Russia-Ucraina, spiragli di negoziato sul suolo slovacco
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Dopo le affermazioni di Trump sull'avvio rapido di trattative, la Slovacchia è disposta a ospitare i colloqui di pace. Kiev accusa Bratislava di "aiutare" Putin ma molti elementi sembrano giocare a favore dell'iniziativa.
La notizia più importante che giunge dall’intricato contesto politico-militare della guerra russo-ucraina è forse quella relativa alla disponibilità della Slovacchia ad ospitare i colloqui di pace, nonostante l'ostilità di Kiev, che nei giorni scorsi ha accusato Bratislava di voler “aiutare” il presidente russo Vladimir Putin.
«Offriamo il suolo slovacco per questi negoziati», ha scritto su Facebook il ministro degli Esteri slovacco Juraj Blanar, dopo che il premier Robert Fico ha visitato Mosca questa settimana. Il 26 dicembre Putin aveva dichiarato che la Slovacchia si è offerta come “piattaforma” per eventuali negoziati di pace tra russi e ucraini, pur sostenendo che la Russia raggiungerà «tutti i suoi obiettivi nell’Operazione Militare Speciale in Ucraina». Blanar ha affermato di vedere «la dichiarazione del presidente russo come un segnale positivo per porre fine a questa guerra, allo spargimento di sangue e alla distruzione il prima possibile».
Il governo slovacco di Robert Fico sostiene da un lato l’iniziativa del premier ungherese Viktor Orban tesa a giungere al più presto a negoziati di pace e dall’altro le affermazioni del presidente eletto statunitense Donald Trump circa l’avvio rapido di trattative con Putin dopo il suo insediamento il 20 gennaio prossimo. La vigilia di Natale, Orban aveva affermato che «la situazione attorno al conflitto in Ucraina è cambiata radicalmente: tutti parlano già di pace, anche se non molto tempo fa tali conversazioni in Europa venivano accolte con ostilità».
Nonostante l’ostilità di Kiev, che punta a ottenere maggiori aiuti militari dagli alleati occidentali per tentare di arginare l’avanzata russa sia nella regione di Kursk ma soprattutto nelle regioni di Kharkiv e Donetsk, e le esortazioni del segretario generale della NATO Mark Rutte, che ha invitato gli Stati membri ad aumentare il supporto militare a Kiev piuttosto che a parlare di negoziati, molti elementi sembrano rafforzare l’iniziativa di Trump, Fico e Orban. Primo tra tutti, l’ammissione dello stesso presidente ucraino Volodymyr Zelensky che le truppe di Kiev non sono in grado di riconquistare i territori perduti: elemento peraltro già evidente nel novembre 2023 quando si concluse la disastrosa controffensiva ucraina che in sei mesi vide Kiev perdere più territori di quanti ne avesse riconquistato.
All’epoca, certo, l’Ucraina avrebbe potuto negoziare meglio di oggi un accordo con Putin, le cui pretese erano state enunciate già alla fine del 2022: il riconoscimento dell’annessione delle regioni di Crimea, Donetsk, Luhansk, Zaporizhia e Kherson e uno Stato ucraino privo di basi e truppe straniere, dotato di forze militari limitate e neutrale, oltre alla rimozione di tutte le sanzioni occidentali contro la Russia.
Nei giorni scorsi Putin e altri membri del governo russo hanno fatto riferimento in diverse occasioni anche alla Novorossiya, territorio che comprende, oltre alle regioni citate, anche quelle di Dnepropetrovsk, Mikolayv e la regione costiera di Odessa che consentirebbe a Mosca di ottenere una continuità territoriale con la Transnistria (regione moldava controllata dalla Russia e fedele a Mosca) e di controllare l’intera costa ucraina del Mar Nero. Queste tre regioni sono attualmente sotto controllo di Kiev ma un eventuale aumento delle pretese territoriali russe potrebbe indicare che Putin ritiene di poter negoziare da una posizione di grande vantaggio.
«Vogliamo chiudere la guerra, non congelarla», ha dichiarato Putin precisando che negozierà solo un accordo definitivo che chiuda il conflitto, non un cessate il fuoco o una tregua, potenzialmente forieri di nuovi sviluppi bellici. Il ministro degli Esteri, Serghei Lavrov, aveva dichiarato che «un cessate il fuoco in Ucraina a questo punto non porterebbe a nulla, mentre sono necessari degli accordi affidabili». Del resto il massiccio attacco di Natale condotto dai russi contro le infrastrutture energetiche ucraine con l’impiego di 170 missili e droni lascia intendere che i russi sono determinati non solo a guadagnare terreno sui campi di battaglia ma anche a “spegnere” l’Ucraina che già oggi vede l’80% del suo apparato elettrico fuori uso.
Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha definito l’attacco russo «un atto oltraggioso» chiedendo di accelerare la consegna delle armi a Kiev negli ultimi giorni della sua presidenza. Anche gli umori dell’opinione pubblica ucraina ed europea, finora ignorati dai rispettivi governi, dovrebbero avere un peso soprattutto in vista di prossime importanti elezioni in Europa e, a guerra finita, in Ucraina. Quasi il 45% degli ucraini vede infatti nella vittoria del presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump una potenziale opportunità per avvicinare la fine del conflitto con la Russia secondo un sondaggio condotto dal Kiev International Institute of Sociology (KIIS).
Il 15% degli intervistati ritiene che la pace diventerà «significativamente più vicina» grazie alla vittoria di Trump. Un ulteriore 30% crede che la pace si avvicinerà "un po'". Al contrario, il 14% percepisce la possibilità della pace come più remota: il 5% pensa che si allontanerà molto, mentre il 9% ritiene che si allontanerà leggermente. Il restante 40% non prevede alcun cambiamento o si dichiara indeciso. In precedenza, il quotidiano spagnolo El Pais aveva riportato che Trump avrebbe suggerito a Zelensky di considerare i negoziati con la Russia come un passo verso la fine del conflitto. Secondo il giornale, Trump avrebbe incoraggiato l'idea di un cessate il fuoco e la rinuncia alle rivendicazioni sui territori annessi dalla Russia durante l'"Operazione militare speciale".
In Europa è drasticamente diminuita nell’ultimo anno la disponibilità dell'opinione pubblica a sostenere l'Ucraina "fino alla vittoria", come evidenzia un sondaggio condotto da YouGov in Francia, Germania, Italia, Spagna, Svezia, Danimarca e Gran Bretagna. Il sostegno per una soluzione alternativa del conflitto aumenta di pari passo in ogni Paese. In Svezia il 50% degli intervistati è favorevole a sostenere l'Ucraina fino alla vittoria, in Danimarca il 40%, in Gran Bretagna il 36%. Quando lo scorso gennaio erano rispettivamente il 57%, il 51% e il 50%. La percentuale di coloro che si dicono favorevoli a una pace negoziata è nello stesso arco di tempo salito dal 45% al 55% in Italia, dal 38% al 46% in Spagna, dal 35% al 43% in Francia e dal 38% al 45% in Germania.
A pesare in Europa sono anche le sempre più difficili condizioni economiche tra recessione e crisi energetica che verrà inasprita dalla decisione di Kiev di bloccare il flusso di gas russo attraverso i gasdotti ucraini, pari in media a 43 miliardi di metri cubi al giorno. Anche nel caso in cui Kiev cambiasse idea sotto le pressioni di diverse nazioni europee, il 26 dicembre Putin ha espresso scetticismo circa la possibilità di sottoscrivere nuovi contratti entro la fine dell’anno, aumentando così le pressioni sull'UE, finora molto scettica circa l’ipotesi di negoziato che sarebbero in ogni caso penalizzanti per l’Ucraina. Di conseguenza è ripresa la corsa del prezzo del gas che ieri ad Amsterdam ha visto un rialzo del 3,23%, a 47,12 euro al Megawattora.
Ad aumentare le tensioni ha contribuito anche l’ennesimo tranciamento di cavi sottomarini registratosi nel Mar Baltico con un incidente che ha coinvolto un condotto elettrico e quattro cavi di telecomunicazione nelle acque che circondano la Finlandia. Le autorità di Helsinki sospettano un sabotaggio da parte della nave Eagle S, battente bandiera delle Isole Cook, partita dal porto di San Pietroburgo e diretta a Port Said in Egitto, ma ritenuta una delle tante che compongono la cosiddetta “flotta fantasma” russa, abbordata e fermata dalla Guardia Costiera finlandese. Il giorno di Natale è stato tranciato il cavo elettrico Estlink 2 che porta energia dalla Finlandia all'Estonia e meno di 24 ore dopo le autorità hanno rilevato danni ad altri quattro cavi finlandesi per le telecomunicazioni, tre collegati con l'Estonia e uno con la Germania. In novembre erano stati tranciati due cavi per la telecomunicazione che collegano Danimarca e Svezia e i sospetti sono caduti sulla nave cinese Yi Peng 3. La Nato ha annunciato ieri che rafforzerà la sua presenza militare nel Mar Baltico per sorvegliare la sicurezza dei cavi sottomarini.
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