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MEDIO ORIENTE

Il Qatar si ritira, negoziati per Gaza sempre più difficili

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Decisione improvvisa dopo la chiusura degli uffici di Hamas a Doha. Intanto Netanyahu, contestato all'interno per la vicenda ostaggi, manda un altro segnale negativo nominando l'estremista Leiter nuovo ambasciatore d'Israele negli Stati Uniti.

Esteri 11_11_2024

Il Qatar prima cede alle pressioni e chiude l'ufficio politico di Hamas a Doha, poi annuncia il suo ritiro dai negoziati tra Israele e Gaza, in stallo da mesi. Una decisione resa nota all'improvviso, ma che era già nell'aria dopo l’uccisione da parte del gruppo terroristico di Hersh Goldberg-Polin, il ventitreenne israelo-americano rapito il 7 ottobre e trovato morto in un tunnel, vicino a Rafah insieme ad altri cinque ostaggi lo scorso 31 agosto. Da quel giorno l'Amministrazione americana, guidata da Joe Biden, ha fatto pressioni sul primo ministro Jassim Al Thani (nella foto con il segretario di Stato Usa Anthony Blinken) affinché non desse più ospitalità ai vertici di Hamas.
Era stata però l'America a "costringere" il Qatar ad accogliere nel 2012 l’allora leader, Khaled Meshal, trasferitosi dalla Siria dove viveva. Dal 2016 vi soggiornava anche Ismail Haniyeh, l’ultimo responsabile politico fino alla sua uccisione avvenuta a Teheran lo scorso mese di luglio.  

Era evidente che Biden fosse intenzionato, nonostante i fallimenti della sua politica in Medio Oriente, a portare a casa anche un pur piccolo risultato; ma visti gli esiti delle trattative, si è pensato bene di costringere i qatarioti a cacciare Hamas. I quali qatarioti hanno poi informato sia Israele che Gaza, che fin tanto ci sarà il rifiuto di negoziati seri ed affidabili, non saranno disponibili ad altre mediazioni. Il Qatar, per anni, ha dato sostegno finanziario sia agli abitanti di Gaza, sia al gruppo terroristico di Hamas..

Ismail Haniyeh, prima della sua uccisione a Teheran, avvenuta in occasione dell'insediamento del nuovo presidente iraniano Massoud Pezeshkian, si era recato in Turchia, accolto dal presidente Tayyip Erdogan. Durante quell'incontro si era parlato di un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza, ma si erano anche gettate le basi per un eventuale soggiorno stabile di Haniyeh nel territorio turco. Progetto accantonato per le pressioni americane. Proprio in quei giorni Biden annunciava un piano, subito fallito, per un accordo tra Israele e Gaza suddiviso in tre fasi.

Ma cosa faranno ora i vertici di quel che resta del gruppo terroristico di Hamas? Le soluzioni sono due: o essere accolto dalla Turchia, oppure, più probabile, aprire un ufficio politico in Iraq, essendo la Turchia un paese appartenente alla Nato.

Israele ha accolto con soddisfazione le pressioni americane sul Qatar per cacciare Hamas e "ringrazia" inviando un messaggio chiaro sia ai palestinesi della Striscia che a quelli della Cisgiordania, nominando Yechiel Leiter come nuovo ambasciatore d’Israele negli Stati Uniti a pochi giorni dall’elezione di Donald Trump. Una scelta che cancella ogni speranza che l'elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti possa avallare qualche rivendicazione dei palestinesi.
Leiter, nato in Pennsylvania, all'età di 19 anni si è trasferito in un insediamento illegale in Cisgiordania, aderendo poco dopo alla Lega di Difesa ebraica, il gruppo integralista fondato in America dal rabbino Meir Kahane. Poco dopo il terribile assalto del 7 ottobre 2023, Leiter pubblicava un articolo nel quale chiedeva al governo di Netanyahu di usare tutti gli stratagemmi possibili per far crollare e smantellare l'Autorità Palestinese.

Ma il primo ministro israeliano, in questo periodo, è particolarmente criticato in Israele, anche per l'allontanamento di Yoav Gallant dal governo e per non essere ancora riuscito a riportare a casa gli ostaggi. Per questa ragione è stata organizzata una grande manifestazione a Tel Aviv, alla quale hanno partecipato migliaia di persone. I manifestanti, che indossavano la maglietta con la scritta "riportateli a casa”, hanno scandito slogan contro Netanyahu e hanno sollecitato Israel Katz, nuovo ministro della Difesa, a dare la priorità ad un accordo per la liberazione dei prigionieri ancora nelle mani di Hamas. «Ci aspettiamo che Katz dia la priorità a un accordo per la loro liberazione», ha detto il portavoce del Forum delle famiglie, la principale associazione dei familiari degli ostaggi.

Anche lo scorso sabato una grande folla si è radunata a Bigin Road, una delle principali arterie di Tel Aviv, fuori dal quartier generale dell’Idf, per sollecitare un accordo sugli ostaggi. Un enorme striscione, con la scritta "Perché sono ancora a Gaza? Quattrocento giorni", è stato appeso sul cavalcavia pedonale, e a lettere cubitali si leggeva: "Quattrocento giorni: la vergogna di Netanyahu". Nel corso della manifestazione è intervenuto l'ambasciatore tedesco in Israele, Steffen Seibert, che scandendo in ebraico parole "poco diplomatiche" ha dichiarato che il destino degli ostaggi è solo uno degli obiettivi della guerra tra Israele e Hamas, ma certamente non quello principale. Un chiaro messaggio rivolto ai componenti di estrema destra del governo Netanyahu.

Nel frattempo, Netanyahu, messo sotto pressione dalle proteste popolari, ha cercato una sponda nella Russia di Putin, inviando un suo emissario per colloqui riservati con il ministro degli Esteri, Sergei Lavrov. Del colloquio non è trapelato nulla. Ma da fonti anonime si è venuti a sapere che oltre alla guerra di Gaza si è discusso anche del conflitto con il Libano. La Russia è presente in Siria, nella base di Ḥumaymim, dove ha il quartiere generale delle operazioni belliche lungo il fianco mediorientale.

Anche gli Stati Uniti hanno fretta di mettere la parola fine alle ostilità in corso. Trump, infatti, ha chiesto a Biden di aumentare gli sforzi per un cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah; i consiglieri del presidente eletto hanno dichiarato che è auspicabile che la guerra di Gaza sia conclusa prima dell'insediamento di Trump. Da parte sua, l'Amministrazione Biden, tramite il ministro della Difesa Lloyd Austin, ha sollecitato il neoministro Katz ad avviare colloqui per il cessate il fuoco e l'apertura dei valichi per far entrare gli aiuti umanitari nella Striscia, pena la sospensione della fornitura di armi. Una minaccia fatta spesse volte, ma mai concretizzata da parte americana.

Intanto, ieri mattina, l'aviazione israeliana ha sferrato un attacco, prima dell'alba, al campo profughi di Jabalia, nel nord di Gaza, uccidendo 33 persone, tra cui 13 bambini. L’Unrwa, l'Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, che è stata dichiarata non gradita sul territorio israeliano da parte della Knesset (il Parlamento israeliano), ha affermato che è probabile che nel nord di Gaza si stia diffondendo la carestia, mentre vengono segnalati casi allarmanti di malnutrizione tra i bambini e gli adulti. Sempre ieri i coloni israeliani, sotto la protezione dei soldati, sono entrati provocatoriamente nella Spianata del Tempio a Gerusalemme.



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