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(s)proporzionalità della pena

Non serve un "Daspo" per tutelare i medici dalle aggressioni

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Aggredisci il personale sanitario? Ti puoi curare solo a tue spese. Il Ddl del senatore Zullo, a detta del suo estensore, è innanzitutto una provocazione. Che di sicuro resterà tale, perché si scontra con varie contraddizioni e con l'art. 32 della Costituzione. E gli strumenti penali ci sono già.

Editoriali 10_09_2024
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Disposizioni per la tutela della salute in sospensione della gratuità per gli autori di aggressioni contro gli operatori sanitari in occasione di lavoro e di reati contro il patrimonio sanitario. Così si intitola un disegno di legge presentato in Senato dal senatore Ignazio Zullo, capogruppo di Fratelli d’Italia in commissione Lavoro e Sanità. Il Ddl, composto da un unico articolo, così recita al primo comma: «Fermo restando il diritto alla gratuità delle prestazioni sanitarie a tutela della salute collettiva nonché delle prestazioni di urgenza e salvavita salvo quanto previsto riguardo alla partecipazione alla spesa sanitaria, agli autori di aggressioni contro gli operatori sanitari in occasione di lavoro e di reati contro il patrimonio sanitario è garantita la tutela della salute con la sospensione della gratuità di accesso alle cure programmate e di elezione per un periodo intercorrente tra il determinarsi dell’evento e i successivi tre anni».

Il disegno di legge, che nella sua Relazione illustrativa viene presentato anche come una deliberata provocazione, si sostanzierebbe, a detta del suo estensore, in un vero e proprio Daspo sanitario. Questo testo è stato voluto a motivo del numero crescente di aggressioni a danno di medici ed infermieri negli ospedali. Infatti nella Relazione illustrativa si ricorda che, secondo l’Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie, nel 2023 si sono registrate 16.000 aggressioni al personale sanitario per un totale di 18.000 operatori coinvolti.

Illustrato ciò, poniamoci due domande: questo disegno di legge, che quasi sicuramente non diventerà mai legge, è da giudicarsi lecito dal punto di vista morale? E inoltre il testo si potrebbe giudicare legittimo sotto la prospettiva giuridica? Partiamo dal primo quesito. Il Ddl in prima battuta va a ledere il patrimonio del reo: se hai aggredito, d’ora in poi per tre anni paghi di tasca tua le cure, eccetto quelle di urgenza e quelle salvavita. Questo potrebbe valere per una quota di aggressori, ma non per tutti. Infatti per coloro che non possono permettersi di pagare di tasca propria le cure, la lesione patrimoniale si tramuterebbe in una lesione che interesserebbe la salute, dato che non si potrebbero curare. È lecita, dal punto di vista morale, una pena che andrebbe ad intaccare la salute? Una pena corporale? In linea teorica nulla vieta che la pena faccia soffrire il corpo e non il portafogli. L’obiezione che la salute è un diritto fondamentale indisponibile non regge, dato che anche la carcerazione va ad intaccare un diritto fondamentale quale è la libertà.

Detto ciò, per giungere però ad un giudizio morale preciso occorre esaminare altri aspetti. La pena, qualsiasi essa sia, deve essere determinata nella natura e quantità prima del compimento della condotta penalmente rilevante. Prima di compiere X devo sapere cosa e quanto dovrò patire. Se, come esemplificato più sopra, il reo fosse indigente o non potesse comunque pagare alcune cure particolarmente onerose per lui, la natura della pena non sarebbe più quella indicata nel Ddl – natura patrimoniale – bensì andrebbe a ledere la sfera della sua salute, pena che, poi, rimarrebbe sostanzialmente indeterminata non potendo sapere in anticipo, in molti casi, da quali patologie il reo sarebbe affetto e a quali cure dovrebbe accedere dopo il compimento dell’illecito. Insomma avremmo due inciampi. Il primo: la legge direbbe che la natura della pena è di carattere patrimoniale, ma nei fatti la natura della pena sarebbe diversa. Il secondo: l’indeterminatezza della pena. Due inciampi inaccettabili sotto il profilo giuridico.

Ci sarebbe, inoltre, un altro grosso difetto: si verrebbe meno al principio di proporzionalità. Tizio sferra uno schiaffo ad un medico. Quest’ultimo non riporta nessuna lesione fisica significativa. Tizio, giudicato colpevole, per tre anni non potrà curarsi gratuitamente. Tizio successivamente avrà necessità di fisioterapia per recuperare l’uso delle gambe a seguito di un grave incidente automobilistico. Tizio si ritroverà sulla carrozzina a vita perché, essendo indigente, non poteva pagarsi la fisioterapia. Si comprende bene la sproporzione tra la qualità e quantità della pena de facto inflitta e la qualità e la quantità dei danni procurati dell’illecito. Come mettere in galera uno che ha rubato una mela.

Un ulteriore motivo di riserva deve rinvenirsi nell’art. 32 della Costituzione che così recita: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti». Il Ddl, almeno relativamente agli indigenti, appare quindi incostituzionale. Infine un rilievo che riguarda il seguente passaggio del Ddl: «agli autori di aggressioni […] è garantita la tutela della salute con la sospensione della gratuità di accesso alle cure». Se la persona è indigente oppure se non può permettersi alcune cure particolarmente onerose, pur non essendo indigente, come potrebbe la stessa curarsi? E quindi come si potrebbe predicare a suo favore una tutela della salute tramite la sospensione delle cure gratuite?

Il senatore Zullo ha ben rimarcato il fatto che questo Ddl vuole essere anche e soprattutto una provocazione, stante soprattutto il fatto che il nostro ordinamento giuridico non prevede pene riguardanti il diritto alla salute e che la sensibilità odierna rigetta simili pene. Anche noi la vogliamo intendere come una provocazione, convinti che gli strumenti penali per tutelare la categoria del personale sanitario già esistano e che altri presidi non di carattere penale possono affiancarsi alle sanzioni penali, come ad esempio la previsione di vigilanti negli ospedali e corsi di autodifesa per gli operatori sanitari, soprattutto quelli che lavorano nei pronto soccorso.