La ricandidatura di von der Leyen, con l’appoggio di Soros
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Prima ancora di ricevere il sostegno ufficiale del suo partito, Ursula von der Leyen ha incassato in una cena di gala il deciso sostegno di Alex Soros. Segno che l’intento della presidente della Commissione europea è proseguire la guerra ai valori cristiani.
La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha giurato lunedì scorso di difendere la democrazia e lo Stato di diritto da coloro che cercano di distruggerli e ha ripresentato la propria candidatura alla guida della Commissione per il prossimo mandato quinquennale, ottenendo l’appoggio dei conservatori tedeschi. Il disastro della gestione dell’attuale Commissione lo abbiamo documentato in questi anni, a partire dall’ambigua e incoerente coalizione, cementata dal solo potere, che ha unito i popolari, i socialisti, i liberali, i verdi e le sinistre a scapito di una qualunque collaborazione con i conservatori e gli identitari. Proprio la mancanza di una qualunque radice di ideali comuni ha lasciato spazio a cedimenti, opacità, prepotenze e mediazioni preoccupanti, aggravate dal “centralismo democratico”, dal furore dell’ideologia green e da una sostanziale sudditanza verso Washington in politica estera, di cui Eugenio Capozzi ha scritto recentemente sulla Nuova Bussola.
Nei giorni scorsi Ursula von der Leyen, forte dell’eccessivo opportunismo politico dimostrato in questi anni, ha voluto ricevere il sostegno alla propria candidatura anche dalla rete delle Open Society Foundations e dagli amici liberali e socialisti di Alexander Soros (i due insieme nella foto in alto, tratta dal profilo Facebook di A. Soros), ben prima di riceverlo ufficialmente dal suo stesso partito europeo al congresso di Bucarest i prossimi 6-7 marzo. Ciò a riprova della direzione di marcia lungo la quale la von der Leyen vuol proseguire nei prossimi anni: distruzione delle radici giudaico-cristiane e loro sostituzione con ideologie del gender e verdi; maggiore centralismo a discapito del rispetto delle identità nazionali; vassallaggio verso gli Stati Uniti e verso le lobby globaliste liberal-socialiste. La von der Leyen ha ribadito anche la lotta al nemico esterno che dovrebbe unire gli europei: la Russia. Un programma di governo quinquennale contro i nemici interni ed esterni al continente non può avere successo.
Lo scorso fine settimana, in occasione di una conferenza sulla sicurezza tenutasi a Monaco di Baviera, la stessa von der Leyen aveva presentato una strategia per la difesa volta a promuovere una spesa più elevata e più efficiente per gli armamenti. Proprio a Monaco ha partecipato alla cena di gala organizzata dalla Open Society, il cui anfitrione era il novello capo dell’impero filantropico, Alex Soros (figlio di George), che, seduto al fianco della presidente della Commissione, con un parterre che contava i più influenti politici, uomini di Stato e lobbisti del panorama social-liberale e globalista mondiale, ha certamente apprezzato la ricandidatura e ricordato la collaborazione avuta con la Commissione e con diversi commissari su molti dossier. Lo stesso Alex Soros ha voluto esprimere su Facebook il suo apprezzamento per il «grande discorso di apertura di Ursula von der Leyen» e il suo «grazie ai leader dell'UE, ai senatori e al personale dell'amministrazione statunitense per essersi uniti a noi. Anche in tempi di crescenti tensioni e maggiore incertezza, la cooperazione globale è necessaria per promuovere i diritti umani, migliorare la qualità della vita e risolvere i nostri problemi più urgenti».
Nonostante l’alleanza tra popolari tedeschi e Open Society, per Ursula von der Leyen e per l’intera famiglia politica dei popolari europei è indispensabile non solo abbracciare e promuovere concretamente gli ideali e i valori scritti nel programma fondativo del partito ma anche definire un chiaro perimetro di alleanze e di schieramenti con i quali confrontarsi e costruire una maggioranza solida che guidi l’Europa. La scelta di von der Leyen, così come di molti suoi commissari in questi anni, di compiacere e assecondare i desideri maligni dell’Open Society, potrebbe prefigurare la volontà di replicare la “maggioranza Ursula” anche per il prossimo quinquennio, incuranti del prevedibile successo elettorale di conservatori e identitari europei.
La politica è l’arte del possibile ma difficilmente include l’impossibile. È difficile immaginare che la von der Leyen possa ragionevolmente guidare la Commissione con una compagine di centrodestra che includa i conservatori e almeno alcuni identitari, dopo lo scontro furibondo sulla gestione totalitaria del Covid, dell’affaire Pfizer, della promozione del Green Deal, delle ingiuste sanzioni contro i governi conservatori. Il Ppe in ogni caso dovrà ben valutare come i partiti di destra e sinistra stiano mietendo consensi in opposizione alle politiche stucchevoli dell’attuale Commissione europea.
Proprio il consenso elettorale tra i movimenti politici e candidati europei, misurato alle prossime elezioni di giugno, insieme agli accordi tra i leader dell'UE, determinerà il futuro governo delle istituzioni e Ursula von der Leyen potrebbe essere un impiccio per il Ppe, non un vantaggio. Certamente, la scelta dell’attuale presidente della Commissione di cercare l’appoggio di Alex Soros significa farsi carico di impegni e obblighi inconciliabili con gli ideali e i programmi dei partiti identitari e conservatori europei, ungheresi, spagnoli e polacchi in testa. L’Europa dei padri fondatori cristiani e cattolici, l’Europa dei popoli e delle nazioni che rispetta identità, competenze e sussidiarietà non è quella di Soros e della cricca di burocrati centralisti europei.
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