La task force pro-aborto e la guerra ingiusta di Biden&Co.
L’Amministrazione Biden istituisce una “task force sui diritti riproduttivi” per contrastare gli effetti della sentenza Dobbs della Corte Suprema. È lo scardinamento dell’equilibrio di poteri invocato da Montesquieu, che manca di fondarsi su una verità trascendente. Negli Usa è in atto una guerra civile politica tra chi aggredisce e chi difende i bambini non nati.
Dopo l’ordine esecutivo firmato da Biden venerdì scorso in cui chiede al Dipartimento della Salute di rendere ancor più facile l’accesso all’aborto per pillole (vedi qui), ecco istituire presso il Dipartimento di Giustizia addirittura una “task force sui diritti riproduttivi” per contrastare sul campo gli effetti della sentenza Dobbs della Corte Suprema. La squadra ha reclutato diverse persone da vari suoi uffici (U.S. Attorneys’ Offices, Office of Legal Counsel, Office of Access to Justice, Office of the Solicitor General) nonché la Divisione per i diritti civili.
Una nota della Casa Bianca fa sapere che si stava lavorando alla creazione di questa task force già da mesi qualora, come poi è accaduto, la Corte Suprema avesse rovesciato la sentenza Roe vs Wade. La squadra speciale pro-aborto, guidata dalla procuratrice generale associata degli Stati Uniti, Vanita Gupta, avrà il compito di fare pressing su governi e leggi locali al fine di permettere alle donne di abortire. In ossequio all’ordine esecutivo di Biden, la task force incoraggerà gli studi legali a fornire assistenza, anche pro bono, alle donne e agli operatori sanitari per rendere comunque effettivo l’accesso all’aborto nonostante la sentenza Dobbs. Il gruppo di lavoro del Dipartimento di Giustizia inoltre fornirà supporto tecnico ai parlamentari del Congresso per tutelare l’aborto.
La task force, però, avrà due compiti precisi. Il primo sarà quello di spingere sull’aborto chimico, un escamotage per far entrare dalla finestra ciò che è stato buttato fuori dalla porta. Vi sono già contenziosi aperti sulla legittimità o meno di assumere questi preparati ordinandoli per posta da uno Stato che permette l’aborto e dunque la squadra speciale pro-aborto agirà nelle zone grigie delle leggi statali per diffondere la pratica dell’aborto in pillole. Parimenti la task force dovrà impegnarsi per eliminare eventuali divieti o vincoli posti a carico di quelle donne che vorranno recarsi in un altro Stato per abortire.
La Gupta ha così commentato la creazione di questa squadra speciale abortiva: “La Corte [Suprema] ha voltato le spalle a 50 anni di precedenti giudiziari e ha eliminato il diritto costituzionale all’aborto, impedendo alle donne di tutto il Paese di poter prendere decisioni difficili sul loro corpo, sulla loro salute e sul loro futuro. Il Dipartimento di Giustizia si impegna a proteggere l’accesso ai servizi riproduttivi”.
Intanto il Dipartimento della salute e dei servizi umani, nel rispetto del già ricordato ordine esecutivo di Biden, ha aggiornato le linee guida ricordando ai medici che devono procedere all’aborto se ciò è necessario per stabilizzare una paziente in una situazione medica di emergenza. Criterio alquanto vago, che permetterà ai medici abortisti di agire contra legem con estrema facilità.
L’ordine esecutivo di Biden, la task force del Dipartimento di Giustizia, le nuove linee guida del Dipartimento della Salute, nonché le iniziative di alcuni giudici – tra cui l’ultimo è quello di Baton Rouge in Louisiana – che tentano di opporsi ai divieti di aborto presenti nelle legislazioni statali, sono la risposta rabbiosa non solo alla sentenza Dobbs, ma anche alle leggi che in una dozzina di Stati stanno vedendo la luce al fine di limitare, in grado diverso, l’accesso all’aborto. Significativa comunque la creazione di queste “teste di cuoio” di origine governativa per contrastare gli effetti della decisione della Corte Suprema, quasi che il governo vedesse il fronte pro-vita come terroristi da snidare e annientare. Nonché significativa la discesa in campo di altri soggetti sia provenienti dal governo che dal potere giudiziario. Lo scenario pare inedito perché stiamo assistendo ad una vera e propria guerra civile, ma di carattere politico, tra enti del medesimo Stato. In conflitto infatti ci sono i poteri dello Stato che entrano a gamba tesa nell’ambito di competenza altrui. Il governo fa guerra alla magistratura e ai governi dei singoli Stati. I giudici locali ingaggiano battaglia contro i parlamenti degli Stati. Il Dipartimento della Salute, cercando alleati tra i medici pro-choice, sferra anche lui un attacco a danno dei parlamenti.
L’impianto dello Stato democratico che dovrebbe garantire un ordine sociale si è rivelato quello che è in realtà: una favoletta. Parimenti lo Stato di diritto è stato soppiantato dallo Stato di forza: ossia in questa guerra di tutti contro tutti non vincerà la giustizia, nemmeno quella positivizzata in leggi e sentenze, bensì il potere. Il potere di influenzare, di ricattare, di orientare le coscienze, di distrarre, di trovare cavilli giuridici.
L’assassinio prenatale ha avuto la forza (e non poteva che essere così) di far saltare il coperchio sopra il vaso di Pandora. Negli States – ma l’onda lunga di ciò che sta accadendo là è arrivata sino in Europa - si è giunti giustamente alla guerra civile politica, cioè allo scardinamento di quell’equilibrio tra poteri dello Stato invocato da Montesquieu nel suo Spirito delle leggi. Ma è forse nella stessa dottrina di Montesquieu la radice di questo inevitabile conflitto laddove si illustra un concetto di potere dello Stato fondato, non su una verità che lo trascende, ma unicamente su se stesso. Ecco allora che il criterio per ordinare il potere non è quello del vero e del bene, bensì quello di un artificioso e imposto equilibrio tra i poteri.
La guerra di tutti contro tutti tra il potere legislativo, giudiziario ed esecutivo trova la sua immagine speculare in quello che sta accadendo in seno alla società dove, su opposti schieramenti, si trovano a guerreggiare privati cittadini, associazioni, lobby, media, grandi aziende. È una guerra giusta? Quella di Biden & Co. è una guerra ingiusta perché guerra di aggressione. Di contro, quella della Corte Suprema, dei parlamenti e dei giudici pro-life è giusta perché guerra difensiva a tutela dei bambini non ancora nati.