensiero dominante: l’accusa al “populismo”, l’elogio ai “leader popolari”, l’attenzione all’uso dei social – argomento di cui non fa mai male parlare –, l’Unione Europea presentata come una “comunità”, il bene comune appiattito su quello ecologico, l’azione per il clima, il patetico lamento per la diminuzione dell’affluenza alle urne. E alla fine, naturalmente, da buoni funzionari, le indicazioni pratiche su come votare.