Cop 27, il fallimento redditizio delle politiche climatiche
Alimentata da una narrazione mediatica basata su un allarmismo continuo, la politica internazionale continua a focalizzarsi sulla lotta al cambiamento climatico. La prossima tappa sarà la conferenza Cop27, che si terrà in Egitto a partire dal 6 novembre. Le altre conferenze internazionali sul clima hanno fissato obiettivi molto ambiziosi e costosi. Che però non sono mai stati rispettati. La guerra in Ucraina segna anche il ritorno ad energie "sporche" per far fronte alla crisi energetica. Però il continuo allarmismo rende molto (a pochi) e questo rito collettivo continuerà ancora per molto.
I rappresentanti di circa 190 Paesi si riuniranno in Egitto per due settimane, a partire dal 6 novembre in occasione della COP27, il vertice annuale della Conferenza delle Parti delle Nazioni Unite sulla politica del cambiamento climatico. L’ennesima ‘ultima chance’ per evitare la catastrofe, ci veniva detto nel report del febbraio scorso degli esperti di ‘Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC)’, mentre nelle scorse settimane il Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha messo in guardia dal "caos climatico", chiedendo ai Paesi sviluppati più ricchi del mondo, alle aziende e agli investitori di chiarire il loro impegno a favore del clima nei Paesi in via di sviluppo, per un valore di 100 miliardi di dollari all'anno.
Il messaggio predominante di queste conferenze sul clima, lo abbiamo visto anche lo scorso anno alla COP26 di Glasgow che abbiamo descritto su LaBussola, è quello di un riscaldamento globale "catastrofico" e la richiesta di politiche con la drastica riduzione delle emissioni di gas serra di origine antropica (umana). Con gli Accordi di Parigi del 2015, i governi avevano concordato di "intraprendere rapide riduzioni di gas serra", nel tentativo di limitare l'aumento della temperatura globale a 1,5 gradi Celsius al di sopra dei livelli preindustriali. A tal fine, più di 40 Paesi - tra cui gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e tutti i membri dell'Unione Europea, hanno deciso da allora di forzare le transizioni energetiche delle proprie economie e società verso emissioni di gas serra "zero" entro la metà del secolo. Nonostante il chiaro successo nella promozione di una narrazione allarmistica, grazie al sostegno dei mass media, dei plutocrati mondiali e della politica, bisogna prendere atto che dopo quali tre decenni di riunioni della COP non si sono realizzati significativi successi nel mitigare le emissioni di gas serra a livello globale. Le emissioni globali hanno continuato ad aumentare dalla prima COP di Berlino del 1995 a oggi, con l’eccezione delle emissioni di anidride carbonica derivanti dalla produzione e dall'uso di energia (la stragrande maggioranza delle emissioni di origine antropica) che sono diminuite di oltre il 5% nel 2020 a causa della pandemia COVID-19 e dei lockdowns e divieti conseguenti.
Le Nazioni Unite e la World Meteorological Society stimano e pretendono che le riduzioni delle emissioni promesse debbano essere sette volte superiori nei prossimi anni, al fine di raggiungere l'obiettivo dell'Accordo di Parigi, perché né la quantità delle riduzioni né il ritmo è coerente con gli impegni presi. Tuttavia, i rappresentanti dei governi promotori del catastrofismo climatico e sostenitori degli Accordi di Parigi hanno evidenziato i propri impegni seri di politiche ed investimenti per giungere a ‘zero emissioni’, le spese esorbitanti per limitare l'energia da idrocarburi e forzare la transizione verso le alternative. In questo l’Europa ed in particolare il Parlamento Europeo ed il Vice Presidente della Commissione Frans Timmermas, sono in perenne gara per dimostrarsi i primi della classe, a scapito della crescita equilibrata e della crisi sociale ed economica di imprese e famiglie europee. Nella riunione dei giorni scorsi dei Ministri dell'Energia europei si è deciso di riprendere le conclusioni della COP26 sulla "riduzione graduale" dell’utilizzo del carbone e porre fine al più presto ai sussidi per combustibili fossili.
La verifica degli impegni globali però presenta delle sorprese. Le politiche di molti governi per l'azzeramento delle emissioni di CO2 devono tenere conto della disponibilità tecnologica, l'accessibilità economica e la diffusione di sostituti adeguati per i carburanti e fonti di energia convenzionali. Nonostante le aspirazioni politiche che cercano di accelerare la transizione dai combustibili convenzionali alle fonti energetiche alternative e ‘pulite’, molti Paesi mostrano ogni giorno di essere più interessati a un'energia accessibile per mitigare prezzi e sostenere consumi di cittadini e imprese, piuttosto che gettarsi nella costosa transizione verde. In particolare, alla luce della crisi dei prezzi dell'energia, basterebbe considerare l'interesse della Cina ad acquistare il petrolio russo o la decisione della Germania, avamposto delle guerre climatiche, di tenersi strette le centrali a carbone. Se lo scopo dei vertici della Conferenza dei Partiti (COP) era quello di istigare una rapida riduzione delle emissioni di gas serra, essi hanno fallito.
Piuttosto appare sempre più che questi vertici offrano ai politici e alle lobbies finanziarie e produttive un margine di manovra, la pressione di una presunta catastrofe imminente, per pianificare centralmente il settore energetico e intere economie. Due terzi della crescita delle emissioni di CO2 provengono dai Paesi in via di sviluppo, mentre le popolazioni dei Paesi in via di sviluppo non hanno un accesso affidabile e conveniente a calore, elettricità e trasporti. Circa 940 milioni di persone in tutto il mondo non hanno accesso all'elettricità e circa 3 miliardi non dispongono di combustibile pulito per cucinare.
Per avvicinarsi alla soglia di un tenore di vita dignitoso, questi miliardi di persone dovranno almeno triplicare il loro consumo energetico pro capite. Il Segretario generale dell’Onu Guterres dice che per salvare milioni di vite dalla "carneficina climatica" è necessario un drastico aumento dei finanziamenti per l'adattamento al clima. No, la carneficina è già in atto e si vuol perpetrare con il falso catastrofismo climatico e il razzismo malthusiano che l’ispira.