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L’ANNIVERSARIO

Narsete, il santo armeno che cercava l’unità tra i cristiani

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Il 13 agosto di 850 anni fa moriva san Narsete il Grazioso (Nerses Shnorhali), katholikòs e teologo, impegnato per l’unità tra i cristiani, come disse anche san Giovanni Paolo II. A Narsete sono dedicate delle opere musicali.

Ecclesia 12_08_2023

Ottocentocinquanta anni fa, il 13 agosto 1173, dopo una grave malattia, moriva il san Bernardo di Chiaravalle dell’Oriente: san Narsete detto il Grazioso (Nerses Shnorhali), noto per il suo impegno a favore dell’unità dei cristiani, oltre che per i suoi scritti teologici, poetici e musicali.

Quarto capo della chiesa di Armenia dal 1166 alla sua morte, o katholikòs come dal V secolo vennero chiamati alcuni patriarchi orientali, san Narsete era nato nel 1102 in una famiglia di principi ed ecclesiastici armeni. Scrittore prolifico, ci ha lasciato epistole, omelie e preghiere in prosa. Poeta spontaneo, ha composto il testo e la melodia di quasi 1200 tra inni (šarakan), tropari, odi e canti liturgici, usando immagini semplici e immediate, come pure una metrica vicina a quella del canto popolare armeno.

Come accennavamo allinizio, ciò che colpisce di questo santo, oltre alla profondità dell’insegnamento e alla santità della vita, è l’apertura ecumenica. Nonostante il suo carattere impulsivo, durante il grande scisma d’Oriente, che nel 1054 separava Roma dai Patriarcati orientali, cercò una via di dialogo a partire dalla formula del Concilio di Calcedonia (451), che confermò l’insegnamento tradizionale sulle due nature in Cristo, la divina e l’umana, unite (senza confusione) in una Persona. Al riguardo, Giovanni Paolo II parlò di lui come del «Catholicos che coniugò uno straordinario amore per il suo popolo e per la sua tradizione con una lungimirante apertura alle altre Chiese, in uno sforzo esemplare di ricerca della comunione nella piena unità» (GIOVANNI PAOLO II, Lettera apostolica in occasione del 1700° Anniversario del Battesimo del Popolo Armeno, 2 febbraio 2001, n.7).

Alcune strofe di un inno di san Narsete sono state musicate nel 1921 da Ottorino Respighi († 1936), «il più aristocratico dei nostri compositori, il più geniale dei nostri sinfonisti» (cfr. P. MAURIZI, Ettore Patrizi, Ada Negri e la musica, Morlacchi, Perugia 2007, p. 41), come bene lo definisce la poetessa Ada Negri († 1945). Ci riferiamo a Mattino di luce, l’ultima delle 4 liriche su parole di poeti armeni, per canto e pianoforte, dedicate dal compositore a sua moglie Elsa, che le cantò per la prima volta a Praga il 18 aprile del 1921, accompagnata al pianoforte dal marito. All’assiduità con Vittoria Aganoor († 1910), poetessa italiana di origine armena, si deve l’interesse di Respighi per la letteratura di quella che fu la prima nazione credente e il primo Stato cristiano. L’anonima traduzione italiana usata dal compositore è la preghiera semplice di un peccatore che, vivendo tra mutevoli stati d’animo, invoca dal Signore il perdono dei peccati:

Mattino di luce, sole di giustizia, / Il tuo lume si levi dentro me. / Destati, o Signore, ad assisterci: / Desta me assopito: / Fa ch'io divenga simigliante agli angioli. / Destati, o Signore. / Fatti vita di me che son morto, / Fatti luce per me ottenebrato, / Lenisci il mio dolore! / Io ti prego con la mia voce, / Io ti supplico con le mie mani: / Concedimi il dono della tua Benevolenza. / Dà ai miei occhi l'acqua perché io pianga, / Perché io pianga a grosse lagrime, / E così cancelli i miei peccati. / Gesù in nome dell’amore, / Intenerisci nel tuo amore il mio cuore di pietra. / Versa, o Signore, nella mia anima / La rugiada del tuo sangue, / E la mia anima si rallegrerà.

Quanto alla musica, la lirica è articolata in tre sezioni: Andante solenne, Più lento, e Ancora più largo. La melodia, ariosa, è molto simile a quella del canto gregoriano (modo frigio trasportato). L’armonia, con i suoi accordi arpeggiati come da un liuto, si basa sulle scale moderne occidentali (le tre sezioni sono rispettivamente in Si bemolle minore, Fa maggiore e di nuovo Si bemolle minore), senza lasciarsi influenzare dalle quattro scale armene più frequenti.

A Narsete il Grazioso è dedicata pure la Celestial Fantasy, op. 44, per archi, di Alan Hovhaness († 2000), compositore statunitense oriundo dell’Armenia. La sua vasta produzione musicale ammonta a oltre 400 opere teatrali e sinfoniche, che traggono ispirazione da suggestioni religiose, dal patrimonio folcloristico armeno e da tradizioni musicali indiane e cinesi, accogliendo in modo originale elementi occidentali e orientali. Completata nel 1944, la Celestial Fantasy si basa su musica composta da Hovhaness nel 1935. Il pezzo, dall’accento «nobile ed eroico» - come la partitura suggerisce all’inizio -, si apre con un motivo lento e cupo che si ripete per tre volte con sempre maggiore intensità. Lo sviluppo del materiale iniziale culmina in una fuga a quattro parti, fino a una commovente conclusione.

«Quanta sporcizia c'è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a Lui!», scrisse l’allora cardinale Joseph Ratzinger nella Via Crucis per il Venerdì Santo del 2005, meditando sulla nona stazione. La musica di Respighi e di Hovhaness ci invita a ricorrere all’intercessione di san Narsete perché la comunità cristiana sia sempre guidata da saggi maestri, da santi pastori, da guide sicure. Come fu il santo teologo nato otto secoli e mezzo fa, che così fa parlare Cristo Signore riguardo ai vescovi: «Come io non mi sono dedicato ai piaceri, ma ho assunto il sacerdozio per il genere umano, sopportando la croce e la morte, così anche voi dovete combattere fino alla morte per le pecore del vostro ovile, che io ho acquistato con il mio sangue» (N. SHNORHALI, Lettera enciclica, edizione di Gerusalemme 1871, cap. IV).