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IL LIBRO

Takashi Paolo Nagai, una vita drammatica trasformata da Dio

La storia del “santo di Urakami” nel romanzo autobiografico Ciò che non muore mai. Un libro dove il medico giapponese, sopravvissuto alla bomba atomica su Nagasaki, racconta con stupore l’opera di Dio nella sua tormentata esistenza. Passando dalla disperazione alla conversione a Cristo.

Cultura 06_05_2023

“Tutta una vita per della cenere! Non poteva sopportare una vita senza senso! Doveva trovare ciò che non perisce. Doveva aggrapparsi a ciò che non muore mai. Il tempo passa, lo spazio svanisce, gli esseri viventi muoiono ma noi dobbiamo vivere la vita in modo che rimanga ciò che non perisce, ciò che non muore”. Sono parole delle ultime pagine del romanzo autobiografico Ciò che non muore mai - Il cammino di un uomo, di Takashi Paolo Nagai (Edizioni San Paolo), davanti all’orrore della distruzione della sua città, Nagasaki, colpita dalla bomba atomica il 9 agosto 1945. Nella sua autobiografia (scritta in terza persona), Takashi Paolo Nagai, che assume lo pseudonimo Ryūkichi, è un medico radiologo e scienziato acclamato, costretto a riconoscere che non rimane più nulla di tutto ciò che ha realizzato nell’ospedale universitario; non c’è più nemmeno Midori (nel romanzo chiamata Haruno), la moglie dolcissima che lo ha portato alla fede cattolica, morta nell’esplosione col rosario in mano. Ma Dio in realtà non lo aveva abbandonato, come del resto non aveva mai fatto in tutta la sua esistenza travagliata, “tessendo” invece la sua vita in modo misterioso.

Takashi Nagai dovette arrivare alla grande tragedia della bomba atomica su Nagasaki per scoprire che “il Tessitore continuava a tessere instancabile la sua vita, teso a un compimento sempre più profondo e alto, quello di un amore che vince la morte e tutto il male che l’umanità possa commettere o subire”. Da quel momento iniziò una vita di preghiera e servizio, in una piccola capanna nel mezzo della landa atomica spazzata dal vento, gravemente malato di leucemia, ma abbracciato dall’amore di Dio. Quel Dio che con discrezione lo aveva condotto lungo la strada imprevista della conversione, culminata nel battesimo richiesto prima del matrimonio con Midori. La Chiesa cattolica in Giappone, allora come oggi, era davvero una piccola minoranza, perciò incontrare la presenza cristiana era davvero difficile negli anni in cui visse il medico radiologo (1908-1951), educato dalla sua famiglia agli insegnamenti di Confucio e della fede scintoista, influenzato poi dal materialismo durante gli studi.

Anche a Nagasaki, città in cui si era trasferito per accedere all’università di medicina, l’ambiente era dominato dallo scientismo occidentale e dall’ateismo. Questo malgrado la città nel XVII secolo fosse diventata cristiana grazie all’opera di san Francesco Saverio e dei missionari gesuiti, che avevano portato la fede in Giappone nel 1549. Infatti, già sul finire del Cinquecento, il governo dei samurai cominciò ad attuare feroci persecuzioni che durarono fino al XIX secolo (il film Silence di Martin Scorsese dà un’idea delle atrocità subite dai credenti in quel periodo), in cui vennero sterminate decine di migliaia di martiri per la fede. Tuttavia un piccolo gruppo di fedeli, non disposto ad abiurare, si era rifugiato nelle campagne di Urakami, il distretto rurale a nord di Nagasaki, iniziando a vivere in clandestinità, senza chiese né preti né sacramenti, salvo il battesimo che celebravano loro stessi. Questo era il popolo dei cosiddetti cristiani nascosti, che tramandò la fede per 250 anni, di generazione in generazione, con tutta la forza e la certezza ereditata dagli antenati martiri. Urakami dunque, sul finire dell’Ottocento, quando la professione della fede cristiana venne finalmente liberalizzata, era profondamente cattolica.

Secondo un disegno provvidenziale, che Nagai comprese solo negli ultimi anni, il giovane medico decise di farsi ospitare dalla famiglia Moriyama, discendente dei cristiani nascosti, proprio nel quartiere di Urakami. Qui si innamorò della loro unica figlia Midori, dopo averla salvata da un pericoloso attacco di appendicite acuta. A seguito di una veloce e precisa diagnosi, la portò sulle spalle in ospedale, sotto la neve, per farla operare da un amico chirurgo. Midori, diventata poi sua amorevole e silenziosa sposa, testimone incrollabile della fede, lo accompagnò fino alla terribile esplosione atomica, che cancellò tutto il quartiere di Urakami dove abitavano. Takashi invece, pur già gravemente malato di leucemia per la sua attività di radiologo, a differenza di lei si salvò, protetto dalle pareti in cemento armato dell’ospedale universitario. Riconobbe davvero solo in quel momento la grandezza discreta ma potente della sua amata, che aveva sempre agito nel nascondimento, offrendo tutta se stessa a Cristo, senza riserve. Lui invece era diventato un affermato scienziato e un medico da tutti ammirato nella città, superando incredibilmente gli ostacoli che sembrava volessero bloccare la sua carriera.

La sua esistenza è stata segnata da prove durissime che lo hanno portato a cercare un amore che vince il male e la morte. Appena laureato, infatti, una gravissima otite gli impedì per sempre di esercitare l’arte medica con lo stetoscopio, come avrebbe voluto. La cruenta guerra in Manciuria, dove operò come ufficiale medico, sembrò interrompere il suo progetto matrimoniale con Midori. Scelta poi la strada della radiologia e diventato stimato professore, un’iniezione per curare una banale influenza lo portò sull’orlo della morte e lo rese asmatico cronico. La Seconda Guerra Sino-Giapponese, con la sua cieca barbarie, lo tenne a lungo lontano da casa, ma gli svelò anche il volto umano di un nemico capace di riconoscere il suo sorriso. Imparò così lentamente a intravedere il Bene nelle vie che il Signore gli faceva percorrere, a dispetto dei suoi progetti e anche delle tenebre della guerra.

Il romanzo di Takashi Paolo Nagai è commovente anche per i gesti di gratuità che racconta con meraviglia, segni di quell’amore che dà senso a qualunque condizione di vita, anche alle più terribili devastazioni. Nagai, ripercorrendo la sua esistenza, ci insegna con ammirevole umiltà uno sguardo capace di accogliere ciò che la Provvidenza di Dio prepara misteriosamente per ciascuno di noi. Nell’amicizia con Cristo che “il santo di Urakami” alla fine, immobilizzato in un letto dalla leucemia, ha vissuto in una capanna in assoluta povertà, ma “nel fulgore”. Recentemente si sono aperte le cause di beatificazione per lui e sua moglie.