Immigrazione, sorpresa Ue: il patto Italia-Albania preso a modello
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In una lettera inviata da Ursula von der Leyen ai leader dei Paesi dell’Ue si offre sostegno al progetto di istituire “hub di rimpatrio” sul modello del patto Italia-Albania. E intanto la Polonia di Tusk adotta misure simili, in tema di immigrazione, a quelle del precedente governo.
Alla fine, c’è arrivata anche Ursula von der Leyen, ma solo il tempo e le scelte concrete dimostreranno se alla base ci sono sincerità e consapevolezza degli errori. Ci possono essere dubbi sul fatto che la Commissione europea abbia cambiato idea sull’immigrazione e sia passata dal voler imporre la libera invasione, pilotata da Ong del mare e lobby di filantropi, all’attuale sterzata in favore della sicurezza. Ad ogni modo la furbizia pare non manchi alla von der Leyen, che lunedì 14 ottobre ha offerto il suo più forte sostegno al dibattuto progetto di istituire i cosiddetti “hub di rimpatrio” al di fuori del territorio dell'Unione europea per trasferirvi i richiedenti asilo in attesa dell’analisi delle loro domande ed eventualmente per rimpatriare chi non ha i requisiti. Si tratta dell’idea che sta al cuore dell’accordo Italia-Albania fortemente voluto sia dalla premier italiana Giorgia Meloni che dal primo ministro albanese Edi Rama.
La bontà dell'idea è stata affermata in una lettera che la presidente della Commissione europea ha inviato ai leader dell'Ue, in vista di un vertice di due giorni a Bruxelles in cui la migrazione è destinata a dominare i negoziati. La missiva di sette pagine, condivisa con i media europei lunedì sera, delinea diverse proposte per frenare il numero di domande di asilo, che ha raggiunto 1.140.000 richieste lo scorso anno nell’intera Ue, e contrastare gli attraversamenti irregolari delle frontiere e il traffico di esseri umani.
Tra le proposte c'è un esplicito invito all'azione per sviluppare «modi innovativi», un eufemismo associato alla delocalizzazione delle procedure di asilo, secondo il piano appunto avviato dall'Italia con l'Albania e attivato da lunedì. Nella sua lettera, la presidente afferma che i risultati di questo accordo potrebbero determinare i prossimi passi della politica migratoria dell'Ue, perché, scrive la von der Leyen, «dovremmo anche continuare a esplorare possibili vie da seguire per quanto riguarda l'idea di sviluppare hub di rimpatrio al di fuori dell'Ue, soprattutto in vista di una nuova proposta legislativa sul rimpatrio». Von der Leyen spinge anche per la designazione di «Paesi terzi sicuri» a livello dell'Ue per evitare disaccordi tra gli Stati membri e accelerare il tasso di espulsioni, che continua a oscillare tra il 20% e il 30%.
Nonostante l’Unione abbia recentemente dato avvio all’implementazione della riforma sull’immigrazione con l’opposizione dell’Ungheria, è già tempo di rivedere drasticamente quello stesso accordo. La scorsa settimana, infatti, 17 Paesi europei (Austria, Paesi Bassi, Croazia, Repubblica Ceca, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Lussemburgo, Malta, Slovacchia, Svezia e anche Norvegia, Svizzera e Liechtenstein, tre Stati non membri dell'Ue che fanno parte dello spazio Schengen) avevano inviato una lettera alla von der Leyen in cui si chiedeva un «cambiamento di paradigma» sulle espulsioni e deportazioni degli immigrati irregolari e senza diritto d’asilo. Non si dimentichi inoltre che già dalla fine di settembre i governi di Ungheria e dei Paesi Bassi chiedono un’opzione di non partecipazione (opt-out, nel linguaggio dell’Ue), per il ritiro formale del proprio Paese dai vincoli della politica di asilo comune europea.
Nel frattempo, nella Polonia di Donald Tusk, imposto e sostenuto dallo scorso anno da Bruxelles attraverso ogni angheria possibile e immaginabile, lo stesso primo ministro, sabato 12 ottobre, ha dovuto annunciare nuove misure simili a quelle del governo precedente, inclusa la sospensione del diritto d’asilo. Un fatto emblematico, visto che Tusk aveva conquistato il potere anche grazie alle polemiche e ai dispetti europei contro il rafforzamento della sicurezza alle frontiere e le politiche migratorie del precedente governo conservatore.
Ovviamente le decisioni di Donald Tusk hanno provocato polemiche da parte dei suoi partner di coalizione di sinistra (Lewica), ma anche da parte dell’opposizione dei conservatori e cristiani del PiS (Diritto e Giustizia) che ha promosso una raccolta di firme per un referendum sul patto dell'Ue sulla migrazione e l'asilo, consultazione popolare attraverso la quale si capirà chiaramente se Tusk e il suo partito vogliono veramente una riforma che restringa l’immigrazione selvaggia.
In tutto ciò, alla presidente della Commissione europea non è restato altro che prendere l’iniziativa e assecondare la richiesta della maggioranza dei governi europei. Intelligenza politica vorrebbe che la von der Leyen assecondasse anche l’iniziativa di Orban e della presidenza di turno ungherese sul summit di tutti i Paesi dell’area Schengen per il prossimo novembre.