Un neonato di 31 anni, quando la tecnica diventa tracotanza
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Il 26 luglio scorso è nato, negli Stati Uniti, Thaddeus, concepito nel 1994 tramite fecondazione artificiale e rimasto congelato per trent’anni, fino all’adozione da parte di una coppia. Un “record” che rivela la superbia dell’uomo che pensa di potersi sostituire a Dio.

Trentuno anni e li porta benissimo. L’ironia è amara, necessariamente amara dato che stiamo parlando di un bambino che è venuto alla luce dopo 31 anni di buio, dopo che 31 anni fa era stato congelato in azoto liquido.
La storia – è proprio il caso di dirlo – da brividi è la seguente. Siamo nel 1994 e Linda Archerd insieme al marito decide di avere un figlio tramite fecondazione artificiale. Vengono prodotti quattro embrioni. Uno di questi vede la luce. Gli altri tre rimangono crioconservati a meno 196 in azoto liquido. Per un certo periodo i coniugi decisero di conservare quei tre figli congelati pagandone anche le spese di mantenimento finché non li donarono al programma Snowflakes di Nightlight Christian Adoptions, un’agenzia che dà in adozione i bambini appunto rimasti congelati, da qui fiocchi di neve (snowflakes). I donatori possono scegliere gli adottanti e Linda, nel frattempo separatasi dal marito, scelse Lindsey e Tim Pierce, coppia che vive nell’Ohio. E così lo scorso 26 luglio è nato Thaddeus, concepito 31 anni fa. È il neonato più vecchio al mondo, battendo un suo collega di 30 anni. E ha buone probabilità – a patto che la crioconservazione non abbia danneggiato in qualche modo il suo DNA – di diventare anche la persona con più primavere alle spalle prima di chiudere gli occhi per sempre.
Questa storia, che sarebbe potuta uscire dalla penna di Mary Shelley, autrice di Frankenstein, non solo ci ricorda alcuni topos classici della fecondazione artificiale: la reificazione del nascituro, il rischio di morte elevatissima per quest’ultimo, lo stravolgimento dei ruoli genitoriali e della relazione genitori-figli, le ferite al rapporto sessuale coniugale e via dicendo. Non solo ci ricorda tutto questo, ma aggiunge nuove prospettive inquietanti.
Innanzitutto la crioconservazione altera l’asse temporale. È la teoria della relatività applicata alla generazione. Il tempo diventa astratto, piegato dalla e alla volontà umana, disteso lungo una coordinata che dura decenni. La crioconservazione si trasforma in una macchina del tempo: il concepito viene catapultato con la nascita a distanza di decine di anni. Il viaggio nel tempo altera le relazioni parentali. E così Thaddeus diventa quasi coetaneo dei genitori che hanno 35 e 34 anni: più un fratello che un figlio. Concepito negli stessi anni quando furono concepiti i suoi “genitori”. La madre genetica, ormai ultrasessantenne, potrebbe essere sua nonna. La sorella, l’embrione che a suo tempo ce l’ha fatta, avrebbe potuto partorirlo lei, diventando sorella e madre. Il viaggio nel gelo abbatte le barriere temporali e stravolge le identità personali, la relazione, i ruoli.
Per sant’Agostino tempus distensio animi (cfr. Confessioni XI, 26), il tempo è una distensione dell’anima. E così, a causa di anime corrotte, il tempo si è dilatato in modo indeterminato abbandonando in uno stato di vita-non vita, in una esistenza sospesa sopra il baratro di un glaciale nulla, innumerevoli piccoli uomini in forma di embrioni. Un’attesa incosciente e tenebrosa consumata in una fiala, tabernacolo improprio per la custodia della vita. La crioconservazione dilata il tempo. Le generazioni future potranno durare eternità.
Il sonno decennale in una culla di brina pare così simile alla morte, una morte apparente. Poi il risveglio in un mondo completamente diverso. Questo crioviaggio nel tempo ricorda per certi versi le criocapsule dei film di fantascienza, presenti nelle astronavi per trasportare equipaggi che devono affrontare viaggi di secoli se non di millenni per giungere su pianeti lontanissimi. Thaddeus è uno di questi astronauti venuti da un altro mondo, il mondo del millennio scorso, senza euro, senza smartphone, senza Internet e senza social. Ha viaggiato nel tempo e nello spazio per arrivare a noi. È il bambino del passato remoto proiettato nel futuro dalla tecnica. Nato con molto ritardo, ma puntuale all’appuntamento con l’insensibilità del nostro tempo. Con lui il detto “L’età non conta” da affermazione consolatoria diventa realtà plastica che ci getta in un oscuro abisso.
Così giovane e già così vecchio, porta sulle sue spalle piccine i nostri mostruosi peccati. La superbia di concepire la vita a modo nostro e non al modo di Dio, l’orgoglio di manipolare l’umano avendo ben prima manipolato le menti, l’arroganza di dominare il tempo, di sospenderlo nel freddo orologio dei serbatoi criogenici. Felici per Thaddeus, perché ogni nascita è benvenuta, amareggiati perché di quella nascita il modo ancor ci offende.
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