Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
RAPPORTO 2024

Open Doors. L'islam è la prima causa di sofferenza dei cristiani

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Il nuovo rapporto dell'associazione Open Doors: 365 milioni di cristiani vivono in paesi privi di libertà di religione. La principale causa della persecuzione è l'islam, in 34 paesi su 50. Poi il comunismo, con Corea del Nord e Cina. 

Libertà religiosa 18_01_2024
Mappa delle persecuzioni, Open Doors

365 milioni di cristiani vivono in Paesi in cui per la loro fede sono perseguitati. Globalmente un cristiano ogni sette oggi è perseguitato. Considerando i continenti, sono uno ogni cinque in Africa, due ogni cinque in Asia, uno ogni 16 in America Latina. È quanto emerge dal rapporto annuale diffuso il 17 gennaio da Open Doors, l’associazione internazionale impegnata dal 1955 a sostenere con preghiere e aiuti materiali i cristiani in difficoltà.

Per persecuzione si deve intendere, spiega Open Doors descrivendo i criteri e i metodi di ricerca utilizzati, “qualsiasi ostilità subita come conseguenza dell’identificazione di un individuo o di un intero gruppo con Cristo e può includere atteggiamenti, parole e azioni ostili”. Il periodo considerato va dall'1 ottobre 2022 al 30 settembre 2023. In quell’arco di tempo, nei 100 Paesi monitorati, sono stati uccisi 4.998 cristiani, un calo significativo rispetto ai 5.621 dell’anno precedente che, secondo gli autori del rapporto, si deve principalmente alla riduzione verificatasi in Nigeria che, con 4.118 morti, resta tuttavia di gran lunga il Paese in cui si registrano più cristiani uccisi per cause legate alla fede, seguito dalla Repubblica democratica del Congo, con 261 morti, e dall’India, con 160.

I cristiani arrestati e incarcerati, anche senza processo, sono stati 4.125. Il triste primato spetta in questo caso all’India, con 2.332 casi, seguita dall’Eritrea, 400, e da Cina e Pakistan, entrambi con 200 casi. 3.906 cristiani sono stati rapiti, in gran parte in Africa, 3.300 nella sola Nigeria. Seguono con 100 ciascuno la Repubblica Centrafricana, la Repubblica democratica del Congo e il Pakistan. Va detto però che, almeno per quanto riguarda la Nigeria, gran parte dei cristiani, tra cui decine di religiosi, sono stati rapiti a scopo di estorsione e non per odio religioso.

Le chiese e gli edifici religiosi attaccati, distrutti o costretti a chiudere da autorità governative, gruppi armati, violenza di massa sono stati 14.766, un numero senza precedenti. L’aumento vertiginoso, rispetto ai 2.110 del 2022, si deve in gran parte alla Cina, dove le chiusure forzate e gli attacchi sono stati 10mila, all’India, 2.228, e alla Nigeria, 750.

Open Doors precisa che i dati raccolti sono tutte stime conservative minime. Questo vale a maggior ragione per il numero di abusi, stupri e matrimoni forzati, 3.231. È la punta di un iceberg, avvertono gli autori, perché moltissimi casi non vengono denunciati per sfiducia nei confronti delle istituzioni, timore di ritorsioni e tutela delle vittime che sono oggetto di stigma, seppure incolpevoli, se vivono in società tuttora patriarcali. Anche la stragrande maggioranza degli episodi di violenza subiti dai cristiani e dei danni causati alle loro proprietà non viene denunciata. Quelli rilevati indicano un netto peggioramento delle condizioni di sicurezza. I cristiani aggrediti e minacciati di morte a causa della loro fede sono passati da 29.400 nel 2022 a 42.800 nel 2023. Gli attacchi ad abitazioni, negozi e attività economiche di cristiani sono aumentati ancora di più: da 6.700 nel 2022 a 27.100 nel 2023.

Innumerevoli infine sono le vessazioni quotidiane, che attirano meno attenzione della violenza, ma hanno effetti devastanti sulla vita quotidiana dei cristiani: pressioni e ricatti per indurli a rinunciare alla loro fede, discriminazioni nell’accesso alle attività lavorative e sul posto di lavoro, nella fruizione dei servizi sanitari e scolastici, esclusione dai soccorsi in caso di calamità, ostacoli burocratici e ritardi nell’autorizzare la costruzione di chiese e altre strutture, espropri di terreni appartenenti a enti e istituti religiosi… l’elenco dei modi per rendere incerta e difficile l’esistenza dei cristiani è lungo.

Dall’edizione del 2002 il rapporto di Open Doors è completato dalla World Watch List (WWL), l’elenco dei 50 Stati in cui essere cristiani è più difficile e pericoloso. I gradi di persecuzione individuati sono tre – “alta”, “molto alta” ed “estrema” – e questo è il quarto anno in cui, a conferma del progressivo inasprirsi dell’intolleranza e dell’odio religioso, in nessuno dei 50 Stati la persecuzione è stata classificata “alta”. Inoltre i Paesi in cui il grado di persecuzione è estremo salgono dagli 11 del 2022 a 13. Il primo posto è occupato, come sempre, dalla Corea del Nord, che dal 2002, anno della pubblicazione della prima WWL, solo una volta ha ceduto la prima posizione, superata dall’Afghanistan nel 2022. Si confermano a questo grado di persecuzione, anche se non nello stesso ordine che nel 2022, Somalia, Libia, Eritrea, Yemen, Nigeria, Pakistan, Sudan, Iran, Afghanistan e India. Entrano la Siria e l’Arabia Saudita.

Open Doors sottolinea che nelle prime cinque posizioni ci sono tre nazioni fortemente islamiche, Somalia, Libia e Yemen, «come evidenza del fatto che l’oppressione islamica rimane una delle fonti principali di intolleranza anticristiana». In realtà si può dire che l’islam sia la principale causa di persecuzione. Infatti, su 13, sono nove i Paesi a maggioranza islamica in cui la persecuzione è classificata “estrema” e anche in Nigeria a infierire sui cristiani è l’islam, benché i musulmani rappresentino solo circa metà della popolazione. Sempre l’islam è responsabile della persecuzione in altri 24 dei 37 stati in cui la persecuzione è “molto alta”. In totale l’islam è la causa delle sofferenze dei cristiani, delle limitazioni poste al culto, delle discriminazioni subite in 34 Stati su 50.

La Cina, in 19esima posizione, è capofila (fatta eccezione per la Corea del Nord) dei Paesi comunisti presenti nella WWL. Gli altri sono Laos (21°), Cuba (22°) e Vietnam (35°). L’India, per finire, è il caso più grave di persecuzione causata da una ideologia nazionalista, quella degli integralisti indù.