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DOPO VERONA

Politica ancora inaffidabile, per il voto serve una lobby

La riuscita kermesse di Verona non deve far dimenticare che su aborto e divorzio, la politica - compresi Salvini e Meloni - e un certo mondo ecclesiale non sono affidabili. La difesa dei principi non negoziabili ha il suo campo privilegiato nella cultura, ma in quello politico sono i partiti che devono trovare appetibile il voto pro life e pro family. Come? Facendolo pesare. 
- EROI SENZA CAPI, MA CON UNA DONNA di Gianpaolo Barra

Politica 02_04_2019

Huston abbiamo un problema e il problema è bello grosso. “Le conquiste sociali non si toccano, non si discute sulla revisione dell'aborto del divorzio, della libertà di scelta per donne e uomini". “Divorzio, aborto […] non sono in discussione”. “Lo ripeto: legge 194, diritti civili e di scelta non sono in discussione né nei programmi del governo”. Chi lo ha detto? La Bonino? No, Matteo Salvini il 27 e il  29 marzo, ripetendolo anche il 30 marzo poco prima di arrivare al Congresso Mondiale delle Famiglie, così come riportato rispettivamente dall’Ansa e dal Corriere.

“Io penso che nessuno in Italia voglia abolire la legge 194. Io non voglio abolire la 194. Nessuno In Italia vuole abolire la legge 194, siamo seri.[…] La legge 194 è una legge fatta benissimo e non si tocca” dal minuto 7,30”). Chi lo ha detto? Lo ha detto la Boldrini? No, lo ha detto l’on. Giorgia Meloni il 27 marzo scorso alla trasmissione Accordi e disaccordi sul canale Nove.

“L’oggetto del convegno [il Congresso Mondiale delle Famiglie] non è mai stato di mettere in discussione la legge 194, così come le altre conquiste sociali di questo paese”. Chi mai potrebbe parlare di aborto come conquista sociale del Paese? Zingaretti? No, il sindaco di Verona, di centrodestra, Federico Sboarina. Il quale ammette anche di aver concesso sale comunali per eventi antagonisti al Congresso di Verona: “In questi stessi giorni a Verona anche il circolo Pink ha utilizzato sale comunali per esprimere la propria idea”. Per tacere del convegno “Il ruolo del gender e della famiglia nella mobilitazione e nelle politiche della destra. Solidarietà femminista e prospettive rivoluzionarie” svoltosi il 29 marzo scorso presso la sala civica Elisabetta Lodi.

La famiglia va distinta dalle “unioni civili rispettabilissime con tutti i diritti che possono avere”. Al nostro personaggio misterioso l’intervistatore porge questa domanda: “E non sono una minaccia alla famiglia?”. E Mr X risponde: “Per niente, per niente”. Chi questo Mr X? L’on. Monica Cirinnà? No, il vescovo di Verona mons. Giuseppe Zenti.

A margine ma non troppo. Eva Crosetta, conduttrice dei momenti più salienti del Congresso, in una intervista svoltasi proprio nell’auditorium alla Gran Guardia, sede dei lavori congressuali, si è detta a favore dell’aborto terapeutico, delle unioni civili e dell’affido di minori a coppie omosessuali (per tacere di altre amenità che potrete trovare in questo video.

Salvini, Meloni, Sboarina e Zenti hanno tutti partecipato al Congresso di Verona ed hanno anche detto cose apprezzabili e a volte apprezzabilissime. Un nota bene. Non vale l’obiezione: costoro hanno inciampato solo su un punto, ma sull’altro piatto della bilancia dobbiamo mettere mille ottime argomentazioni a difesa della vita e della famiglia da loro articolate. Risposta all’obiezione: basta un solo omicidio per finire giustamente in galera. Le affermazioni di lor signori o sono insincere e dettate da opportunismo oppure rivelano una visione antropologica globale intrinsecamente e radicalmente erronea.

Salvini, Meloni, Sboarina e Zenti sono nell’immaginario collettivo il paradigma del perfetto retrogrado oscurantista omofobo sessista, etc. Ma Salvini, Meloni, Sboarina e Zenti hanno fatto affermazioni, chi per una cosa chi per l’altra, in perfetta sintonia con le prospettive culturali progressiste, illuminate e inclusive più in voga oggi. Salvini, Meloni, Sboarina e Zenti hanno detto cose sbagliate. Anzi, gravissime. C’è chi non vuole toccare la 194 e la legge sul divorzio e chi vuole riconoscere diritti soggettivi specifici delle relazioni omosessuali. Siamo all’incomprensione dell’ABC dei principi morali e quindi politici, dato che la buona politica deve ispirarsi a tali principi per tutelare il bene comune.

Dunque un paio di giorni prima del Congresso o addirittura salendo le scale che portano alla Gran Guardia si dice bianco e poco dopo si dice nero. E’ come se Tizio si dichiarasse a favore del surriscaldamento globale, del buco dell’ozono, dello sversamento dei veleni nei fiumi, della desertificazione e dopo due giorni fosse invitato in pompa magna al Congresso Mondiale degli Ambientalisti. Affermare di non voler toccare la 194 e la legge su divorzio comunicando così che l’aborto e il divorzio sono scelte giuste e poi parlare in una kermesse che, per sua natura, è chiamata, tra gli altri temi, ad affermare l’opposto entra in rotta di collisione con il principio di non contraddizione. Perché è accaduto tutto questo? Nella prospettiva politica e ecclesiastica perché è sempre bene lisciare il pelo per il verso giusto. Microfono che incontri, versione che cambi.

Nulla di nuovo sotto il sole: rebus sic stantibus, la politica e un certo mondo ecclesiale non sono affidabili. Occorre dunque evitare il pericolo di credere che alcuni eventi, per acquisire legittimazione, necessitino dell’imprimatur di personalità eccellenti e che i principi non negoziabili per essere difesi debbano essere difesi in primis dalla politica e dal clero. Oggi di certo non è così. Da loro attualmente quasi nessuno aiuto potrà venire. Anzi può accadere che mentre il ministro e il parlamentare non si spostano su posizioni eticamente sostenibili, il cattolico, pur di avere il loro appoggio, potrebbe iniziare a smussare ed inquinare le proprie posizioni.

La difesa dei principi non negoziabili deve essere a tutto campo e il campo privilegiato ora è quello culturale. Ciò non significa che ci dobbiamo disinteressare dell’ambito politico. Ma, guardando al futuro, diventa sempre più inaccettabile svendere le proprie posizioni affinché i politici appoggino la causa, proprio perché se scendi a compromessi su ciò che non può essere oggetto di contrattazione, la causa che il politico dovrebbe difendere scompare. In questo senso si è fatto bene a ribadire dal palco al termine della marcia che l’aborto è un omicidio, smarcandosi così da alcune affermazioni dei politici non condivisibili, seppur qualche confusione nella testa del sig. Rossi è rimasta a dir la verità. E’ dunque una strategia perdente quella della quaestua al politico e gli effetti sono quelli indicati all’inizio.

Bene invece da una parte, come hanno scritto Toni Brandi e Jacopo Coghe in un comunicato stampa, pungolare i politici iniziando, come ovvio, da coloro che sono meno distanti dalle istanze cattoliche. Meritevole dunque intrattenere rapporti privati con i politici, sia quelli più sensibili a certe tematiche, anche se fortemente claudicanti, sia con quelli agli antipodi che però siedono nella stanza dei bottoni. D’altronde il medico viene per il malato. Bene altresì coinvolgere il politico anche su un piano più pubblico. E dunque: pretendiamo un impegno pubblico di alcuni politici su temi eticamente sensibili? Potrebbe essere una buona idea quella di far sottoscrivere ai politici alcuni punti programmatici stilati dagli organizzatori a conclusione della tre giorni.

Su altro fronte è altresì necessario diventare culturalmente così rilevanti e politicamente così appetibili da costringere chi sta a Roma a chiedere la quaestua ai movimenti pro-life (meta oggi lontanissima). Obbligarli a dire sempre no all’aborto, a dichiarare che si batteranno per l’abrogazione della 194 altrimenti non avranno il voto di quel numeroso popolo prolife e pro family che vogliono rappresentare. Dobbiamo diventare portatori di interesse anche per loro. La dinamica quindi deve essere rovesciata: non più la politica che attrae a sè il mondo cattolico inquinandolo e omologandolo nella difesa di leggi ingiuste, bensì il mondo cattolico che attrae la politica costringendola a rigare dritto altrimenti le voterà contro. Negli States, le azioni di lobbismo, funzionano così: vedi Trump e le realtà pro-life e religiose. Ovvio che il politico partecipa a certi eventi pro domo sua – per raccogliere consensi e voti, per tentare di tesserare il frontman della manifestazione o per chiedergli di candidarsi - ma chi siede in cabina di regia deve essere così abile da non farsi strumentalizzare, bensì deve riuscire ad orientare la presenza del politico – smarcandosi da lui in modo esplicito quando occorre – per i propri fini.