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GLI INTERVENTI

Omogenitorialità, Roccella e Avvenire cedono al "male minore"

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Il ministro Eugenia Roccella in un’intervista al Corriere e il giurista Giuseppe Anzani in un editoriale sul quotidiano della Cei condannano l’utero in affitto ma avallano la possibilità, nel caso di un minore cresciuto da una coppia gay, della stepchild adoption o di forme giuridiche similari. È la solita logica - moralmente errata e fallimentare - del male minore.

Vita e bioetica 17_03_2023

La Nuova Bussola ha di recente commentato due notizie che riguardano l’omogenitorialità. La prima: il prefetto di Milano ha vietato al sindaco Sala di trascrivere gli atti di nascita di provenienza straniera in cui figurano come genitori i membri di una coppia omosessuale. Seconda notizia: la Commissione “Politiche dell’Unione europea” del Senato ha bocciato la proposta di regolamento della Commissione von der Leyen che prevede di riconoscere automaticamente qualsiasi certificato di nascita prodotto nell’UE, anche quelli in cui i genitori sono una coppia gay.

All’indomani di questa doppia notizia, ecco due commenti sul tema dell’omogenitorialità. Il primo è quello di Eugenia Roccella, ministro delle pari opportunità e della famiglia, la quale è stata intervistata dal Corriere. Per la Roccella il problema non è l’omogenitorialità, bensì solo la maternità surrogata. «Il problema è uno solo. La maternità surrogata», ha espressamente dichiarato il ministro. La giornalista Alessandra Arachi ovviamente la incalza dato che, nell’immaginario collettivo, la Roccella è un’integralista cattolica. Ecco allora che il ministro, così come ha fatto per la 194, tenta in tutti i modi di far capire che per lei omosessualità e omogenitorialità sono assolutamente da benedire. Quindi semaforo verde per la step-child adoption dove il partner omosessuale adotta il figlio biologico (o adottato) dell’altro partner.

Sull’adozione invece la Roccella frena e afferma «che singolarmente un papà o una mamma omosessuale possono essere una splendida mamma o uno splendido papà», ma quando i due singoli diventano coppia, non si sa perché, ecco che non sono più capaci di essere bravi genitori e dunque non dovrebbe essere permesso ad una coppia gay di accedere all’adozione. Insomma la Roccella si è cimentata nel solito sport dei politici cattolici: l’equilibrismo sul baratro dell’errore. Dire e non dire, dunque: benedire le coppie gay, ma maledire l’utero in affitto, benedire la step-child adoption, ma maledire l’adozione. La solita quadratura del cerchio che si tenta di applicare ai principi non negoziabili. Intanto il Corriere ringrazia perché ha messo in luce ancora un volta che i cattolici impegnati in politica sono inclini al compromesso e quindi franano facilmente in posizioni contraddittorie.

Passiamo al secondo intervento, che è quello di Giuseppe Anzani su Avvenire. Anzani fa alcuni rilievi sicuramente condivisibili, tra cui la condanna della maternità surrogata e il seguente: «Se la visuale è quella del diritto di una coppia gay o lesbica ad “avere” figli, è la volontà del desiderio impossibile. Se non a prezzo di una finzione che sottrarrà programmaticamente al figlio il diritto di avere un padre e una madre. È questa l’ingiustizia prima». Ma poi aggiunge: «Dopo non c’è che “la giustizia del giorno dopo”. Se il diritto del figlio ad avere un padre e una madre è già stato sacrificato, ed è stato messo al mondo così, e si ritrova una madre vera e la sua partner femmina, o un padre vero e il suo partner maschio, che hanno pagato la sua mamma e l’hanno staccato da lei, la giustizia possibile è quella residua, il minor male, o per lui, il figlio, il maggior bene che resta. Sicché potrebbe giovare una relazione giuridica con il partner del genitore vero, a somiglianza di quella, con carattere adottivo. Dunque, con intervento di garanzia giudiziale». Più o meno è la stessa posizione della Roccella: sarebbe auspicabile che, per il minore cresciuto in un coppia gay, il diritto legittimi qualche relazione giuridica tra lui e il partner non genitore biologico. Una sorta di adozione, suggerisce Anzani.

Ora, dal punto di vista morale - e il diritto deve obbedire alla morale e non contraddirla - mai è lecito legittimare il male, legittimare un’ingiustizia. La step-child adoption e le adozioni gay sono contrarie alla morale naturale e quindi non possono né essere suggerite come soluzioni, né tantomeno essere approvate dal punto di vista giuridico, anche quando si presentassero, in stato di necessità, come male minore, perché pur sempre di male si tratta (ci permettiamo di rimandare a T. Scandroglio, Legge ingiusta e male minore, Phronesis).

Quali sono i tratti comuni tra il commento della Roccella e quello di Anzani? La resa allo status quo e la divaricazione tra morale e diritto che comporta la legittimazione del male minore per evitarne di peggiori. Si è convinti che indietro non si torna e quindi, seppur obtorto collo, si devono accettare omosessualità, coppie gay, unioni civili e omogenitorialità. Quest’ultima comporta almeno la step-child adoption o forme similari. Perciò la situazione attuale, anche se giudicata eticamente inaccettabile, deve essere digerita. I nemici da combattere sono solo quei fenomeni non ancora radicati nella società, è il futuro che avanza: ecco la critica, giustamente senza sconti, all’utero in affitto. Ma aspettate qualche anno, quando questa pratica si sarà diffusa anche contra legem in Italia, e le Roccella e gli Anzani di domani chiederanno una certa regolamentazione dell’utero in affitto perché male minore inevitabile.

In merito all’accettazione del male minore per evitarne di peggiori, sono assai efficaci e attualissime queste parole di Sant’Agostino: «Ammesso infatti che noi possiamo commettere un peccato più leggero per impedire che un’altra persona ne commetta uno più grave, sarà lecito impedire a un altro lo stupro con un furto commesso da noi, l’incesto con un nostro stupro; e se esiste un’empietà che a noi sembri peggiore dell’incesto, si dirà che noi possiamo commettere anche l’incesto se in questo modo si otterrà che quella empietà non venga perpetrata da quell’altra persona. In questo modo, nell’ambito di ogni singolo peccato, si crederà lecito commettere furti per furti, stupri per stupri, incesti per incesti, sacrilegi per sacrilegi; crederemo lecito commettere noi i peccati anziché farli commettere agli altri» (Contra mendacium, 9, 20).