USA, la battaglia del farmacista per l’obiezione di coscienza
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Giunta in Appello la causa a danno di George Badeaux, farmacista del Minnesota, contrario a vendere “contraccettivi d’emergenza” potenzialmente abortivi. E in Italia la libertà di coscienza dei farmacisti è messa perfino peggio.
Negli Stati Uniti non passa giorno senza che vi sia una causa che tiene banco e riguardante lo scontro di idee sull’aborto, dunque sui bambini nel grembo materno. In questi giorni, oltre alla buona notizia proveniente dalla Corte d’Appello per il Quinto Circuito che ha messo in luce i pericoli del Mifeprex (la Ru486) e ordinato una serie di limitazioni, ne va segnalata un’altra per nulla buona, avendo a che fare con la persecuzione giudiziaria ai danni di un farmacista cristiano del Minnesota, nonché pastore locale, contrario a vendere i falsamente chiamati “contraccettivi d’emergenza”.
Lui si chiama George Badeaux e il suo caso risale al gennaio 2019, quando nel sistema informatico della farmacia per cui lavorava, la Thrifty White Pharmacy, giunse una ricetta per la cosiddetta “pillola dei cinque giorni dopo”, commercializzata con il nome di Ella (EllaOne, in Italia) e che avrebbe dovuto essere ritirata di lì a breve da Andrea Anderson, la donna che l’aveva richiesta. Poiché il magazzino ne era sfornito e avendo appurato che Ella ha non solo un’azione anti-ovulatoria ma anche possibili effetti abortivi (potendo impedire, in certi casi, l’annidamento dell’ovulo già fecondato), Badeaux telefonò alla donna per spiegarle che il prodotto sarebbe stato disponibile il giorno seguente, che lui non glielo avrebbe potuto dispensare personalmente, per via delle sue convinzioni, e perciò le suggeriva un paio di strade alternative: farsi servire all’indomani da un suo collega (non obiettore), ma col rischio che lo stesso collega non riuscisse a guidare fino al posto di lavoro a causa di una prevista tempesta di neve, oppure passare la prescrizione a un’altra farmacia. Alla fine la donna, pur manifestando un’evidente rabbia, optò per quest’ultima soluzione, guidando per 50 miglia per ottenere la pillola.
Dieci mesi più tardi, la donna ha intentato un’azione legale contro Badeaux e la stessa Thrifty White Pharmacy, nella quale si asserisce che l’uomo avrebbe messo in atto una discriminazione basata sul sesso e lasciato che la sua fede «interferisse con la sua capacità di svolgere il suo lavoro di professionista sanitario». Nel 2022, una giuria ha stabilito che non c’è stata discriminazione, decisione avallata poi dal tribunale, secondo cui la teoria accusatoria della Anderson confligge con «le Costituzioni del Minnesota e degli Stati Uniti». Questi, in breve, i fatti pregressi.
Ma la causa della donna – che ha il sostegno di alcune delle maggiori organizzazioni abortiste americane, tra cui Naral Pro-Choice e il National Women’s Law Center – va avanti e con essa, quindi, la persecuzione nei confronti di Badeaux. Il farmacista è difeso da Alliance Defending Freedom (Adf) che lo scorso 14 agosto ha depositato una memoria presso la Corte d’Appello del Minnesota, chiedendo di «confermare il verdetto della giuria e la decisione del tribunale di primo grado, che hanno rispettato la libertà costituzionalmente protetta del signor Badeaux di agire coerentemente con le sue convinzioni mentre è al lavoro», come ha dichiarato il consulente legale di Adf, John Bursch. «Nessuno – ha aggiunto Bursch – dovrebbe essere costretto a dispensare farmaci che possono provocare un aborto. Come spieghiamo nella nostra memoria, il signor Badeaux ha detto alla cliente che le proprie convinzioni personali gli impedivano di dispensare il farmaco Ella e ha invece indirizzato la richiesta a un altro farmacista».
Nell’indirizzare ad altri la richiesta del prodotto potenzialmente abortivo, Badeaux ha osservato le linee guida previste da un ente farmaceutico del suo Stato (il Minnesota Board of Pharmacy), agendo come concordato per casi simili con il suo datore di lavoro dell’epoca. Anche questo dover riferire, a vederla bene, è per un obiettore una forma di compromesso-costrizione, che in un sistema che garantisca pienamente la libertà di coscienza non dovrebbe esistere. Del resto, questo limite all’obiezione, anche laddove essa è in qualche modo riconosciuta, ricorda che il problema è alla radice e consiste nell’aborto e nella sua legalizzazione, che non solo ha portato ad accrescere il numero di vite innocenti soppresse, ma – a dispetto degli slogan abortisti – ha anche attentato alla libertà, quella autentica, che è sempre legata alla verità, dunque al rispetto della legge morale naturale.
E se nel Minnesota i farmacisti godono di una libertà di coscienza limitata, va perfino peggio ai loro colleghi italiani. I farmacisti del nostro Paese, sebbene o forse proprio perché sono una categoria nevralgica, sono tra i più bistrattati quando si parla di diritto all’obiezione di coscienza. E ciò nonostante il relativo Codice deontologico, all’articolo 3, preveda che il farmacista «deve (…) operare in piena autonomia e coscienza professionale, conformemente ai principi etici e tenendo sempre presenti i diritti del malato e il rispetto della vita».
La situazione è complicata dal fatto che oggi agenzie ad hoc come l’Aifa, diversamente dal passato, negano strumentalmente che i «contraccettivi d’emergenza» abbiano anche un meccanismo d’azione abortivo, come emerge invece dalla letteratura scientifica più rigorosa in materia (vedi ad esempio qui e qui, rispettivamente per il Norlevo ed EllaOne). Perciò, in Italia, rifiutarsi di vendere questi farmaci, che poi farmaci non sono (perché non curano), è possibile solo dietro il concreto rischio di perdere il posto di lavoro, subire cause giudiziarie a prova di eroismo, a volte aggressioni fisiche, oltre allo scherno e alle pressioni di colleghi e datori di lavoro, se non concordi con l’obiezione di coscienza. Eppure, si tratterebbe semplicemente di garantire ai farmacisti le tutele di coscienza che perfino la Legge 194/1978 (pur sempre pessima) riconosce al personale sanitario che obietta all’aborto.
Nelle scorse legislature, accogliendo le esortazioni di gruppi come l’Unione Cattolica Farmacisti Italiani (Ucfi), erano state avanzate varie proposte di legge per assicurare anche ai farmacisti, come di dovere, il diritto all’obiezione di coscienza, ma si sono tutte arenate. L’attuale maggioranza di centrodestra ha la straordinaria opportunità di porre fine a questa ingiustizia e far fare un passo avanti alla libertà in Italia. Coglierà questa sfida?
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