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Guerra in Ucraina: negli USA il vento sta cambiando

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Negli Stati Uniti media e politica cambiano radicalmente l'approccio riguardo al conflitto in concomitanza con l'avvio della campagna elettorale per le presidenziali del prossimo anno.

Esteri 23_08_2023

L’insuccesso della controffensiva ucraina abbinato all’avanzata russa nella regione di Kharkiv sta alimentando negli Stati Uniti un dibattito sempre più acceso sulla guerra e le opzioni per una sua rapida conclusione a cui il governo di Kiev cerca di rispondere con l’enfasi della propaganda.

Viene esaltata la capacità dei sabotatori ucraini infiltrati in territorio russo di colpire le basi e le infrastrutture del nemico, i servizi segreti rivelano dettagli finora taciuti sugli attacchi al Ponte di Crimea o alle basi navali russe nel Mar Nero mentre lo stesso presidente Volodymyr Zelensky sta ingigantendo i numeri e il peso che i vecchi aerei da combattimento F-16 che verranno ceduti da Danimarca e Olanda potranno avere nel conflitto. La Danimarca è pronta a fornirne 19 ma entro il 2025 mentre solo 6 verranno consegnati all’aeronautica di Kiev non prima di sei-otto mesi e probabilmente solo a guerra finita. Gli F-16 olandesi verranno ceduti non prima della fine del 2024 e in numero non meglio chiarito ma non certo tutti i 42 disponibili. Una realtà ben diversa da quella dipinta da Zelensky che ha parlato di 61 F-16 in arrivo vantando anche forniture di caccia Gripen svedesi di cui Stoccolma ha smentito di aver autorizzato la consegna. A quanto sembra solo a guerra finita gli ucraini potranno disporre di due o tre dozzine di F-16 costruiti negli anni ’80 e con poche ore di volo residue, utili ad avviare la conversione della sua aeronautica da velivoli di tipo russo/sovietico ad aerei occidentali.

Intanto negli Stati Uniti media e politica hanno cambiato radicalmente il tipo di narrazione del conflitto. Il Washington Post ha citato un rapporto dell'intelligence che sostiene che la controffensiva non raggiungerà gli obiettivi previsti come la conquista di Melitopol necessaria a tagliare in due le linee russe separando Kherson e Crimea dal Donbass. Come evidenzia in Italia l’agenzia di stampa Nova, la rivista The National Interest ha scritto che gli Stati Uniti devono «lavorare seriamente» per raggiungere un compromesso che garantisca la pace in Ucraina, e che venga accettato anche dalla Russia, ricordando che sono già in corso contatti diplomatici tra Washington e Mosca a questo proposito. «Iniziative del genere devono essere incoraggiate e rafforzate, rappresentando la base per un maggiore impegno nei negoziati di pace: solo in una situazione del genere, gli Stati Uniti potranno tornare a concentrarsi sul contenimento della Cina, che rimane la cosa più importante per garantire la sicurezza e la prosperità statunitense», si legge nell'articolo che di fatto consiglia Washington di imporre a Kiev ampie concessioni al nemico.

L’articolo non ignora il rischio che una vittoria militare russa avrebbe conseguenze ben più negative per USA e NATO che subirebbero un «enorme danno in termini di reputazione». In termini politici non è certo un caso che valutazioni pessimistiche circa le possibilità di vittoria di Kiev e rapporti d’intelligence vengano fatti trapelare ai media americani in concomitanza con l’avvio della campagna elettorale presidenziale negli USA e sui costi militari e finanziari del sostegno all’Ucraina. Dopo la lettera firmata da 12 deputati repubblicani in cui si chiede a Biden di congelare i 24 miliardi di stanziamento ulteriore per l’Ucraina e di definire gli obiettivi che si perseguono in questa guerra, neppure i candidati alle primarie risparmiano critiche al coinvolgimento americano nel conflitto.

«Stiamo provocando la Russia. Non solo abbiamo commesso il peggior errore geopolitico spingendo i russi ad abbracciare la Cina... ma abbiamo essenzialmente stimolato la creazione dei BRICS che stanno minacciando di abbandonare il dollaro come valuta di riserva mondiale», ha detto Robert Kennedy Jr, candidato democratico in opposizione al presidente Biden. Kennedy ha chiesto provocatoriamente «perché stiamo provocando una guerra con una superpotenza nucleare?».

Dopo che Donald Trump ha promesso di concludere la guerra in 24 ore con un accordo tra Putin e Zelensky, il candidato repubblicano Vivek Ramaswamy ha parlato della necessità che l’Ucraina accetti concessioni territoriali affermando che, se verrà eletto presidente, non consentirà un'ulteriore espansione della NATO. «Faremo un accordo e tutti dovrebbero ottenere qualcosa. Congeleremo le linee di contatto esistenti, proprio come abbiamo fatto alla fine della guerra di Corea. Prenderemo anche l'impegno che l’Ucraina non entrerà nella NATO. Non dimentichiamo quello che James Baker disse a Gorbaciov nel 1990, ossia che non avremmo ampliato la NATO oltre la Germania. Guardate cosa abbiamo fatto da allora!».

Paradossale che candidati alla Casa Bianca riconoscano le minacce portate alla sicurezza russa più volte espresse da Vladimir Putin circa l’ampliamento a est dell’Alleanza Atlantica e la sua presenza in Ucraina. Sviluppi da leggere come ulteriore sintomo di un possibile disimpegno degli Stati Uniti dalla guerra in Ucraina così come è accaduto nei conflitti vietnamita, somalo, iracheno e afghano.

Ancora il Washington Post ha evidenziato i crescenti appelli a limitare gli aiuti all'Ucraina in vista delle elezioni presidenziali del prossimo anno citando analisti che valutano impossibile un successo ucraino senza armi più avanzate e senza un maggior numero di truppe.

Pochi giorni or sono un altro report dell’intelligence è finito nelle mani del New York Times che ha riferito perdite in questo conflitto pari a mezzo milione di soldati su ambo i lati della barricata: 300mila, di cui 120mila morti e 170/180mila feriti per i russi, 70mila morti e 100/120 mila feriti per gli ucraini. Numeri e proporzioni da prendere con le molle come tutte le stime emerse negli ultimi 18 mesi.

Ciò che conta però è il loro valore presso l’opinione pubblica e i politici statunitensi poiché numeri così tragici non incoraggeranno nessun candidato, specie in campagna elettorale, a sostenere una recrudescenza della guerra e del ruolo degli USA. Più che informare, i cosiddetti media mainstream sono terreno fertile per le Info-War e le operazioni psicologiche, tese a influenzare l’opinione pubblica e orientare le decisioni politiche verso uno sganciamento progressivo ma sostanziale dal conflitto. USA e NATO sembrano quindi puntare sul negoziato per concludere il conflitto. L’Europa come sempre non è pervenuta e il governo ucraino faticherebbe a far digerire agli ultranazionalisti “banderisti” pesanti cessioni territoriali ma l’incognita più importante è rappresentata dalle decisioni di Mosca.

I russi sarebbero disposti a trattare col rischio di ottenere solo un congelamento temporaneo del conflitto o scommetteranno sul tracollo militare ucraino che aprirebbe loro la strada della vittoria?



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