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GUERRA IN EUROPA

Tutte le insidie del piano di pace proposto da Putin

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Putin propone la pace all'Ucraina. Ma a quali condizioni? Le clausole sono talmente dure che si tratta, di fatto, di una resa, un patto leonino. Serve un'analisi, fuor di ogni semplificazione.

Esteri 17_06_2024 English
Vladimir Putin (La Presse)

Il 14 giugno scorso Vladimir Putin ha tenuto un lungo discorso al meeting dei più alti funzionari del ministero degli affari esteri della repubblica russa. 

Un discorso molto lungo e complesso che, nella stampa occidentale è stato così riassunto: «Putin ha proposto la pace definitiva in Ucraina. Pone come precondizioni il ritiro immediato dalle province annesse dalla Russia. Prevista neutralità dell’Ucraina, insieme alla denuclearizzazione, smilitarizzazione e denazificazione. I leaders occidentali e Zelensky ritengono irricevibili le proposte».

Questa sommaria ricostruzione in realtà è parziale e fuorviante, e legittima la lettura che fa il Cremlino circa la volontà occidentale di continuare la guerra, costringendo a ciò leader ucraini delegittimati in quanto il loro mandato sarebbe scaduto. Dimenticando, tra l’altro che anche la nostra Costituzione prevede che le Camere non possano essere sciolte in caso di guerra (art. 80)

Poiché è prevedibile (e sta già avvenendo) che analisti e opinionisti riportino tale riassunto manchevole di molti elementi essenziali, come è stato fatto in questi ultimi dieci anni, si sottopone al lettore la fonte autentica (cosa che, di solito, analisti e opinionisti non fanno mai) insieme a una sintesi del discorso di Putin.

La lunga arringa di Putin ripropone perlopiù le solite vecchie narrazioni sulla storia di Russia e Ucraina, già esaminate nel volume “La guerra tra Russia e Ucraina: le origini, le battaglie, la posta in gioco” (ed ARES) già presentato in questa testata. La novità sta nel riproporre in modo più accentuato e assertivo un Nuovo Ordine Mondiale eurasiatico completamente alternativo a quello occidentale, riprendendo così l’ideologia eurasiatista narrata nel volume citato. L’obiettivo dichiarato è di sgretolare alleanze – vedi NATO - che, secondo lui, stanno già crollando.

Le precondizioni di pace sono le seguenti:

1) ritiro di Kiev dalle province di Zaporizha e Kerson oltre che dagli stati di Donetsk e Lugansk

2) dichiarazione dell’Ucraina di non voler entrare nella NATO.

A questo punto i russi cesserebbero immediatamente il fuoco e garantirebbero la sicurezza del ritiro delle truppe ucraine. A ciò seguirebbe la denuclearizzazione, la smilitarizzazione e la denazificazione nonché la revoca di tutte le sanzioni occidentali contro la Russia.

Da notare che, rispetto al comunicato di Istanbul (marzo 2022), non si parla nemmeno più di ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea ed è lo stesso Putin a dire che «Naturalmente, un ritorno letterale alle proposte di sicurezza che avevamo avanzato 25, 15 o anche due anni fa (leggi: Istanbul) è impossibile: sono successe troppe cose, le circostanze sono cambiate».

Già dette così le cose suonano decisamente in modo diverso rispetto alle semplificazioni lette in questi giorni. Inoltre ogni punto merita un approfondimento per comprendere meglio di cosa si tratta.

Anzitutto il ritiro delle truppe ucraine: si tenga conto che solo Lugansk è quasi interamente occupato. Il Donetsk è occupato dai russi al 75% e le altre due province menzionate da Putin al 50. Praticamente gli ucraini dovrebbero cedere tutto ciò che i russi non sono riusciti a conquistare in due anni di guerra.

Quanto poi a garantire il cessate il fuoco e la sicurezza del ritiro delle truppe ucraine, difficile pensare che ci si possa fidare visti i precedenti: dagli accordi di Minsk (2014) in poi non si contano le violazioni degli accordi di cessate il fuoco da parte dei russi con uccisioni a tradimento di centinaia di militari ucraini, come a Debaltseve nel 2015.

Sulla denuclearizzazione c’era già stato il memorandum di Budapest del 1994, violato da parte dei russi senza che fossero mai state attivate le previste garanzie da parte occidentale. Inoltre data la situazione la smilitarizzazione porrebbe l’Ucraina alla mercé di Mosca. Infine la denazificazione può significare soltanto la destituzione di Zelensky a favore, ad esempio, di un personaggio discutibile come Yanukovich, in ogni caso un governo gradito a Mosca.

Totalmente da discutere sarebbero, in ogni caso, le garanzie che l’Ucraina aveva chiesto all’Occidente e il loro meccanismo, messo in discussione dagli uomini  Lavrov già durante le trattative di Istanbul.

Dunque questa è la pace proposta da Putin. Un patto leonino con nessuna garanzia per l’Ucraina e l’Occidente, cioè una resa incondizionata. Come se non bastasse, lo stesso giorno, 14 giugno, Dmitrij Medvedev – vice-segretario del Consiglio di Sicurezza russo - ha pubblicato su Rossiyskaya gazeta un articolo dal titolo “L’umanità dovrebbe liberarsi del patrimonio del sistema coloniale. Il tempo dei poteri coloniali è finito”, dove si legge che « Il cosiddetto Piano Mattei, presentato dopo il summit Italia Africa all’inizio di quest’anno persegue lo stesso obiettivo. Ironicamente il progetto di scambio di risorse naturali africane con prestiti italiani con un investimento complessivo di 5,5 miliardi di euro, che sembra così ambizioso (almeno sulla carta), è un tipico esempio di “neocolonialismo amichevole”, quando si pompano risorse a basso costo per la produzione industriale europea, è impreziosito da varie campagne di PR. Mentre le economie nazionali dell’Unione Europea continuano ad affondare, ci saranno altri tentativi così spudorati di “colonialismo coi brillantini” (Blinged nel testo).

Quindi anche il governo italiano, pur avendo sposato una linea più moderata rispetto a Macron e Scholz, è tacciato di neocolonialismo.

Qualsiasi soluzione si voglia trovare per mettere fine al conflitto non può prescindere, quindi, da un’analisi obbiettiva dell’interlocutore, senza censure senza infingimenti, pena il fallimento delle trattative o, peggio ancora, la resa completa.



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