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Le torture a padre Olszewski, prigioniero politico nella Polonia di Tusk

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Arrestato da agenti con passamontagna, lasciato per 60 ore senza mangiare, privato della possibilità di andare in bagno e svegliato a ogni ora della notte. Una procedura riservata ai peggiori criminali e disposta dalla Procura nazionale. Il racconto delle torture subite da padre Michal Olszewski, prigioniero politico nella Polonia dell’europeista Tusk.

Esteri 10_07_2024

La Nuova Bussola, nel silenzio degli altri media, da mesi segue il caso di padre Michal Olszewski (vedi qui, qui e qui), dehoniano polacco, a capo della Fondazione Profeto. Nonostante la sua reputazione impeccabile, padre Michal è in prigione da tre mesi e mezzo, trattato come un grande criminale, anche se finora non ci sono delle accuse specifiche contro di lui.

Nei giorni scorsi il settimanale conservatore polacco Sieci ha pubblicato un terrificante racconto delle torture subite dal sacerdote nelle prime 60 ore dopo il suo arresto. Metodi indegni di uno Stato di diritto, che a tanti polacchi ricordano i tempi più bui della persecuzione del clero sotto il regime comunista. E tutto questo succede nella Polonia dell’“europeista” Donald Tusk che, a suo dire, sta ripristinando lo Stato di diritto.

Si tratta di un fedele resoconto dei fatti scritto dai parenti del sacerdote, ai quali, durante le loro visite, padre Olszewski ha raccontato dettagliatamente che cosa gli è successo durante la detenzione. È una descrizione scioccante del calvario subito da padre Michal, un trattamento disumano orchestrato dalla Procura nazionale governata dal ministro “della giustizia” Adam Bodnar e accuratamente nascosto dall'Agenzia per la Sicurezza Interna (ABW, nella sigla in polacco).

Padre Olszewski ricorda il momento dell’arresto: è stato svegliato da un gruppo di persone che bussavano alla porta, con i passamontagna. Tutto quello che gli agenti dell'ABW, incaricati dalla Procura, hanno poi fatto serviva a umiliare il sacerdote e spezzargli il morale. A primeggiare in queste molestie perfide, un'ufficiale donna. Durante il trasporto a Varsavia, padre Michal ha chiesto di fermarsi al parcheggio con il bagno ma i funzionari, intenzionalmente, hanno preferito fermarsi a una grande stazione di servizio. Scrive padre Michal: «Il convoglio è entrato alla stazione Orlen a sirene spiegate [...]. Sono stato portato in manette nel bagno della stazione e, dopo aver lasciato il bagno, gli agenti dell'ABW hanno ordinato per loro degli hot dog, mentre io stavo ammanettato in mezzo al negozio della stazione. La gente scattava le foto di me e degli ufficiali con i passamontagna. Ho anche chiesto loro di comprare qualcosa da mangiare (erano già passate dodici ore dal mio arresto), ma mi hanno risposto che “non comprano”. Ho consumato il mio primo pasto dopo 60 ore, quando il mio avvocato mi ha portato in tribunale un pacco da mio fratello! Ho avuto il mio primo contatto con il difensore soltanto 20 ore dopo l’arresto». Padre Olszewski ha notato che gli agenti sono stati molto contenti a vedere che la notizia del suo arresto è stata molto diffusa dai media; allora ha capito che del suo caso si voleva fare una grande operazione mediatica.

Quando è stato messo nella cella, gli agenti gli hanno detto che «a quest'ora non c'è né cena né acqua». Alla fine ha supplicato gli agenti di dargli un po’ d’acqua di rubinetto: gli hanno portato dell’acqua di rubinetto nella bottiglia che stava nella cella. Al mattino, quando ha chiesto di essere portato in bagno, si è sentito dire: «Piscia nella bottiglia».

Queste parole scioccanti raccontano l’inizio di continue molestie e comportamenti disumani da parte degli agenti. Il sacerdote è stato trattato secondo una procedura speciale riservata ai più pericolosi criminali, come terroristi. Spiega padre Michal: «Quando sono tornato nella mia cella, ho ripulito il posto dell'inquilino precedente e mi sono sdraiato stanco morto. Ma poco dopo all'improvviso si è accesa la luce. Così ho scoperto che ero sotto regime di "supervisione speciale". Ecco quindi la telecamera, le manette, anche quando si va all’ora d’aria, l'isolamento dagli altri [...], la sveglia con la luce tutta la notte, ad ogni ora! Questo è successo nelle prime due settimane».

Durante queste ore cruciali dopo l'arresto, padre Olszewski è stato trattato in modo così premeditato e brutale da parte degli ufficiali che si capiva che tali erano gli ordini dei loro superiori, fino ai vertici dello Stato. Continua il sacerdote: «Poi ho visto tutto questo circo mediatico e tutta questa arroganza. […]. Quando mi portavano via, c'erano molti agenti e "spettatori" al cancello di detenzione. Mi sentivo come una scimmia in un circo. Uno di loro mi ha detto: “Benvenuto all'inferno” [...]. Mi risulta ancora difficile dover spogliarmi nudo ad ogni ispezione a cui mi sottopongono quando cambio reparto (ad esempio quando vado in cappella). Non ho dormito molto nelle ultime notti, lo stress ha avuto il sopravvento, mi sembra praticamente di guardare un film con la mia partecipazione».

Come dice l’avvocato Krzysztof Wasowski, il difensore del sacerdote, gli agenti del servizio carcerario non capiscono perché il suo cliente sia stato sottoposto ad arresti così severi e a tali restrizioni. Sostengono che ciò avviene su richiesta dell'organismo che si occupa del caso, cioè la Procura nazionale. Queste azioni, secondo l’avvocato, hanno l’ovvio scopo di "ammorbidire" il suo cliente. «Si voleva spezzarlo, si voleva costringerlo a confessare "qualcosa". Gli agenti dell'ABW hanno convinto il mio cliente che ciò stava accadendo su esplicito ordine del pubblico ministero. “Se testimoni, il pubblico ministero ti lascerà tornare a casa”, continuava a sentirsi dire il mio cliente», aggiunge il legale.

Un altro esempio di accanimento contro il sacerdote riguarda il pacco con i prodotti per l'igiene spedito dai suoi parenti. Il pubblico ministero si è maliziosamente rifiutato di far recapitare tale pacco a don Olszewski, che si è dovuto arrangiare come poteva.

L’avvocato Wasowski, dopo tre mesi di arresto “esplorativo”, ha avanzato la richiesta di liberare padre Olszewski, ma senza risultati. Ciò significa che il sacerdote resterà dietro le sbarre almeno fino a metà settembre. La decisione è stata presa dalla giudice Anna Kuzaj, membro di Iustitia, un'associazione di giudici che è impegnata politicamente e durante il precedente governo, guidato dai conservatori del PiS (Diritto e Giustizia), ha assunto posizioni apertamente antigovernative.

Il caso di padre Michal è ancora più scandaloso se teniamo conto che l’attuale ministro della giustizia è stato per anni ombudsman per i diritti umani e in tale veste era contrario agli arresti “esplorativi” e ai metodi utilizzati oggi dai suoi sottoposti. Nel 2016 ha addirittura presentato una denuncia alla Corte Costituzionale per la mancata specificazione del periodo massimo di custodia cautelare, facendo riferimento alla Costituzione polacca e alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Oggi, da ministro, agisce evidentemente contro la Costituzione e contro la Convenzione.

La Bussola ha chiesto all’avvocato Wasowski come sta padre Olszewski. «Come può stare un montanaro chiuso in una piccola cella isolata di poco più di 10 metri quadrati, con un cesso in vista e un materasso vecchio e puzzolente? All’inizio, soffrendo di claustrofobia, è caduto in depressione. Ma ultimamente le sue condizioni mentali sono molto migliori rispetto all'inizio della sua detenzione. La sua psiche si è stabilizzata. Anche se sente una grande ingiustizia, gli è tornato lo spirito combattivo, non vuole arrendersi. Purtroppo, quando tornano i momenti difficili, cade nella disperazione», risponde l'avvocato Wasowski.

Va detto che nelle stesse disumane condizioni di padre Olszewski si trovano anche due donne, impiegate del Ministero della Giustizia, coinvolte nello stesso caso. La loro situazione è ancora più vergognosa se teniamo conto che hanno famiglie alle quali sono state strappate improvvisamente.

In Italia il caso di Ilaria Salis è stato amplificato a dismisura tramite i media e politicamente sfruttato al massimo dalla sinistra italiana ed europea. È stato anche il pretesto per attaccare duramente l’Ungheria: le immagini di Salis in manette sono diventate il simbolo del “regime” di Orban. E adesso Salis siede al Parlamento europeo. Allora bisogna chiedersi perché nessuno si occupa del caso di padre Olszewski, il primo caso di un sacerdote-prigioniero politico nella Polonia dopo il 1989. Perché nessuno solleva il caso del “regime” dell’europeista Tusk?



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