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l'europa contro se stessa

Niente nozze gay? E Strasburgo condanna la Polonia

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Cortocircuito in vista tra la sentenza omosessualista della Corte europea dei diritti dell’uomo e la costituzione polacca. Ma ci penserà Tusk ad allinearsi all'ultimo diktat per sostituire l'identità europea con i dogmi woke.

Esteri 07_10_2024

A fine settembre la Corte europea dei diritti dell’uomo ha emesso una sentenza di condanna verso la Polonia, motivata dal fatto che quest’ultima non tutelerebbe i diritti delle coppie omosessuali. Infatti l’ordinamento giuridico polacco non riconosce né le unioni civili né i “matrimoni” omosessuali.

La sentenza si è pronunciata sul caso di due coppie polacche dello stesso sesso che hanno contratto “nozze” la prima in Danimarca e la seconda nel Regno Unito. Le coppie hanno chiesto senza successo alle autorità polacche di riconoscere questo loro legame formatosi all’estero.
La Corte ha dichiarato che «rifiutando di registrare i matrimoni dei ricorrenti sotto qualsiasi forma e non assicurando che essi abbiano un quadro giuridico specifico che ne preveda il riconoscimento e la protezione, le autorità polacche li hanno lasciati in un vuoto giuridico e non hanno provveduto alle esigenze fondamentali di riconoscimento e protezione delle coppie dello stesso sesso in una relazione stabile e impegnata».

In realtà non si tratta di un vuoto giuridico: ad esempio, quando uno Stato si rifiuta di riconoscere un “matrimonio” tra una madre e un figlio, non c’è nessun vuoto giuridico, ma il pieno diritto/dovere di uno Stato di non riconoscere unioni contrarie al bene comune. La Corte ha aggiunto che nessuno degli argomenti proposti dalle autorità polacche a tutela dell’ordine pubblico poteva prevalere sugli interessi di queste coppie omosessuali. I giudici di Strasburgo hanno fatto riferimento soprattutto ad una loro sentenza precedente, caso  Przybyszewska e altri contro Polonia, in cui la Corte, in modo analogo, chiedeva di tutelare giuridicamente le unioni omosessuali.

La sentenza crea un cortocircuito. Infatti da una parte abbiamo l’art. 46 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo che esige piena attuazione di ogni sentenza della CEDU, sebbene la Corte non sia un organo dell’Unione europea bensì un tribunale voluto da 46 Stati membri per tutelare i diritti fondamentali. Su altro fronte abbiamo l’art. 18 della Costituzione polacca che esplicitamente afferma che il matrimonio è «un'unione tra un uomo e una donna». Il cortocircuito si risolve sul piano giuridico ricordando che su queste materie ogni Stato è sovrano e quindi, per l’ennesima volta, abbiamo dovuto registrare una indebita ingerenza della Cedu in questioni che riguardano solo i singoli Stati, andando così a ledere il principio di sovranità nazionale. Sul piano politico il cortocircuito si aggiusterà perché, il 27 dicembre 2023, il primo ministro polacco Donald Tusk aveva annunciato che entro l’anno corrente il Parlamento avrebbe approvato una legge per il riconoscimento delle unioni civili.

La sentenza della Cedu, al pari di altri interventi di organismi rappresentativi, esecutivi e giudiziari dell’UE, va a confermare un processo culturale in atto da decenni. Un processo di sostituzione identitaria. Al posto di una certa identità europea, se ne vuole un’altra. Partendo dal caso polacco, vediamo ad esempio che al posto della famiglia naturale si inserisce un modello aggregativo di stampo omosessuale. Il favor vitae viene sostituito dal favor mortis: si pensi all’aborto che si vorrebbe addirittura qualificare come diritto da inserirsi nella Costituzione europea o alle pratiche eutanasiche sempre più diffuse. La generazione naturale viene sempre più scalzata dalla sua variante artificiale, anche nella forma della maternità surrogata.

L’Europa odia se stessa e quindi la sua storia, intesa come un portato di significati valoriali che gli accadimenti passati trasmettono al futuro, storia la quale viene sostituita dal futuro che deve rescindere ogni legame con il passato. Da qui l’insofferenza tutta woke per la tradizione e l’idolatria per il progressismo perché il domani sicuramente sarà migliore dell’oggi e ancor meglio dello ieri.
Gli stessi cittadini europei devono essere sostituiti dagli immigrati, per perfezionare il processo di sostituzione culturale che si accompagna sempre alla sostituzione etnica. Una volta si facevano le guerre per invadere un Paese, oggi gli sbarchi di interi popoli avvengono pacificamente all’interno di un quadro giuridico europeo.

La stessa civiltà occidentale fondata sul trinomio cristianesimo-Grecia-Roma è stata rimpiazzata da un trinomio antitetico: ateismo-irrazionalità-giuspositivismo. La diffusione in Europa delle zone cuscinetto intorno alle cliniche abortiste al fine di vietare la preghiera, anche quella mentale, è spia tristemente assai efficace per constatare che Dio non può ricevere la cittadinanza europea. Rimarrà l’unico immigrato clandestino da espellere al più presto. Dio è stato cancellato nemmeno più dall’Io, ma dall’ambiente. Al creato abbiamo consegnato lo scettro del Creatore ed infatti adoriamo la natura come se fosse una dea (Pachamama docet). La gerarchia dei beni appare capovolta.

In seconda battuta, la filosofia greca – esempio mirabile delle vette a cui può giungere la ragione naturale – ha ceduto il passo ad un emotivismo che oscura l’intelletto e che lo ha fatto diventare nemico del principio di non contraddizione: un uomo può essere una donna, il nascituro non è un essere umano, un medico può uccidere. Il diritto infine non è più quello romano, centrato sulla famiglia e sul sano realismo, bensì ha ceduto il posto ad una tecnicalità autoreferenziale e assoluta, assomigliando poi ad un trasformatore giuridico: ogni desiderio si trasforma in diritto. Una lampada magica in mano a parlamentari e giudici.

Lo stesso uomo è stato sostituito nei suoi fondamenti antropologici. Al carattere costitutivo della sessualità genetica è subentrata l’identità di genere, modello utopico per diventare altro da sé e inutile rimedio contro una natura che si percepisce matrigna. La dignità personale viene sostituita dalla reificazione personale: il figlio si produce in provetta, si scarta nell’aborto ed è cavia nelle sperimentazioni prima che veda la luce; il dolore dei figli è il prezzo fatto pagare a loro nei divorzi; la famiglia viene intesa come una SPA in cui se il valore delle quote iniziali non aumenta nel tempo è bene sciogliere la società; i pazienti gravemente malati o solo non più produttivi gravano sul bilancio del benessere collettivo e quindi è meglio sopprimerli; la persona è prima di tutto consumatore di desideri espansi all’infinito e si ritrova lei stessa consumata, oggettivata perché ridotta al suo potere di acquisto, schiacciato in una visione immanentista dell’esistenza e incapace di volgere gli occhi al Cielo; in secondo luogo è schiavo gaudente di orientamenti culturali e politiche di governo che lo assopiscono, che intorpidiscono il suo senso critico, che infiacchiscono la sua coscienza. Sedato e in coma farmacologico, mentre altri intorno a lui decidono della sua sopravvivenza e di come farlo sopravvivere.

La sentenza della Cedu allora è solo un altro passo verso questa sostituzione identitaria dell’uomo, di un popolo, di una civiltà.



La mozione

La Svizzera contro il bullismo ambientalista della Cedu

13_06_2024 Luca Volontè

Dopo la sentenza della Cedu che ordinava alla Svizzera di fare di più contro il riscaldamento globale, il parlamento del Paese elvetico – pur impegnato sul fronte ambientalista – vota una mozione contro «l’attivismo giudiziario» della corte di Strasburgo.

SENTENZA SHOCK

Femen sacrilega in chiesa: per la Cedu è libertà d'espressione

15_10_2022 Ermes Dovico

Nel caso Bouton vs Francia, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha stabilito, all’unanimità, che rientra nella «libertà di espressione» il sacrilegio compiuto da una Femen il 20 dicembre 2013. La donna, a seno nudo, davanti al tabernacolo della chiesa parigina di S. Maddalena, aveva simulato di abortire Gesù. L’ennesimo attacco alla fede cattolica, giustificato con motivazioni assurde.
- VIDEO: IN EUROPA SI VUOLE LA FINE DEL CRISTIANESIMO, di Riccardo Cascioli

LA SENTENZA

Se la Cedu dà il via libera all’eutanasia per depressi

06_10_2022 Ermes Dovico

Nel caso Mortier vs Belgio, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha stabilito che né la legge belga sull’eutanasia né l’iniezione letale a Godelieva de Troyer, uccisa dietro sua richiesta a 64 anni perché depressa, violano l’art. 2 della Convenzione (diritto alla vita). Un precedente pericoloso, al netto della violazione riscontrata dai giudici di Strasburgo nella fase post-eutanasia.