«Chi vuole l'aborto ascolti prima il battito del cuore»
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Depositata in Cassazione una proposta di legge di iniziativa popolare per emendare la legge 194, introducendo l'obbligo del medico di far vedere il nascituro e fare sentire il battito alla donna intenzionata ad abortire. La legge è firmata da molte associazioni pro-life ma non dalle due più legate alla Cei: Movimento per la Vita e Difendiamo i nostri figli. Un'iniziativa importante, anche se non sfonderà in Parlamento, perché segna un nuovo approccio non più solo difensivo.
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Un audace manipolo di associazioni pro life - ispirate da una legge del Texas del 2011 - ieri ha depositato in Cassazione una proposta di legge di iniziativa popolare il cui testo è il seguente: «All’art. 14 Legge 22 Maggio 1978, n. 194, contenente "Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza", si aggiunge il seguente: “comma 1-bis. Il medico che effettua la visita che precede l’interruzione volontaria della gravidanza ai sensi della presente legge, è obbligato a far vedere, tramite esami strumentali, alla donna intenzionata ad abortire, il nascituro che porta nel grembo e a farle ascoltare il battito cardiaco dello stesso"».
Vi sono luci e ombre in questa proposta di legge, ma le luci sono maggiori delle ombre. Partiamo da queste ultime. Innanzitutto il testo difetta di una sanzione qualora il medico non ottemperasse all’obbligo indicato: facile quindi evadere questo dovere giuridico. In secondo luogo manca anche una prescrizione simile per la donna, ossia un divieto per la donna di accedere all’aborto se non ha preso visione dell’ecografia e se non ha ascoltato il battito cardiaco. Si obietterà che basta la previsione dell’obbligo di cui sopra in capo al medico. Ma se il medico, il quale non può che essere abortista e non obiettore, è inottemperante – e lo saranno quasi tutti i medici dato che non c’è sanzione ad obbligarli effettivamente – la donna potrà legittimamente abortire.
Queste sono forse le due pecche del testo più rilevanti dal punto di vista giuridico. Però per giudicare della bontà di una legge è necessario non solo guardare al testo, ma domandarsi quali effetti recherà sul piano sociale. Sul fatto che questo testo di legge è certamente condannato a venire cestinato in Parlamento non ci sono dubbi, ma non è questo il punto saliente, su cui comunque torneremo a breve. Ci sono altre criticità che ruotano attorno al testo di legge. Partiamo dai firmatari della proposta. Ecco l’elenco: Associazione Crociata Cattolica per la Regalità di Gesù Cristo, Associazione Ora et Labora in Difesa della Vita, Associazione Padre Gabriele, Associazione Pro Vita e Famiglia, Generazione Voglio Vivere, Comitato Verità e Vita, Federvita Piemonte, Movimento Con Cristo per la Vita, Movimento Militia Cristi, Movimento nazionale Rete dei Patrioti, Tele Maria - la Voce Cattolica, Tradizione Famiglia Proprietà (TFP), Himmel associazione, Croce Reale Rinnovamento nella Tradizione.
Mancano all’appello due nomi di peso del mondo pro-life, forse i più rappresentativi insieme a Pro Vita e Famiglia: il Movimento per la Vita e il Comitato Difendiamo i nostri figli. Perché queste due realtà non hanno sottoscritto la proposta di legge? Probabilmente perché sono legate a filo doppio con la Cei (Conferenza Episcopale Italiana), la quale Cei di recente, per bocca del suo presidente, il cardinale Matteo Zuppi, ha detto espressamente che "Nessuno ha intenzione di rimettere in discussione la 194". Sulla stessa frequenza d’onda mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita (Pav). L’approccio Cei e Pav al problema dell’aborto è meramente politico e non morale e quindi si guardano bene dal mettere in forse la 194, anzi ormai la difendono senza riserve. E quindi quei movimenti che nel loro Dna hanno avuto sempre un simile approccio non possono che tirarsi indietro di fronte ad una proposta che vuole limitare gli effetti negativi di una legge intrinsecamente ingiusta come la 194. La mancanza di questi due attori, ahinoi, intacca in modo significativo le potenzialità dell’iniziativa.
Una critica che si potrebbe muovere alla proposta di legge è poi un’altra: interessando solo l’operato del medico e non la scelta della donna potrebbe apparire una legge che in fondo vuole tutelare l’autodeterminazione della donna, topos concettuale caro agli abortisti. L’intenzione dei promotori non è ovviamente quella, ma il fatto che manchi, come abbiamo sottolineato, un qualche vincolo all’accesso all’aborto anche in capo alla donna potrebbe offrire il destro, anche in seno al mondo pro life, per sostenere che la modifica normativa alla 194 intende comunque rispettare la scelta della donna, qualunque essa fosse.
Altra riserva: i promotori ora dovranno raccogliere 50 mila firme per presentare la proposta in Parlamento. I firmatari potrebbero essere ingannati, credendo che ci sia qualche speranza che la proposta poi veda la luce. Non vedendo poi il varo della stessa si potrebbe incrementare la sfiducia nei cittadini pro life. La riserva ha una sua ragionevolezza, ma potrebbe essere superata con un’adeguata comunicazione che faccia intendere le vere finalità di questa iniziativa, finalità che analizzeremo a breve.
Passiamo finalmente agli aspetti positivi che pesano maggiormente di quelli negativi. Innanzitutto il testo della proposta è moralmente accettabile perché mira a limitare la pratica abortiva e si vuole raggiungere tale scopo per il tramite di un’azione buona, come quella di obbligare il medico a far vedere l’ecografia fetale e il battito cardiaco del nascituro. In ossequio al n. 73 dell’Evangelium vitae di Giovanni Paolo II, non potendo oggi realisticamente abrogare tutta la 194, si tenta perlomeno di eroderne la portata, tamponando i danni. Chiamasi maggior bene possibile.
Secondo aspetto positivo: le vere finalità di questa iniziativa. I proponenti sono ben consci che il progetto di legge non vedrà mai la luce, ma ciò nonostante hanno portato avanti con coraggio questa iniziativa perché foriera, si spera, di altri risultati assai importanti. In primo luogo più realtà associative si sono unite in questa sfida e, dato che una delle più gravi patologie del mondo pro life è la divisione interna, questa concordanza d’intenti non può che essere salutata con vivo apprezzamento. In secondo luogo l’iniziativa, se troverà una cospicua adesione, testimonierà che esiste un popolo della vita, fatto di persone semplici, che è uscito allo scoperto e ha preso in mano la bandiera della tutela dei bambini non nati, dato che quella bandiera è stata gettata a terra da quei rappresentanti della Chiesa che hanno invece come compito, tra gli altri, di difendere il nascituro. I proponenti avranno contro tutti: non solo i media, i social, i partiti all’opposizione, ma lo stesso governo compresi i leader sedicenti cattolici e inoltre la stessa Cei, la stessa Pav e dunque anche le parrocchie. Vacanti vescovi, cardinali e sacerdoti, saranno i laici a farsi promotori di questa battaglia di laica civiltà e di evangelizzazione cattolica. “Quando i generali tradiscono, abbiamo più che mai bisogno della fedeltà dei soldati”, scriveva Giovannino Guareschi.
Ulteriore fattore positivo, eventuale e non certo, sarà il seguente, forse quello più significativo: l’iniziativa di raccolte firme sarà un modo per giocare finalmente d’attacco, per superare il trito e inutile “dobbiamo applicare la 194 integralmente”, per innescare un dibattito che metta in forse la 194 in radice, non dandola per scontato in eterno. La proposta vuole quindi diventare un volano per conferenze, dibattiti, tavole rotonde, confronti sui media, insomma per gridare che il re è nudo, per non lasciare tranquille le coscienze, soprattutto quelle dei cattolici, ormai assuefatte a questo massacro di Stato.
Lanciare questa sfida un po’ folle è anche voler smarcarsi dall’impasse in cui si trova l’associazionismo pro-life italiano, spesso affetto da sterilità d’azione, più incline a proclami - giusti, giustissimi - ma che dopo decenni rischiano di scadere nella retorica. È altresì un modo per superare un certo purismo di alcuni ambienti cattolici i quali non si cimentano in nessun progetto se non è tutto perfetto, se non c’è nessuna sbavatura, se nessun effetto lontanamente negativo potrà sporcare la proposta. Ma chi va al mulino si infarina. Tutto inoltre è perfettibile e alcuni risultati importanti, prima di incassarli, necessitano – sì, necessitano – di plurime sconfitte. Beppino Englaro chiese per sei volte negli anni che un giudice gli permettesse di staccare la spina alla figlia. I radicali persero il referendum massimalista sulla legge 194 e quello sulla legge 40, ma non il “referendum” dei giudici della Consulta per lo smantellamento di questa stessa legge.
Questa proposta di legge di iniziativa popolare è quindi, allo stato attuale, da appoggiare perché, alla fine, vuole semplicemente far sentire, sopra lo strepito degli stereotipi abortisti, il flebile battito cardiaco dell’attore principale del dramma chiamato aborto: il bambino.