La sana incoerenza di Avvenire: ora “Un cuore che batte” va bene
Ascolta la versione audio dell'articolo
Dopo il successo delle 106 mila firme raccolte da “Un cuore che batte”, Avvenire sposa la proposta di legge di iniziativa popolare. Una salutare inversione ad U, rispetto alle critiche dello stesso giornale a luglio. Qualche ipotesi sui motivi
Parliamo di coerenza. Esiste una coerenza buona e una cattiva. Facciamo qualche esempio. Tizio è contrario al furto e rimane contrario sino alla fine dei suoi giorni. Coerenza buona. Tizio è a favore del furto e rimane a favore sino alla fine dei suoi giorni. Coerenza cattiva. Rovesciamo questi esempi. Tizio è contrario al furto, ma poi ad un certo punto cambia idea. Incoerenza cattiva. Tizio è a favore del furto, ma poi ad un certo punto cambia idea. Incoerenza buona. Conclusione: bisogna essere coerenti solo nel bene e incoerenti nel male, ossia perseverare nel bene e abbandonare il male per il bene.
Applichiamo questo semplice schemino a quanto scritto da Avvenire di recente e per farlo partiamo da un editoriale di Giuseppe Anzani del 20 luglio 2023. Con quell’editoriale il quotidiano dei vescovi italiani bocciava senza appello la proposta di legge di iniziativa popolare Un cuore che batte che prevede l’obbligo in capo al medico di far ascoltare alla madre il battito cardiaco del figlio che tiene in pancia e di farlo a lei vedere tramite ecografia. Allora si era appena all’inizio della raccolte firme che poi, inaspettatamente, avrebbe portato ben 106 mila persone a firmare tale proposta, superando di gran lunga la soglia di 50 mila firme richieste per presentarla all’esame del Parlamento (qui un nostro commento).
Anzani, a luglio, non risparmiava critiche all’iniziativa e anche noi lo abbiamo fatto a suo tempo, ma la differenza sostanziale tra le nostre e le critiche di Avvenire stava nel fatto che l’iniziativa era comunque da promuovere e non da cassare e infatti scrivemmo che «vi sono luci e ombre in questa proposta di legge, ma le luci sono maggiori delle ombre». La bocciatura di Avvenire, invece, era su tutta la linea: «Una buona intenzione per la vita? Dal lato oggettivo mi pare un errore. Anche in questa iniziativa trovo negletti principi costituzionali. […] Ciò che persuade è l’ascolto accogliente, l’empatia costruttiva, non la pressione che rasenta una specie di tormento emotivo. […] Chi pensa di lasciare intatto il carico di spine e di confidare nel ricarico del dolore non aiuta la vita. […] Questa dannata 194 non cambierà per le firme di nessuno. […] Altro che firmare, se restiamo analfabeti nel leggere che “la Repubblica protegge la maternità”». Infine l’editoriale indicava la solita strategia di applicare le presunte parti buone della Legge 194 per tentare di sottrarre qualche bambino alla ghigliottina dell’aborto. Avevamo già commentato l’articolo di Anzani da queste stesse colonne e rimandiamo a quel commento il lettore che volesse approfondire.
Quello che invece colpisce oggi, in modo positivo e negativo insieme, è il cambio di rotta di Avvenire dopo che ha scoperto che questa iniziativa è stata sommersa da una valanga di firme. Francesco Ognibene, venerdì scorso, infatti ha vergato un articolo elogiativo della proposta di legge dal titolo «“Un cuore che batte”, 106mila firme per cambiare la 194». Ecco l’abbrivio, diremmo quasi entusiasta e finalmente condivisibile di Ognibene: «Pareva un’impresa ai limiti dell’impossibile, uno sforzo del quale sarebbero capaci giusto i radicali con il loro riconosciuto know-how su iniziative di segno esattamente opposto. Invece ce l’hanno fatta. E con margine larghissimo». Poi si riporta il commento presente sul sito dell’iniziativa Un cuore che batte: «È un risultato meraviglioso che ci colma di gioia e gratitudine verso tutti coloro che l’hanno reso possibile con il loro impegno generoso e disinteressato».
A seguire si citano le parole dell’ideatore dell’iniziativa, Giorgio Celsi, il quale ricorda che la proposta mira a risvegliare la coscienza collettiva, che tale iniziativa è stata supportata da una rete di contatti tra singole persone animate dalla difesa della vita e che laddove simili leggi sono vigenti il numero di aborti è crollato. Avvenire poi cita anche un commento di Pro Vita & Famiglia che elogia la proposta perché vuole far comprendere a tutti che nel ventre della donna non c’è un qualcosa ma un qualcuno. Infine Ognibene così conclude con sano realismo: «Adesso è necessario individuare chi si farà carico in Parlamento del testo cercando il consenso necessario. Serve un‘altra impresa, più complessa della prima».
Insomma l’articolo di Avvenire non ha solo carattere descrittivo, un doveroso pezzo di cronaca che riguarda l’attualità bioetica, ma è anche un articolo che, per i toni usati e per le citazioni riportate, sposa la proposta Un cuore che batte. Dunque Avvenire a luglio bocciava e a dicembre promuove. Un caso di incoerenza da benedire, se ci rifacciamo allo schemino descritto più sopra. Quindi da una parte salutiamo con favore questo cambio di rotta. Meglio tardi che mai, potremmo concludere.
Su altro fronte invece ci preoccupano i motivi di questa inversione ad U, motivi che, naturalmente, possiamo solo sospettare, intuire, non certificare. Il primo: meglio salire sul carro del vincitore che rimanere a terra. Secondo motivo: 106 mila firme non devono passare inosservate: 106 mila firme possono essere 106 mila o addirittura 1.060.000 potenziali lettori da conquistare. Vuoi vedere che Avvenire ha convertito le firme in lettori? Perché non tentare allora di pescare potenziali clienti anche in quel bacino di pro-life duri e puri che leggono Avvenire (ma solo online) unicamente per criticarlo tanto che alcuni in modo spregiativo lo chiamano Avvilire? Meglio lisciare il pelo per il verso giusto. Terzo possibile motivo: forse il vento sta cambiando o forse può cambiare. Preferibile allora assecondare non solo chi vuole applicare integralmente la 194, ma anche chi vuole disapplicarla integralmente buttandola nel cestino. Ecco allora tentare di conciliare gli opposti, fare i democristiani dell’informazione e quindi trovare un punto mediano che vada bene a tutti. Un colpo al cerchio dato da Anzani e un colpo alla botte dato da Ognibene.
Perché forse qui sta il punto. Nelle stanze della Conferenza episcopale italiana (Cei) o più semplicemente nell’ufficio del direttore di Avvenire può essere che si siano accorti che coloro che sostengono in modo radicale la lotta contro l’aborto non sono quattro gatti spelacchiati, ma sono un popolo che più che essere silenzioso è silenziato. Silenziato da Avvenire in primis. Infatti la voce di questo popolo viene espressa da organi di informazione come il nostro, ma ordinariamente non certo dal quotidiano dei vescovi che, al contrario, o fa finta che non esista una larga fetta di cattolici che non cede al compromesso ideologico sui principi non negoziabili – una fetta di cattolici costretta a vivere nel sottobosco dell’informazione e della stessa Chiesa cattolica – o, addirittura, attacca le loro posizioni qualificandole come estreme, irrealistiche, utopiche, meramente simboliche. Ma ora questi quattro gatti si sono rivelati essere un potenziale movimento di massa. Sarebbe da sprovveduti non tenerne conto e non tentare di beneficiarne in qualche modo.
In sintesi: plaudiamo alla sana incoerenza di Avvenire, ma rimaniamo sospettosi sui motivi di questa improvvisa conversione.
106 mila firme per “Un cuore che batte”. Ora tocca al Parlamento
La proposta di legge di iniziativa popolare “Un cuore che batte” ha raccolto più del doppio delle firme necessarie, nonostante il fuoco nemico e amico. Perciò è il maggiore risultato pro vita dal ‘78 a oggi. La politica coglierà la sfida?
Il "Cuore che batte"? No, Avvenire preferisce la 194
Con un autorevole editoriale, il quotidiano dei vescovi italiani boccia la proposta di legge popolare che vuole limitare la portata letale della Legge 194. E ripropone la vecchia strategia rivelatasi fallimentare.
- Ancora più convinto di firmare per la legge, di Benedetto Rocchi
«Chi vuole l'aborto ascolti prima il battito del cuore»
Depositata in Cassazione una proposta di legge di iniziativa popolare per emendare la legge 194, introducendo l'obbligo del medico di far vedere il nascituro e fare sentire il battito alla donna intenzionata ad abortire. La legge è firmata da molte associazioni pro-life ma non dalle due più legate alla Cei: Movimento per la Vita e Difendiamo i nostri figli. Un'iniziativa importante, anche se non sfonderà in Parlamento, perché segna un nuovo approccio non più solo difensivo.
- VIDEO: L'Espresso, diritto all'aborto a suon di blasfemie, di Riccardo Cascioli