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MEDIO ORIENTE

Si apre un nuovo fronte con l'attacco (unilaterale) anglo-americano agli Houthi

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Un nuovo fronte si è aperto il 12 gennaio, con l'attacco aereo anglo-americano nello Yemen, contro le milizie Houthi, per proteggere il traffico navale nel Mar Rosso. I risultati militari sono esigui. Ma il contraccolpo politico può essere grave. 

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Esteri 13_01_2024
Manifestazione a Teheran contro Usa e Regno Unito (La Presse)

Un centinaio di missili e bombe lanciati da aerei, navi e sottomarini delle forze anglo-americane hanno colpito nelle prime ore del 12 gennaio 60 obiettivi (aeroporti, porti, depositi di armi, centri di comando, basi di lancio per droni e missili), in 16 diverse località dello Yemen controllate dalle milizie Houthi nelle regioni di Hodeida, Sa’da, Taiz e nei pressi della capitale Sanaa. Secondo gli Houthi i raid hanno provocato 5 morti e 6 feriti.

«Oggi, sotto la mia direzione, le forze militari statunitensi - insieme al Regno Unito e con il sostegno di Australia, Bahrein, Canada e Paesi Bassi - hanno condotto con successo attacchi contro una serie di obiettivi nello Yemen utilizzati dai ribelli Houthi» ha detto il presidente statunitense Joe Biden in una dichiarazione. «Riteniamo i miliziani Houthi e i loro destabilizzanti sponsor iraniani responsabili degli attacchi illegali, indiscriminati e sconsiderati alle navi internazionali che hanno avuto finora un impatto su 55 nazioni, mettendo in pericolo la vita di centinaia di marinai, statunitensi compresi», ha affermato il generale Michael Erik Kurilla, comandante del Central Command americano.

Il ministro della Difesa britannico, Grant Shapps, ha riferito che «questa azione non solo era necessaria, ma era anche nostro dovere proteggere le navi e la libertà di navigazione» alla luce della grande minaccia per «vite innocenti e commercio globale» rappresentata dagli attacchi Houthi nel Mar Rosso. Il primo ministro britannico Rishi Sunak, in visita a Kiev, ha detto che il Regno Unito deve inviare un "segnale forte" e che gli attacchi dei ribelli Houthi nel Mar Rosso sono sbagliati e non possono essere effettuati "impunemente".

Pronta la risposta degli Houthi.  «Il nostro Paese è stato sottoposto a un massiccio attacco aggressivo da parte di navi, sottomarini e aerei da guerra americani e britannici. L'America e la Gran Bretagna dovranno essere pronte a pagare un prezzo pesante e a sopportare tutte le terribili conseguenze di questa palese aggressione» ha dichiarato il viceministro degli Esteri degli Houthi, Hussein al-Ezzi.

I bombardamenti degli Stati Uniti e del Regno Unito «non dissuaderanno il gruppo dall'attaccare le navi legate a Israele nel Mar Rosso» ha dichiarato oggi Mohammad Abdulsalam, portavoce degli Houthi su X, aggiungendo che nulla può giustificare la "perfida aggressione".

Per Teheran i raid sono «una evidente violazione della sovranità e dell'integrità territoriale dello Yemen» e del diritto internazionale. Questi attacchi "arbitrari", sottolinea ancora, «faranno solo aumentare l'insicurezza e l'instabilità nella regione. Mentre il regime sionista continua a compiere i suoi crimini di guerra e attacchi nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna stanno cercando di ampliare il loro sostegno al regime sionista».

Sergei Lavrov, ministro degli Esteri di Mosca, «condanna fermamente queste azioni irresponsabili» e aggiunge che «un'escalation militare nella regione del Mar Rosso potrebbe provocare una destabilizzazione della situazione in tutto il Medio Oriente». Mosca ha chiesto una riunione d'urgenza del Consiglio di Sicurezza e anche la Cina ha espresso preoccupazione per l'aumento delle tensioni nel Mar Rosso, come ha dichiarato la portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, Mao Ning, invitando le parti interessate a «mantenere la calma e a dare prova di moderazione per evitare l'espansione del conflitto».

Preoccupazioni vengono espresse anche dal mondo arabo. Riad, che sta per firmare un accordo di pace con gli Houthi, mettendo così fine alla guerra nello Yemen in corso dal 2015, ha fatto sapere che «il Regno dell'Arabia Saudita segue con grande preoccupazione le operazioni militari in corso nella regione del Mar Rosso e gli attacchi aerei su una serie di siti nella Repubblica dello Yemen».

Anche l'Egitto ha espresso preoccupazione per l'escalation delle operazioni militari nella regione del Mar Rosso e per gli attacchi aerei in Yemen mentre per il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, Usa e Gran Bretagna «hanno intenzione di far diventare il Mar Rosso un mare di sangue» parlando di «azione sproporzionata dinanzi alla quale anche l'Iran si vorrà difendere. Gli Houthi comunque continueranno a rispondere con tutte le forze che hanno e abbiamo le nostre fonti che ci dicono che hanno risposto e risponderanno agli attacchi».

L’Unione europea sta mettendo a punto un piano per inviare nelle acque del Mar Rosso una forza navale composta da 3 navi per proteggere la navigazione mentre in Italia il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha ribadito l'impegno di Roma a garantire la libertà di navigazione nel Mar Rosso. «Partecipiamo alla missione europea Atlanta e chiederemo anche che questa missione possa avere competenze più larghe oppure dar vita addirittura ad una nuova missione europea per garantire la libera circolazione delle merci» ma ha giustificato l’assenza dell’Italia dalle operazioni contro gli Houthi spiegando che «la Costituzione non permette di agire in azione di guerra senza un dibattito e un voto del Parlamento».

Londra ha fatto sapere che non sta pianificando ulteriori imminenti missioni per colpire obiettivi militari Houthi nello Yemen mentre il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale di Washington, John Kirby, ha dichiarato che gli Stati Uniti «non esiteranno a intraprendere ulteriori azioni» se necessario.

I governi di dieci Paesi (Australia, Bahrein, Canada, Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Repubblica di Corea, Regno Unito e Stati Uniti) hanno riconosciuto come legittimi i raid anglo-americani effettuati con il sostegno di Paesi Bassi, Canada, Bahrein e Australia (che hanno propri uomini presso il comando navale della 5a Flotta Usa in Bahrein ma non hanno partecipato alle incursioni) definendo le operazioni in conformità con il diritto intrinseco all'autodifesa individuale e collettiva, in linea con la Carta delle Nazioni Unite.

A Washington Donald Trump non ha usato mezzi termini. «Stiamo lanciando bombe in Medio Oriente, ancora una volta. Ora abbiamo guerre in Ucraina, Israele e Yemen, ma niente sulla frontiera meridionale, questo fa molto senso», ha ironizzato riferendosi alla richiesta di misure drastiche per fermare il flusso di immigrati illegali dal Messico. Pesanti critiche all’Amministrazione Biden sono giunte dallo stesso Partito Democratico statunitense. Gli attacchi ordinati dal presidente "violano la Costituzione", sostengono alcuni deputati democratici che hanno accusato Biden di aver trascinato gli Stati Uniti in una guerra senza l'autorizzazione del Congresso.

Meglio ricordare che Barak Obama, di cui Biden fu vice presidente, nel 2011 avviò le operazioni militari contro la Libia di Gheddafi con le stesse modalità, senza il via libera del Congresso, e successivamente interruppe l’intervento delle forze americane lasciando ai partner europei della Nato a completare l’operazione. Critiche interne al Partito Democratico che giungono in un momento di gravi incertezze circa i leader di Washington con un presidente Biden apparso in più occasioni confuso e poco lucido (al punto che molti, anche nel suo partito, ne chiedono il ritiro della candidatura per un secondo mandato) e un capo del Pentagono, Lloyd Austin, sotto inchiesta per il suo misterioso ricovero in ospedale tenuto nascosto anche alla Casa Bianca.

I raid anglo-americani vanno esaminati per l’impatto che possono avere sul piano militare e politico. Sotto il primo aspetto si è trattato di incursioni non certo risolutive, che quindi non impediranno alle milizie Houthi di continuare a minacciare il traffico navale nel Mar Rosso meridionale con il rischio di escalation se venisse colpita una nave militare britannica o statunitense.

Sul piano politico le conseguenze potrebbero essere molto gravi per il ruolo dell’Occidente nell’intera ragione radicalizzando le posizioni del mondo arabo e ampliando il rischio di attacchi a obiettivi americani e britannici nel Medio Oriente e di rappresaglie terroristiche contro gli interessi di Londra e Washington non solo in quella regione, peraltro già preannunciati dagli Houthi.

L’Europa e soprattutto Francia, Spagna e Italia non sembrano avere alcuna intenzione di farsi trascinare in un’altra avventura militare dagli anglo-americani e mantengono le loro navi presenti in quella regione al di fuori del comando statunitense. D’altra parte la Risoluzione dell’Onu che nei giorni scorsi ha chiesto agli Houthi di cessare gli attacchi alle navi mercantili non ha autorizzato incursioni o “spedizioni punitive” sul territorio yemenita.

L’ultima volta che gli anglo-americani hanno avviato operazioni militari unilaterali in Medio Oriente è stato nel marzo 2003 con la conquista dell’Iraq e la caduta di Saddam Hussein: iniziativa che si può affermare non abbia certo contribuito alla stabilità e alla sicurezza.