Sui diritti del concepito il centrodestra si schianta
Clamoroso attacco del ministro Roccella e del senatore Malan che affossano i Ddl che promuovono i diritti del concepito, soprattutto quello del loro collega di partito Menia. La difesa a oltranza della Legge 194, anche da parte del centrodestra, non ammette eccezioni. E il Pd canta vittoria. Bisogna riconoscere che la cultura di morte è ormai l’abito mentale della quasi totalità dei politici.
Il primo è stato il senatore Maurizio Gasparri, in quota Forza Italia. Il 13 ottobre scorso depositò in Senato un disegno di legge dal titolo eloquente: «Modifica dell’articolo 1 del codice civile in materia di riconoscimento della capacità giuridica del concepito» (clicca qui per un approfondimento). E non era la prima volta che lo presentava. Nello stesso giorno anche il senatore della Lega Massimiliano Romeo presentava un proprio disegno di legge che reca come titolo: “Disposizioni per la tutela della famiglia e della vita nascente, per la conciliazione tra lavoro e famiglia e delega al Governo per la disciplina del fattore famiglia”. Al comma 2 dell’art. 3 possiamo leggere: “Ai fini della presente legge, il concepito è riconosciuto quale componente del nucleo familiare a tutti gli effetti”. Infine il 13 gennaio scorso il senatore di Fratelli d’Italia Roberto Menia deposita, sempre in Senato, il disegno di legge “Modifica dell'articolo 1 del codice civile in materia di riconoscimento della capacità giuridica ad ogni essere umano”. Il testo non è ancora disponibile, ma il titolo potrebbe già dire molto, se non tutto. Ad abundantiam Isabella Rauti di FdI ha proposto il 25 marzo, giornata in cui la Chiesa festeggia il concepimento di Nostro Signore, come Giornata del nascituro.
A quelli della sinistra è ovviamente venuto un collasso. Ecco alcune reazioni a caldissimo e schiumanti rabbia. La senatrice del Pd Valeria Valente: "Dopo il ddl Gasparri arriva il ddl Menia per riconoscere la capacità giuridica del concepito. Evidentemente FdI non voleva sentirsi da meno rispetto a Fi, nell'attacco alle libertà e ai diritti delle donne di disporre del proprio corpo e di autodeterminarsi". La presidente dei senatori Dem, Simona Malpezzi, dichiara che c’è la volontà di "cancellare il diritto della donna di autodeterminarsi nella scelta di diventare madre o meno" (piccolo appunto: se c’è già il figlio in grembo, la donna è già madre). Infine Cecilia D'Elia, senatrice Pd: "Il testo presentato è totalmente incompatibile con il principio di autodeterminazione ed è un chiaro tentativo di mettere in discussione proprio la legge 194, ma non ci riusciranno". Ma davvero, se uno di questi Ddl (o un Testo unificato che li riunisse) vedesse la luce, la 194 finirebbe nel cestino?
Prima di rispondere facciamo un passo indietro. Come abbiamo già spiegato, il nostro ordinamento giuridico in merito al tema della soggettività giuridica del concepito è ambiguo. Da una parte abbiamo l’art. 1 del Codice civile che afferma che solo il nato è soggetto di diritto (una persona per lo Stato) e su altro fronte abbiamo una serie di articoli del Codice Civile e l’art. 1 della legge 40/04 che chiaramente affermano il contrario, ossia che già il nascituro è soggetto di diritto. Finora dal punto di vista giuridico ha sempre vinto l’art. 1 del Codice civile. Ecco perché, tra gli altri motivi, la 194 ha continuato a macinare cadaveri indisturbata.
I sopra menzionati Ddl, tra le varie finalità, vorrebbero fare chiarezza una volta per tutte sulla questione della soggettività giuridica del nascituro, assegnando a questi piena capacità giuridica. Ammettiamo dunque che uno di questi Ddl passasse – evento al limite dell’impossibile - cosa accadrebbe alla 194? Molto probabilmente poco o nulla. Dal punto di vista giuridico l’obiezione, razionalmente insuperabile, che riguarda l’intoccabilità di un soggetto di diritto potrebbe essere furbescamente superata con il solito trucchetto del bilanciamento degli interessi. I giudici, compresi quelli della Consulta, potrebbero allora così argomentare: da una parte abbiamo il nascituro che, in quanto soggetto di diritto, ha diritto alla vita e dall’altro la donna che ha diritto se scegliere di diventare madre o no e che ha diritto di tutelare la propria salute psico-fisica. Bilanciamento, dal punto di vista oggettivo, impossibile da predicarsi, perché il piatto della bilancia si trova giustamente e sempre sbilanciato verso il nascituro, dato che il diritto alla vita pesa sempre più di più degli altri diritti, anche sommandoli tra loro. Ciò detto però l’escamotage del bilanciamento degli interessi contrapposti metterebbe comunque in sicurezza la 194.
Ma il punctum dolens non deve essere rinvenuto nel piano giuridico, ma in quello culturale. Ad oggi in Italia non esiste una cultura pro life così robusta da spingere i politici a mandare in soffitta la 194. Infatti lo stesso Gasparri ha affermato che la 194 non si tocca. Identico giudizio, espresso in più occasioni, è stato formulato dal premier Meloni. E dunque se questo è l’ordine di scuderia che proviene dal Capo del Governo naturalmente tutti i parlamentari del centro destra si guarderanno bene dall’attaccare direttamente la 194. Questa logica politica mette in evidenza una contraddizione in termini alquanto marcata se riferita ad un parlamentare che si batte perché il nascituro sia riconosciuto come uno di noi: da una parte vuoi che il nascituro sia considerato soggetto di diritto – e come tale non potrebbe essere soppresso – e su altro versante non vuoi abrogare una legge che permette di uccidere questo stesso soggetto di diritto.
Dicevamo che lo snodo centrale della critica alla 194 si articola sul piano culturale, sociale, ossia sul piano delle coscienze. Solo se il sentito popolare pro life sarà maggioritario allora i politici si arrischieranno nel tentativo di ritoccare e poi semmai abrogare la 194. Altrimenti è una partita politicamente perdente.
Allora perché tutti questi Ddl? Quale scopo perseguono se la premessa ineludibile è “non tocchiamo la 194”? Come già spiegavamo nell’articolo a commento dell’iniziativa di Gasparri, probabilmente la strategia è massimalista: chiediamo 100 per portare a casa almeno 10. Tradotto: teniamo in piedi la 194, ma erodiamo la sua portata effettiva, tentando di infiltrare nelle maglie applicative di questa normativa degli spiragli per contrastare fattualmente l’aborto. In breve, se riusciamo a qualificare il concepito come soggetto di diritto forse potremmo ammorbidire sul piano operativo la 194 potenziando quelle parti della legge che sono a favore del nascituro (speranza vana) e, se non riusciamo in questo intento, perlomeno avremo dato lo sprone ad un dibattito sulla vita nascente (speranza un po’ più concreta).
Questo quadro strategico però al termine della giornata di ieri ha subito un grave sfregio. Infatti il ministro della famiglia Eugenia Roccella sgancia la bomba e riferendosi al ddl del suo compagno di partito Roberto Menia così dichiara all’AGI: “La sua è una iniziativa personale, non avrà alcun seguito". Ribatte Menia (in foto): “Va benissimo, dica quello che vuole. Mi si vuole togliere il diritto di pensare e di dire quello che voglio?". Interviene allora il capogruppo di FdI al Senato Lucio Malan che dà man forte alla Roccella: “La posizione di FdI è ben chiara ed è stata espressa più volte dal presidente Meloni, dal partito: noi siamo per il mantenimento così com'è della legge 194. Su questo non c'è nessun dubbio. Comunque venga letto il disegno di legge Menia, questa è la nostra posizione. Il ministro Roccella ha detto che questo disegno di legge non avrà seguito, c'è la libertà di presentarlo, altra cosa è la calendarizzazione o l'approvazione". Tradotto: che Menia presenti pure questo Ddl, tanto verrà cestinato all’esame della prima commissione parlamentare.
Ovviamente il PD esulta e di questo dobbiamo ringraziare il duo Roccella-Malan il quale è riuscito laddove la sinistra ha fallito: blindare ancor per anni la 194. “Ieri con Cecilia d'Elia e Valeria Valente – scrive su Twitter il presidente dei senatori del Pd Simona Malpezzi - avevamo detto che il ddl per il riconoscimento giuridico del concepito era un attacco alla libertà delle donne. Oggi il capogruppo di FdI è costretto a darci ragione e con una frettolosa retromarcia disconosce quel testo. Vittoria Pd”. Sì vittoria, perché ormai Menia è in modo definitivo delegittimato dai suoi stessi kompagni, colpito a morte da fuoco amico. E, banale aggiungerlo, se il ddl Menia cola a picco, non si vede perché gli altri disegni di legge simili dovrebbero rimanere ancora a galla.
Perché questo improvvido intervento della Roccella a cui hanno fatto eco le parole di Malan? Difficile fornire una risposta sicura. Qualche ipotesi.
La prima: la Roccella, che nell’immaginario collettivo della sinistra è una pro-life, appena eletta è stata attaccata sulla 194. Lei, ex radicale ma con piena evidenza affetta ancora da qualche postumo di questa sua trascorsa militanza, per settimane si è sgolata giurando che non avrebbe mai messo in forse la legge sull’aborto, anche perché la materia esula dalle sue competenze come ministro della famiglia. Inevitabile quindi stroncare un disegno di legge che, molto alla lontana, potrebbe creare problemi di applicazione alla 194.
Seconda ipotesi: l’ordine di affossare il ddl Menia viene direttamente dalla Meloni la quale, evidentemente ignara dei propositi di Menia (possibile?), ha visto montare la polemica sulla 194. Come già ricordato, anche la Meloni ha giurato fedeltà alla 194 ripetutamente e quindi ha pensato bene di disinnescare l’ordigno prima che provocasse troppi disastri.
Questo psicodramma ci porta a constatare che alla fine la radice culturale degli esponenti di destra è la medesima di quelli di sinistra e ha dato prova che la cultura di morte è ormai l’abito mentale della quasi totalità dei politici. E non ci vengano dire lor signori che la difesa senza condizioni della 194 è una strategia per intaccarla. Se non avete pietà dei bambini, perlomeno abbiate pietà del principio di non contraddizione.
La salvezza di nascituri non verrà quindi dal grande mare dalla politica, ma dal piccolo orto della cultura sanamente cristiana, dunque dalla fede la quale mai ci porterà a dire “noi siamo per il mantenimento così com'è della legge 194”. Il già senatore Simone Pillon in merito a questa vicenda appunta: “Forse il ministro dovrebbe ricordarsi che la battaglia per riconoscere la personalità giuridica del concepito fu iniziata da Carlo Casini, fondatore del Movimento per la vita, fu sostenuta da san Giovanni Paolo II, da Benedetto XVI e viene portata avanti con coraggio anche da papa Francesco”.