Con l'attentato a Mosca torna l'incubo dello Stato Islamico
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Un messaggio a tutti i Paesi considerati "infedeli": l'assalto al "Bataclan" russo rivendicato dall'Iskp,una sigla sconosciuta ai più, ma che rappresenta attualmente una delle più gravi minacce alla sicurezza internazionale.
L’hanno ribattezzato il “Bataclan di Mosca”, il più agghiacciante tra gli attentati jihadisti commessi nel continente europeo da quelli del 13 novembre 2015. Un attentato che sta facendo ripiombare l’Europa tutta, di nuovo, in uno scenario da incubo. Anche se, per ora, lo ammette solo Parigi.
Sebbene la carneficina sia avvenuta a circa 3000 chilometri dal cuore del Vecchio Continente, con un bilancio di 137 morti, tra cui tre bambini, l’onda d’urto è più tangibile che mai. L’assalto di Mosca è stato rivendicato dallo «Stato Islamico del Khorasan» (Iskp), il ramo dello Stato Islamico che prende il nome dalla provincia nord-orientale dell’Iran al confine con Turkmenistan e Afghanistan. L’Iskp rappresenta attualmente una delle più gravi minacce alla sicurezza internazionale. E secondo l’International Centre for Counter-Terrorism (ICCT), un think-tank con sede all’Aja, il gruppo si trova oggi in una situazione paragonabile a quella che poteva essere dell’Afghanistan pre-11 settembre.
Lo sa bene Parigi, che già domenica elevava il Vigipirate – il piano di sicurezza nazionale francese che mira a prevenire e proteggere contro le minacce terroristiche – al livello di “emergenza attentato”, cioè alla sua soglia massima. Quattromila uomini in più sono stati dispiegati per tutto il Paese. Il timore è tutto per la settimana santa e per le oltre 42.000 chiese nel Paese. Intanto, nella notte tra lunedì e martedì, oltre venti istituti scolastici di Parigi sono stati presi di mira con minacce di attentati accompagnate dal video della decapitazione. Gli istituti presi di mira erano tutti nel 13°, 15° e 19° arrondissement: tutti quartieri particolarmente sensibili e in passato più volte teatro di attentati.
Dal momento che i media nostrani se ne occupano davvero poco, l’Iskp sembra ai più una sigla nuova e misconosciuta. Tutt’altro. E contrariamente alla precisa collocazione geografica, l’Iskp è attivo oltre la regione e ha l’obiettivo di stabilire un califfato transnazionale.
Responsabile del terzo numero di morti a livello mondiale dopo Isis e Al-Shabaab, con l’attentato di Mosca si nserisce perfettamente nel modus operandi di un’organizzazione che punta a un califfato globale, che inizia nel Caucaso e nell’Asia centrale e si estende allo Xinjiang e all’India. Dal 2014, l’Iskp e i talebani conducono una guerra totale contro gli infedeli: 572 attacchi urbani in Afghanistan tra aprile 2019 e marzo 2020; 2.200 morti e quasi 4.000 feriti nel 2020, altri 334 attacchi nel 2021 compreso l’attacco all'aeroporto di Kabul: 183 morti tra cui 13 soldati americani.
Quando venerdì scorso, è stato il momento di rivendicare l’attentato, hanno voluto sottolineare di aver colpito «un grande gruppo di cristiani nel contesto della guerra in corso tra (Daesh) e i Paesi che combattono contro l’islam». Affermazione che ha fatto tremare tutte le cancellerie europee, compresa l’Italia, ma soprattutto Parigi, dove l’Iskp ha già effettuato diversi tentativi di attentato.
Nel 2022, per esempio, quando ha provato a colpire di nuovo il mercatino di Natale di Strasburgo. Ancora nel 2022, quando due giovani ventenni, provenienti dal Tagikistan, sono stati arrestati per “associazione a delinquere terroristica” perché stavano pianificando un attentato che doveva essere come quello del 13 novembre 2015.
Secondo l’intelligence parigina, l’Iskp era coinvolto anche nell’attentato del 2 dicembre scorso, a Parigi.
Nel luglio 2023, sei tagiki e altri tre cittadini di Paesi dell’Asia centrale (due kirghisi e un turkmeno) sono stati arrestati uno dopo l’altro, in Germania, Belgio e Paesi Bassi – alcuni dei sospettati erano falsi profughi transitati attraverso l’Ucraina – perché pianificavano un attentato in Francia.
Sei mesi dopo, sempre in Germania, ma anche in Austria e Spagna, sono stati arrestati diversi tagiki legati all’Iskp. Per gli investigatori tedeschi l’obiettivo era la cattedrale di Colonia. Infine, il 19 marzo, tre giorni prima dell’attacco di Mosca, la polizia tedesca ha arrestato due afgani legati all’Iskp: i due uomini sono stati accusati di aver preparato un attentato in Svezia per “punire” il Paese dopo la vicenda dei Corani bruciati. In Austria, tre persone sospettate di “intervento in una rete islamista” sono state arrestate lo scorso dicembre, preparando un attentato contro luoghi legati alla cattolicità prima di Natale, e, ancora una volta, erano legate all’Iskp.
Oggi, l’impatto dell’attentato di Mosca non è circoscritto alle azioni del gruppo islamico. L’attenzione è tutta rivolta anche alle ripercussioni sul movimento endogeno che riunisce individui, senza legami operativi con Daesh, ma che possono essere motivati dal successo dell’operazione e decidere di agire con mezzi rudimentali (coltelli, veicolo-ariete), proprio come è già più volte accaduto in questi anni. D’altronde, da venerdì sera, il movimento jihadista esulta e saluta il “successo” contro i “kouffar”, i miscredenti. Come i massacri perpetrati da Hamas il 7 ottobre, l’orrore di Mosca potrà avere degli effetti collaterali inattesi. Non bisogna dimenticare che il terrorista protagonista dell’attentato del 2 dicembre scorso nei pressi della torre Eiffel, ha dichiarato di essere stato motivato dal conflitto israelo-palestinese e di aver adottato come nome di battaglia Abu Talha al-Khorasani – un chiaro riferimento all’Iskp.
La minaccia terroristica islamica è reale, è forte e non si è mai indebolita. Il 5 marzo, Céline Berthon – direttore generale della Sicurezza Nazionale – indicava «la minaccia del terrorismo islamico in aumento da poco più di un anno in Francia, e non solo». Secondo il capo della DGSI, sullo sfondo c’è anche un movimento endogeno caratterizzato da profili giovani, molto attivi online, attratti dalla propaganda. Come dimostra, del resto, l’arresto di una settimana fa, di un 14enne che preparava un attentato a Lille.
Probabilmente, c’è tra gli islamisti il desiderio di recuperare terreno sopratutto invadendo l’immaginazione occidentale che iniziava ad essere un po’ disabituata ad attentati in grande scala. L’obiettivo è dimostrare che possono agire ovunque, e quindi seminare terrore, sorprendere e segnare terribilmente le coscienze.
Inoltre, è molto probabile che il ramo afghano dello Stato Islamico abbia voluto far parlare di sé per non lasciare tutto lo spazio mediatico e politico-simbolico ad Hamas: hanno rivendicato per due volte l’attentato mostrando i combattenti e mettendo in rete i video dei telefonini dei terroristi mentre uccidevano all’interno della sala concerti russa.
Al contempo anche la minaccia esogena risulta in piena rinascita. L’attentato di Mosca è stato in qualche modo il tentativo di dimostrare la capacità di lanciare attacchi a distanza in tutto l’Occidente anche servendosi, probabilmente, di uomini non affiliati in maniera diretta alla sigla terroristica.
Se, infatti, la Francia, e altri Paesi europei come l’Italia, hanno deciso di alzare la guardia, è perché l’attentato di Mosca è un messaggio rivolto a tutti i Paesi considerati infedeli dal terrorismo islamico.
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