Coppie gay, le contorsioni del Papa per non dire la verità
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In continue interviste papa Francesco difende a spada tratta la Dichiarazione sulle benedizioni alle coppie omosex, e cerca di avvalorare una narrazione falsa per confondere le acque.
- Il cortocircuito con la cultura africana, di Stefano Fontana
Chi protesta contro Fiducia Supplicans (FS) «appartiene a piccoli gruppi ideologici». Così papa Francesco ha detto nell’ennesima intervista, questa volta alla Stampa, pubblicata il 29 gennaio. Pochi giorni prima, andando in tv a Che tempo che fa, ospite di Fabio Fazio, aveva invece detto che chi non accetta FS «non la conosce».
Vale la pena riprendere ancora il discorso su questo argomento proprio per la modalità con cui il Papa sta intervenendo in continuazione a difesa della discussa Dichiarazione emanata lo scorso 18 dicembre dal Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede Victor Manuel “Tucho” Fernandez. Non solo interventi, ma anche la “promozione” di Fernandez come membro del Dicastero per l’Unità dei Cristiani, presieduto dal cardinale Kurt Koch: un segnale eloquente.
Come noto, stiamo parlando della benedizione alle «coppie omosessuali e irregolari». E perché conviene ritornarci? Perché di fronte alla levata di scudi internazionale, il Papa non torna indietro – come da molti richiesto – ma cerca di mescolare le carte avvalorando una narrazione chiaramente falsa e insultando presunti nemici definendoli chiusi di cuore, non veri cristiani, che vogliono dividere la Chiesa. È triste dover constatare che un Papa faccia il prestigiatore con le parole per far avanzare la sua agenda, ma bisogna prenderne atto, e anche riconoscere che non è la prima volta. Allora è bene chiarire di nuovo i termini della questione.
All’accusa lanciata dal Papa, cioè che si critica la Dichiarazione perché non la si conosce, ha già risposto molto chiaramente il cardinale Gerard L. Müller nei giorni scorsi intervenendo al programma World Over di Raymond Arroyo su EWTN: «Nessuno può dire che vescovi e cardinali non hanno capito FS. Abbiamo tutti studiato teologia e siamo in grado di comprendere un testo di venti pagine». E poi una frecciata al cardinale Fernandez e ai suoi libri hard: «Abbiamo studiato teologia e non ginecologia, non conosciamo tutti i dettagli come altri, ma quello che serve è conoscere le Scritture, la Tradizione e la dottrina della Chiesa».
E infatti è il Papa che sembra ignorare il contenuto di FS. Alla Stampa ancora una volta ha voluto sottolineare «che non si benedice l’unione, ma le persone», ma non è quello che è scritto nella Dichiarazione. Già nelle righe introduttive il cardinale Fernandez afferma al termine di un lungo discorso che «si può comprendere la possibilità di benedire le coppie in situazioni irregolari e le coppie dello stesso sesso». E in nessuna parte del lungo documento si fa riferimento a benedizioni delle singole persone anche se si presentano in coppia.
A questo proposito però c’è una ulteriore sottigliezza che tende a dare un’immagine distorta della Chiesa: il Papa lascia infatti intendere che fino ad oggi si negasse la benedizione a certe categorie di persone e che gli oppositori di FS vogliano continuare a riservare le benedizioni a una ristretta schiera di eletti: «Peccatori siamo tutti – ha detto il Papa alla Stampa -: perché dunque stilare una lista di peccatori che possono entrare nella Chiesa e una lista di peccatori che non possono stare nella Chiesa? Questo non è Vangelo». Già, ma chi ha mai avuto intenzione di fare liste di peccatori? Piuttosto sono il Papa e Fernandez a farlo, creando una schiera di “peccatori d’élite” visto che il famoso “Todos, todos, todos” viene invocato esclusivamente per omo-transessuali e divorziati risposati.
In realtà si tratta di un modo furbo per spostare il discorso, perché anche il Papa sa che le persone sono sempre state benedette a prescindere dalla loro posizione personale, accade anche al termine di ogni Santa Messa per tutti i presenti. E sarebbe dunque assolutamente inutile un documento che ribadisse ciò che la Chiesa ha sempre fatto, così come sarebbe incomprensibile una ribellione di così vasta portata se non ci fosse una novità dirompente.
A questo proposito, nell’intervista alla Stampa il Papa riscrive quello che sta avvenendo nella Chiesa, a proprio uso e consumo: a parte gli africani che «sono un caso a parte», «chi protesta con veemenza appartiene a piccoli gruppi ideologici», ha detto. Con tutto il rispetto è esattamente il contrario: ad appartenere a piccoli gruppi ideologici sono quanti stanno cercando di sovvertire la dottrina della Chiesa in materia di sessualità, come il cardinale Ratzinger aveva già descritto precisamente nel 1986. E questi gruppi, diciamo pure questa lobby, hanno trovato in papa Francesco il grande sponsor, come la storia di New Ways Ministry e di suor Jeannine Gramick dimostra (qui e qui), cosa che solo un cieco può non vedere.
Invece l’opposizione a FS è decisamente ampia, soprattutto nel Sud del mondo (guarda caso quelle periferie tanto esaltate in questo pontificato), ma anche in Occidente e nella Curia Romana.
L’Africa merita però un discorso a parte, perché per papa Francesco è l’unica realtà che avrebbe motivi per opporsi: «Per gli africani – ha detto – l’omosessualità è qualcosa di “brutto” dal punto di vista culturale, non la tollerano. Ma in generale, confido che gradualmente tutti si rasserenino sullo spirito della Dichiarazione Fiducia Supplicans (…): vuole includere, non dividere».
Sulla gravità di queste parole riservate agli africani, che denotano anche una certa qual visione razzista, trattiamo a parte, ma merita sottolineare un punto: stigmatizzando la cultura africana per cui l’omosessualità è una cosa “brutta”, papa Francesco intende affermare che sia invece una cosa “buona”, ciò che è il contrario di quanto afferma il Catechismo della Chiesa cattolica.
Appare perciò evidente – se ancora qualcuno avesse dei dubbi - che Fiducia Supplicans abbia come fonte proprio la convinzione che l’omosessualità sia una variante normale della sessualità; e abbia l’obiettivo di portare tutta la Chiesa ad accettare per via “pastorale” questa visione.
È auspicabile perciò che un numero sempre maggiore di vescovi e cardinali prendano coscienza della gravità di questa situazione e si adoperino per fermare questa deriva.
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