Padre Olszewski resta in carcere, è una vendetta politica
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Respinto il ricorso contro la custodia cautelare del sacerdote arrestato il 26 marzo. La rivalsa di Tusk sui precedenti governi polacchi e sulla Chiesa passa anche per via giudiziaria.
Quest’anno la Settimana Santa per la Chiesa in Polonia è stata particolare: martedì 26 marzo è stato fermato dalla polizia un sacerdote, padre Michal Olszewski: fermato e subito condannato dal tribunale distrettuale di Varsavia-Mokotów a tre mesi di arresto temporaneo in relazione al caso del Fondo Giustizia. La Bussola ha parlato di questa preoccupante faccenda l’11 aprile (qui).
Fin dall'inizio ci sono state molte irregolarità in questo caso. Padre Olszewski è stato privato del diritto a un processo giusto e imparziale. I suoi avvocati difensori non potevano vederlo, né hanno avuto accesso a tutta la documentazione. Secondo loro non c'erano motivi per l'arresto e le accuse rivolte alla Fondazione Profeto diretta dal sacerdote sono infondate. Purtroppo, la questione relativa all'utilizzo dei fondi del Fondo Giustizia, divenuto uno strumento utilizzato dai media filogovernativi contro l'opposizione, ha acquisito un carattere politico e come tale viene oggi percepita dall'opinione pubblica.
Se nel caso di padre Olszewski vengono fatte perquisizioni dall'ex ministro della Giustizia e dal procuratore generale, la situazione è davvero molto strana e dimostra che si vuole nascondere la natura estremamente politica del caso - ha osservato l'avvocato difensore Wąsowski.
I difensori hanno fatto ricorso contro la custodia cautelare del sacerdote. Purtroppo, il 30 aprile il tribunale distrettuale di Varsavia ha respinto il ricorso della difesa. Ma la cosa che ha scioccato l’opinione pubblica è il fatto che la denuncia contro l'arresto del sacerdote è stata esaminata da un giudice schierato politicamente, Piotr Kluz, che è stato viceministro della Giustizia nel governo PO (Platforma Obywatelska / Piattaforma Civica) nel periodo 2009-2012.
Un gruppo di giornalisti ha scritto una lettera aperta segnalando le irregolarità nel caso di padre Olszewski. «Le azioni finora compiute dal giudice Piotr Kluz mettono in dubbio la sua imparzialità, violando uno dei diritti umani fondamentali, che garantisce che una controversia alla quale partecipa un determinato cittadino sia risolta da un'entità completamente neutrale» – si legge in una lettera di diverse decine di giornalisti. I giornalisti esprimono la loro preoccupazione che l’agire dei giudici è motivato dal desiderio della vendetta politica. «Nessuna sentenza dettata dalla vendetta è giusta – scrivono. Solo un tribunale indipendente e imparziale garantisce un giusto processo e un giusto verdetto. Lo affermano la Costituzione della Repubblica di Polonia, la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e gli ordinamenti giuridici di ogni Paese civilizzato. Questo è il fondamento della democrazia, della libertà e della fiducia nel sistema giudiziario. Questi principi elementari che stabiliscono lo stato di diritto dello Stato e la protezione reale dei diritti e delle libertà dei cittadini non possono rimanere solo vuote dichiarazioni. Devono essere rispettati nelle attività quotidiane del sistema giudiziario. In ogni aspetto. E ogni circostanza che solleva dubbi giustificati sull'imparzialità del giudice minaccia questi principi elementari, minaccia di violare i diritti e le libertà dei cittadini».
In una situazione di seri dubbi sulla sua imparzialità, il giudice dovrebbe astenersi dal pronunciarsi sul caso. Tuttavia, Piotr Kluz non l’ha fatto. Nemmeno il ministro della Giustizia e il procuratore generale, Adam Bodnar, non ha risposto ai dubbi sulla parzialità del giudice. Questi fatti mostrano chiaramente come funziona la giustizia nella Polonia governata da Tusk che è diventata un’arma di lotta politica. Molte persone protestano in difesa di padre Olszewski perché in questo caso, il sistema giudiziario ha oltrepassato molti confini. I difensori del sacerdote parlano apertamente della violazione dei diritti umani. «Interrogatorio senza avvocato difensore, arresto senza avvocato difensore, impedimento del contatto diretto del detenuto con l'avvocato difensore, impedimento dell'accesso agli atti in modo tale che l'avvocato potesse prepararsi. Ciascuno di questi casi è stato esaminato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo e in ognuno di questi casi ha stabilito una violazione dei diritti contenuti nella convenzione» – ha osservato l’avvocato difensore Michał Skwarzyński.
Il giudice Piotr Kluz ha dichiarato che il verbale del suo sorteggio per presiedere questo caso è in archivio. Il problema è che né gli avvocati né i giornalisti possono accedere ai verbali. Il presidente del Tribunale distrettuale di Varsavia si è sempre rifiutato di mostrare tale documento.
Va detto anche che insieme a don Olszewski sono state arrestate, senza concrete accuse, due donne che lavorano nella Fondazione Profeto. Un fatto vergognoso, come se si volesse “estorcere” dalle impiegate, tramite la detenzione, qualche dichiarazione per compromettere il sacerdote o lo stesso ex ministro della Giustizia, Zbigniew Ziobro.
Sono da poco passati i primi 150 giorni del governo della coalizione formatasi il 13 dicembre. Il primo ministro Tusk ha promesso ai suoi elettori la realizzazione di 100 promesse elettorali, ma come notano gli osservatori politici, ne ha realizzate poco più del 10%. Allora, in cambio delle inattese promesse di carattere economico, offre al suo elettorato “lo spettacolo” delle vendette sui precedenti governanti, giustificando le sue azioni – spesso anticostituzionali o illegali – con la spiegazione: “La gente lo vuole”. Purtroppo, a Bruxelles nessuno ha da ridire all’”europeista” Tusk.
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