La Germania fa asse con la Cina (e tanti saluti all’Europa)
Il viaggio di Scholz a Pechino si spiega con i massicci scambi commerciali sino-tedeschi. Il cancelliere ha pure difeso la vendita di una quota del porto di Amburgo ai cinesi. Nulla di male, se non fosse per l’ipocrisia: alla Germania è “concesso” muoversi per i suoi interessi nazionali, ad altri Paesi dell’Ue no.
Il cancelliere tedesco, il socialista ed euro-federalista Olaf Scholz si smarca ancora una volta dall’Europa e corre ad inginocchiarsi dall’imperatore cinese pur di salvaguardare la propria economia. Scusate, ma non erano i retrogradi conservatori, con in testa Viktor Orban, ad essere additati e penalizzati per l’egoismo nazionalistico che danneggiava l’unità europea? “Un’Europa sovrana è la chiave della nostra politica estera”, dichiarava Scholz lo scorso anno. Ebbene, ieri il viaggio del cancelliere tedesco alla corte di Xi Jinping ha dato uno schiaffo all’ipocrisia europea e marcato la continuità della politica estera e commerciale tedesca: prima gli affari di “casa nostra” e poi l’unità europea.
Per tutto il suo mandato, Angela Merkel aveva facilitato gli scambi commerciali e la dipendenza energetica dalla Russia, come aveva fatto il suo predecessore, il socialista Gerhard Schröder, che sedeva e ancora siede nei Cda di importanti giganti industriali ed energetici russi. In visita a Pechino venerdì, Scholz ha dato a Xi Jinping un chiaro segnale della continua deferenza della Germania, che sosterrà investimenti in Cina per sviluppare l’economia e l’industria tedesca. La visita di Scholz, la prima di un capo di governo straniero dalla rielezione di Xi, offre al leader del Partito comunista cinese un inestimabile riconoscimento di cui la Cina rossa sarà ben grata. Tuttavia, il cancelliere socialista che guida l'economia più potente d'Europa e presiede il G7, avendo intuito di creare con il suo viaggio preoccupazioni negli USA e persino tra i Paesi europei, nell’articolo autografo del 3 novembre scritto per Politico, ha abbozzato i motivi del suo incontro con Xi. Scholz ha mosso critiche alla Cina, ma solo in termini molto generici, non ha condannato l’escalation militare intorno a Taiwan, né il genocidio contro gli uiguri, né si è permesso di dettagliare possibili contromisure che potrebbero seguire alla mancata reciprocità dell'accesso tedesco alle imprese e al mercato cinesi. Addirittura, il cancelliere tedesco ha difeso la recente vendita alla Cina di una partecipazione (25%) al porto di Amburgo, come un investimento vantaggioso e per nulla pericoloso per la Germania e l’Europa.
È chiaro il motivo per cui Scholz si è recato in Cina. Non è per instaurare un dialogo più duro e franco a beneficio dell’intera Europa, ma quello molto realistico di rafforzare e sostenere i numerosi amministratori delegati delle grandi imprese tedesche già presenti in Cina o in procinto di sviluppare nuove produzioni. Questo viaggio è all'insegna del mercantilismo sino-tedesco, un approccio pragmatico che porterà sicuramente alle imprese tedesche maggiori dividendi dallo sviluppo della Cina anche grazie ai costi energetici più sostenibili rispetto all’Europa, visto che la Russia ora e nei prossimi anni venderà il suo gas alla Cina. La mossa commerciale di Berlino è spudorata al punto che, ricorda il quotidiano tedesco Handelsblatt, Scholz durante i suoi incontri sosterrà la vendita di un produttore tedesco di microchip a un conglomerato cinese e, grazie a questa acquisizione, Pechino potenzierà le sue capacità militari e di intelligence, nei confronti dei Paesi occidentali, nonché verso Giappone e Taiwan. Polizia cinese in Europa? Pericoli per l’uso dei dati dei milioni di utenti europei di Tik Tok da parte della Cina? Nulla di tutto ciò. Molto più semplicemente, pecunia non olet e, come ha detto nei giorni scorsi Martin Brudermueller, Ceo di BASF, la Germania deve dismettere le critiche gratuite contro la Cina e sostenere l'impegno delle industrie tedesche in Cina.
Il resto, le dichiarazioni concordanti sulla contrarietà all’uso delle armi nucleari, la richiesta tedesca a Xi di far pressioni sulla Russia di Putin, l’impegno comune per la pace… tutto fa parte dei fuochi di artificio atti a nobilitare il legittimo scambio di intese commerciali e affaristiche tra i due Paesi. Tanto più che l'anno scorso la Cina è stata il principale partner commerciale della Germania per il sesto anno consecutivo, con un aumento del valore degli scambi di oltre il 15% rispetto al 2020; secondo le statistiche ufficiali, il commercio cinese con la Germania ha raggiunto un valore complessivo di 245 miliardi di euro (242 miliardi di dollari) nel 2021. La dipendenza dalla Cina è visibile in tutti i settori. L'anno scorso circa il 12% delle importazioni totali proveniva dalla Cina; l'80% dei computer portatili importati e il 70% dei telefoni cellulari; anche l'industria automobilistica, chimica ed elettrica tedesca dipende dal commercio cinese. Ad esempio, la Cina ha rappresentato il 40% delle consegne mondiali di Volkswagen nei primi tre trimestri di quest'anno ed è anche il primo mercato per altre case automobilistiche come la Mercedes. In tutto ciò non ci sarebbe nulla di male, se la Commissione europea e la sua presidente Ursula von der Leyen non richiamassero tutti gli altri 26 Paesi europei all’unità e alla condivisione ad ogni piè sospinto. Le Figaro ricordava ieri le critiche, le preoccupazioni e i sospetti degli altri Paesi europei per l’iniziativa solitaria tedesca, ma anche il tedesco Der Spiegel non ha mancato di far notare l’arroganza mostrata da Scholz, con il viaggio in Cina, nei confronti dei partner europei.
Che farà l’Unione europea? Nulla. Forse però Italia, Francia, Polonia e gli altri Paesi possono riportare serietà al prossimo Consiglio Europeo del 15 e 16 dicembre. Tre le scelte serie e possibili: 1. “Liberi tutti” (ogni Paese, solo o consociato, faccia quel che vuole e con chi vuole); 2. Stop a veti e iniziative solitarie della Germania che possono aggravare la crisi economica di tutto il continente; 3. Nuova unità e fiducia reciproca per azioni comuni, previste dai Trattati e strettamente indispensabili; per tutto il resto, sussidiarietà.