Perché l’epoca contemporanea preferisce l’Inferno dantesco?
La distanza tra la concezione sottesa alla Divina Commedia e quella odierna, amante di idoli e passioni, è il primo grande ostacolo al godimento del Paradiso dantesco. In più, c’è la questione della lingua, che nella terza cantica è più bella ma anche più difficile.
Perché la cantica dell’Inferno avvince e appassiona, mentre l’interesse per il viaggio di Dante e per i versi del Sommo Poeta scema progressivamente man mano che il lettore si trasferisce nel secondo Regno e poi nei Cieli del Paradiso dantesco?
L’uomo contemporaneo si identifica maggiormente nell’Inferno dantesco con le sue intense passioni, i suoi personaggi immortali e dannati, le sue grandi tragedie. La nostra epoca, amante dell’idolatria e scevra di maestri, ama gli idoli dell’Inferno, si sente distante dallo spirito di appartenenza e di comunità del Purgatorio e del Paradiso danteschi.
Indubbiamente, la distanza tra la concezione della vita sottesa al poema dantesco e quella della cultura contemporanea è il primo grande ostacolo alla comprensione e al godimento del Paradiso dantesco. Il lettore contemporaneo si sente più vicino all’Inferno dantesco anche per la difficoltà della lingua di cui si avvale il Sommo Poeta. L’altezza e la bellezza del linguaggio, grande pregio della terza cantica, è oggi anche uno degli ostacoli maggiori e quasi insormontabili per un pubblico di lettori che ama sempre meno far fatica.
In questa puntata cercheremo di capire meglio le ragioni per cui l’uomo contemporaneo preferisca spesso l’Inferno e perché valga davvero la pena affrontare fino in fondo il viaggio in Paradiso in compagnia di Dante.