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IL DUELLO/17

Indizi dell'influsso di Dante sul Canzoniere

È vero che Petrarca, come ha detto lui stesso, non ha alcun debito verso la Commedia e la produzione minore di Dante? Il Canzoniere ha un suo illustre capostipite nella Vita nova dantesca e, da un esame della sua struttura, si nota che presenta un percorso salvifico, in un certo modo simile a quello della Commedia. E che ha il suo inizio con la Passione di Cristo.

Cultura 09_05_2021

Canzoniere o Rerum vulgarium fragmenta o Rime sparse: tre modi diversi per indicare la raccolta di poesie più importante della nostra letteratura, divenuta modello linguistico e di perfezione strutturale per tutti gli autori successivi, nostrani o internazionali. Ma è proprio vero che Petrarca non ha alcun debito nei confronti di Dante, della Commedia o della sua produzione minore, così come lui stesso ha voluto spesso ribadire, sottolineando addirittura il fatto che non disponesse neanche di una copia del capolavoro dantesco?

Il Canzoniere ha un suo illustre capostipite nella Vita nova che racconta una storia d’amore attraverso componimenti legati tra loro e commentati dalla prosa. Anche il Canzoniere intende raccontare una storia d’amore segnata da un incontro, da una mancata corrispondenza da parte della donna, dalla morte prematura della giovane e dal progressivo allontanamento del poeta dall’amore sensibile in nome di un’ascesi spirituale, di una conversione radicale.

Quindi, l’opera del Petrarca intende cimentarsi deliberatamente con la giovanile Vita nova dantesca. Ma un esame attento della struttura permette di evidenziare con certezza il confronto del Petrarca anche con la Commedia. L’ordinamento del Canzoniere, organizzato come una sorta di breviario laico di 366 poesie o preghiere dedicate alla sua Madonna Laura, una per ciascun giorno dell’anno, presenta un percorso salvifico, in un certo modo simile a quello della Commedia.

Nella notte tra il 24 e il 25 marzo (o tra il 7 e l’8 aprile) del 1300 Dante si ritrova, senza neanche saperne le ragioni, in una selva oscura, piene di insidie e di pericoli che lo riempiono di angosce. È il Venerdì Santo del 1300, quando, smarrito nella selva oscura, Dante cerca di salvarsi da solo salendo sul colle luminoso, ma sprofonda là dove il sol tace.

Allo stesso modo il sonetto di apertura del Canzoniere vuole sottolineare il peccato in cui è caduto Petrarca in gioventù («in sul mio primo giovenile errore»), da cui ora si è parzialmente redento («quand’era in parte altr’uom da quel ch’i’sono»). Petrarca scrive che perseguiva negli anni giovanili vane speranze e vano dolore, coltivava desideri peccaminosi e irrealizzabili provocando a se stesso un dolore sterile e improduttivo. Quando si verifica l’innamoramento del Petrarca? Quale giorno ha scelto Amore per partire all’assalto del Petrarca? Proprio il Venerdì Santo, giorno della passione di Cristo, quando «al sol si scoloraro/ per la pietà del suo Fattore i rai». Il poeta racconta l’incontro con la donna nel III sonetto.

La Passione di Cristo coincide anche con l’incontro di Petrarca con Laura, come se il poeta volesse indicare la lacerazione interna provocatagli dalla sua incapacità di aderire pienamente alla fede e alla strada vocazionale di adesione agli ordini minori. Petrarca crea così una perfetta corrispondenza tra il giorno in cui è avvenuto il primo incontro con Laura e quello della Passione di Cristo, quasi a voler sottolineare da subito l’aspetto peccaminoso di questo amore, la profonda contraddizione tra il desiderio della donna amata e l’aspirazione ad una vita religiosa fedele a Gesù.

Così come l’inizio della Commedia e del Canzoniere, anche la conclusione dei due capolavori è analoga. Dante conclude il Paradiso con l’inno Vergine madre, figlia del tuo figlio seguito dalla visione di Dio in tre momenti immediatamente successivi. Allo stesso modo Petrarca termina il suo capolavoro con l’inno Vergine bella che di sol vestita. La lode alla Vergine del Petrarca, non certo segno di omaggio al Sommo Poeta, testimonia da un lato la volontà di competere e di duellare con il poeta conterraneo e dall’altro l’indefettibile amore per Maria.

Dalla situazione di difficoltà di Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono, dal perenne struggimento interiore per l’incapacità di rivolgersi definitivamente al bene l’autore passa, così, all’affidamento del proprio male e della propria malinconia a Colei che volentieri viene in nostro soccorso. È una traiettoria di ascesi, delineata in maniera inaspettata, perché il lettore, aduso ormai alle poesie in cui il compiacimento per la propria condizione sembra trionfare sull’adesione al bene e al vero, mai si sarebbe aspettato una conclusione così consapevole e perentoria, intesa a sconfiggere e annichilire ogni accidia e pigrizia. Certo, questo Petrarca rinnovato e «convertito» rimane ancora tutto se stesso, con i suoi «limiti», con la sua percezione dell’esistenza, abbracciati, però, da un amore più grande.

La sensibilità di Petrarca è differente da quella di Dante. I due poeti che saranno considerati nella storia della letteratura italiana successiva come paradigmi di due modalità diverse, quasi opposte, di far poesia si trovano accomunati da un medesimo afflatus religioso, che non ha dubbi sulla bellezza del Cielo e della sua Regina.

Nel caso di Petrarca tutta l’incertezza riguarda l’umano, ovvero la capacità nostra di aderire al progetto di bene che Dio ha pensato per noi, non certo la presenza e la bontà del Creatore nella nostra vita. Sul confronto tra l’inno alla Vergine di Dante (Vergine Madre, figlia del tuo figlio) e quello di Petrarca (Vergine bella che di sol vestita) ci soffermeremo alla fine del nostro percorso: “Il duello”.

Anche il terzo capolavoro del Trecento, il Decameron, presenta un percorso di redenzione che, in qualche modo, richiama quelli della Divina Commedia e del Canzoniere: si apre, infatti, con il più grande peccatore del mondo, quel Ser Ciappelletto che perfino in punto di morte ha il coraggio di sfidare Dio e di rilasciare una confessione che è un capolavoro di retorica assoggettata al male e si conclude con la figura di Griselda, donna che sopporta ogni genere di prova da parte del severo marito Gualtieri.

Oltre che concepito come percorso ascensionale dal peccato alla conversione, il Canzoniere appare diviso in due parti (in maniera molto simile alla Vita nova): In vita di Madonna Laura e In morte di Madonna Laura. Appartengono alla prima divisione i componimenti I-CCLXIII (ovvero dall’1 al 263), alla seconda le poesie CCLXIV-CCCLXVI (cioè 264-366). Se ipotizziamo che il primo componimento del Canzoniere corrisponda alla data del 6 aprile (giorno dell’incontro di Petrarca con Laura), mettendo in relazione temporale le seguenti poesie ai giorni dell’anno, scopriamo che il testo che apre la seconda parte, In morte di Madonna Laura (per l’appunto il CCLXIV), coincide con il 25 dicembre. La morte di Laura coincide, quindi, con la nascita di Gesù. La corrispondenza è profondamente simbolica: la scomparsa di Laura permetterà a Petrarca il suo definitivo allontanamento da lei e l’inizio del percorso di conversione.

Nelle prossime puntate vedremo come il richiamo alla Commedia dantesca sia fitto e intenso all’interno del Canzoniere.