Ora basta: si può battere, lo dice la realtà. E la medicina
C'è una realtà che si vuole nascondere: i successi straordinari a Pavia e Mantova con la cura al plasma: da un mese non si registrano morti da Covid, il virus sparisce dopo un trattamento che va dalle 2 alle 48 ore. Invece hanno instaurato metodi da dittatura orwelliana col rischio di provocare danni di salute mentale in un’ottica di crudele darwinismo sociale.
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“A una teoria si può rispondere con una teoria, ma chi potrà mai confutare una vita?” così scriveva secoli fa un santo monaco orientale, Evagrio Pontico.
Il tempo dell’epidemia è costellato di teorie, di tesi e di informazioni manipolate che vogliono raggiungere l’obiettivo di condizionare le persone come fossero cani di Pavlov, il noto fisiologo russo che provò come funzionano i cosiddetti riflessi condizionati attraverso gli esperimenti su cavie.
Eppure per confutare una informazione a senso unico basta una vita, ovvero una realtà. La realtà - ad esempio - delle tante vite salvate dalla malattia provocata dal Covid-19, una realtà che si vuole nascondere, che non viene raccontata, se non quando qualche evento sfugge alla cappa di silenzio omertoso, come la vicenda che abbiamo già raccontato di una donna strappata ad una morte già decretata, oppure i successi straordinari che si stanno ottenendo in alcuni ospedali lombardi. Negli ospedali di Pavia e Mantova non si registrano morti da Covid da un mese.
Il virus sparisce dopo un trattamento che va dalle 2 alle 48 ore. Una terapia che è stata illustrata dal dottor Giuseppe De Donno, direttore di Pneumologia e Terapia intensiva respiratoria del Carlo Poma di Mantova. E quale sarebbe il farmaco prodigioso, che tra l’altro è a costo praticamente zero? Il plasma. O meglio: le immunoglobuline specifiche contro il Coronavirus, un trattamento razionale, sia dal punto di vista biochimico che immunologico.
Sono circa 80 i pazienti del Carlo Poma di Mantova curati con successo, tra loro anche una donna in gravidanza guarita in poche ore.
Il principio è questo: si usa plasma proveniente da donatori, persone guarite dal Covid, tornate sane, che hanno formato anticorpi neutralizzanti, che vengono trasferiti nell’organismo del malato. Anche il Direttore del Servizio Immunoematologia e Medicina Trasfusionale del policlinico San Matteo di Pavia, Cesare Perotti, ha sviluppato un protocollo che prevede l’utilizzo di “plasma iperimmune”.
Che il Covid 19 che ha paralizzato il mondo intero non è il mostro biologico che ci hanno raccontato, ma un virus neutralizzabile, lo afferma anche il presidente della Società italiana terapia antinfettiva, Matteo Bassetti, direttore delle malattie infettive a Genova, che dati alla mano ha dichiarato che l’epidemia è entrata nella sua fese finale. A suo avviso l’epidemia è stata devastante perché concentrata in sei settimane. Tuttavia restano ancora tanti interrogativi aperti: ad esempio ignoriamo il numero di persone asintomatiche rimaste a casa senza tampone. Lo scopriremo con i test sierologici. Per l’infettivologo c’è stata tanta paura, forse troppa, e poco coraggio.
Sicuramente - aggiungiamo noi - si è avuta sfiducia nell’educazione sanitaria, si è ritenuto da parte delle autorità che “il popolo” fosse da guidare col pugno di ferro delle costrizioni, e non con una responsabilizzazione. Così, per tenerlo a bada a dovere, si deve continuare a tenere altissima la tensione psicologica, ad indurre il panico, a negare l’esistenza di farmaci e rimedi efficaci.
Così facendo, con questi metodi da dittatura orwelliana, il rischio però è di provocare altri tipi di danni alla salute, che evidentemente poco importano ai potentati politici, in un’ottica di crudele darwinismo sociale che si intravede dietro le misure coercitive.
Dopo la pandemia è previsto un picco di malattie mentali: a scriverlo è una delle più prestigiose riviste scientifiche a livello mondiale, il britannico Lancet. In un recente articolo si parla del lavoro di un gruppo di esperti mondiali che hanno formato la International COVID-19 Suicide Prevention Research Collaboration. L'articolo individua otto fattori psicologici, sociali ed economici legati alla pandemia che possono aumentare il rischio di suicidio, dalle preoccupazioni finanziarie alle violenze domestiche al maggiore uso di alcol, indicando i provvedimenti e le azioni da intraprendere per contrastarne gli effetti, dal supporto ai disoccupati all'aiuto psicologico. Ad essere interessate, sottolineano gli esperti, sono sia le persone che già soffrivano di problemi psichiatrici ma anche altre che non hanno mai manifestato sintomi. "Questa è una situazione mai vista prima - concludono gli autori, coordinati da David Gunnell dell'università di Bristol -. La pandemia causerà stress e renderà molte persone vulnerabili. Le conseguenze per la salute mentale probabilmente resteranno per un tempo più lungo e avranno un picco più tardi rispetto all'attuale pandemia”.
Uno scenario drammatico nei confronti del quale è d’obbligo intervenire, e la prima forma di terapia è quella di restituire alle persone la speranza, e di restituire tutte quelle attività sociali che possono giovare alla salute del corpo, della mente e dell’anima. In primis la libertà di praticare la propria fede.